tag:blogger.com,1999:blog-388720362024-03-16T14:32:11.499+01:00I cinemaniaci | cinema, recensioni, film, blogIl cinema come non lo avete mai letto. Recensioni di film e di libri di cinema, approfondimenti su generi cinematografici, cinema d'autore e sceneggiatura, retrospettive di registi ed attori, reportage dai principali festivals del cinema italiano, editoriali sul cinema e l'arte cinematografica, curiosita' dal mondo del cinema. Particolare attenzione è riservata alle produzioni cinematografiche italiane ed hollywoodiane.parsechttp://www.blogger.com/profile/06760465499422540920noreply@blogger.comBlogger3471125tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-49048076001745416252024-02-23T07:22:00.001+01:002024-02-23T07:22:00.136+01:00ROMEO È GIULIETTA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Romeo è Giulietta</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Giovanni Veronesi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Pilar Fogliati,
Sergio Castellitto, Maurizio Lombardi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2024<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: commedia<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 112’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un’ottima base di
partenza e un sodalizio sempre più affermato quello tra Giovanni Veronesi e
Pilar Fogliati che non è più solo un “caso”, ma una collaborazione vincente e
riuscita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A dimostrarlo, per
l’ennesima volta, è il film “Romeo è Giulietta”, una commedia che si distacca
da quelle che hanno consacrato l’autore toscano e che cerca di affacciarsi nel
non semplice mondo del dramma (contemporaneo).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“Romeo è Giulietta” è il
tentativo di mettere in scena la celebre opera di Shakespeare da parte
dell’acclamato regista Landi Porrini (un Sergio Castellitto in stato di
grazia). A mettergli i bastoni tra le ruote c’è però Vittoria (l’ormai lanciata
e affermata Pilar Fogliati), aspirante attrice (ostacolata da un’accusa di
plagio mossale in passato) che, con il fidanzato, anch’egli alla ricerca di un
ruolo nello spettacolo, si dimostrerà una vera e propria spina nel fianco del
regista tanto acclamato quanto incapace di vedere oltre il suo naso.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVqd-IdYJq1nH-fbRYMy0mZEK20RWlF3PsS3dEmcjWVIXM9vNJxkS3k11kGjzEbPDGbDV5FEZXLVSH1wvTUmRQuFeq5CfEAyAoKfLQtZ-maSPtPZj4Gi2fMKMoFkSc7LBCwnd39P7uwAsym78YmUebDjO-DIAOtCiccIsc00LmTgrdivytFOUU/s600/romeo%20%C3%A8%20giulietta.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVqd-IdYJq1nH-fbRYMy0mZEK20RWlF3PsS3dEmcjWVIXM9vNJxkS3k11kGjzEbPDGbDV5FEZXLVSH1wvTUmRQuFeq5CfEAyAoKfLQtZ-maSPtPZj4Gi2fMKMoFkSc7LBCwnd39P7uwAsym78YmUebDjO-DIAOtCiccIsc00LmTgrdivytFOUU/s320/romeo%20%C3%A8%20giulietta.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una storia che sa di
moderno o che almeno tenta di far respirare una ventata di freschezza al pubblico,
partendo da basi che ricalcano l’attualità, strizzando l’occhio al
politicamente corretto, all’accettazione e alla differenza di genere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Le premesse ci sono tutte
e la base di partenza è innovativa a tal punto da poter permettere al regista e
agli attori di giocare con qualcosa che rappresenta la classicità per
eccellenza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Quando si pensa a
Shakespeare, e a “Romeo e Giulietta” in particolare, si pensa inevitabilmente a
qualcosa di “tradizionale”, ma anche di statico e intoccabile. Veronesi,
invece, con la sua commedia ci dimostra il contrario; ci dimostra che si può
giocare, scherzare e plasmare anche un’opera classica come questa se si toccano
gli elementi (e le corde) giusti. Si comprendono le scelte e le motivazioni che
portano i personaggi ad agire in quel determinato modo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Risulta difficile
empatizzare con la follia del regista interpretato da Castellitto, ma è
semplice capire la sua voglia di dimostrare al mondo che, nonostante tutto e
nonostante tutti, è ancora in grado di trasmettere emozioni nuove, seppur
attraverso “materiale più datato”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se, quindi, il
personaggio di Sergio Castellitto, anche fin troppo sopra le righe,
contribuisce sicuramente alla buona riuscita del film, insieme a una sempre più
affermata (e poliedrica) Pilar Fogliati, ci sono anche elementi che fanno da
contraltare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L’aver calcato la mano su
tutto ciò che contribuisce a rendere la pellicola “politicamente corretta” se
da una parte può strizzare l’occhio positivamente a tutti coloro che ci vedono
un’apertura e lo considerano come un ulteriore passo avanti, dall’altra sembra “stereotipizzare”
fin troppo il tutto, tanto da rendere quasi surreale l’incontro tra tutti
questi personaggi e questi elementi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L’elogio al teatro e il
porlo al centro della scena (anche con l’intervento, seppur breve, di una “nonna”
Margherita Buy letale) è indubbiamente un punto a favore del regista pratese
che, così facendo, dimostra anche una maturazione dietro la macchina da presa.
Ma questo basta per far decollare davvero una commedia come questa? Forse si
sarebbe potuto osare (e sviluppare) di più determinati aspetti. Come le
divertenti incursioni di Geppi Cucciari nei panni di una truccatrice in cerca
di una rivalsa, o anche quelle delle due metà dei protagonisti: da una parte
Maurizio Lombardi, che interpreta un riuscito Lori, storico compagno del
regista Landi Porrini, e dall’altra Domenico Diele, fidanzato di Vittoria, con
il sogno da sempre di interpretare Romeo. Tutti personaggi destinati a sfumare,
inglobati dai protagonisti e dal cercare di andare oltre una barriera che,
però, si fatica a scavalcare subito completamente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La chiave c’è, adesso va
solo inserita correttamente nella toppa e fatta girare, così come gira il misterioso
Otto Novembre.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-45751057061754270302024-02-16T07:39:00.001+01:002024-02-16T07:39:00.129+01:00DIECI MINUTI<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Dieci minuti</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Maria Sole Tognazzi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Barbara Ronchi, Margherita Buy, Fotinì Peluso, <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2024<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 122’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">In uno dei momenti più
critici del suo disagio esistenziale Bianca (Barbara Ronchi) si sente rivolgere
una frase che le suona come una rivelazione. All’apparenza banale e un po'
scontata la presa di coscienza che la solitudine non appartenga solo a lei, ma
che sia qualcosa che accomuna l’intero genere umano non è solo un punto di
svolta narrativo del film e, in particolare, del percorso di consapevolezza
intrapreso dalla protagonista per reagire alla paura di vivere, ma riguarda
anche una delle caratteristiche più lampanti del nuovo lungometraggio di Maria
Sole Tognazzi, quella di parlare di un sentimento umano che tutti prima o poi
ci siamo trovati a sperimentare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Che poi “Dieci minuti”
decida di declinarne le conseguenze prendendo in esame per la quasi totalità
figure femminili non esenta la controparte da speciale immunità se è vero che
pur addebitando il tracollo della protagonista all’abbandono da parte del proprio
partner, il film evita l’alzata di scudi contro la categoria maschile e dunque
la litania di cliché e stereotipi a cui ci ha abituato il cinema del #MeToo,
presentandoci un quadro piuttosto variegato di torti e di ragioni equamente
distribuiti tra le parti in causa.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEpHi0DLsi5XEjosuMXSpiWfM3y4pNBAbfS_hw9Uyge9envUzo8DhaA5ebM_2Te2jqnJ7OKlbS59wqmDOcTNYCiPF1k7egGmARDrukABQESVwN_-CNET32DTAkTNMln5WvPZyTKiZD0cKYFy4eP46ist7g7P1YRbJpJbKkKQDu0IH4Qg-by2pa/s600/dieci%20minuti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEpHi0DLsi5XEjosuMXSpiWfM3y4pNBAbfS_hw9Uyge9envUzo8DhaA5ebM_2Te2jqnJ7OKlbS59wqmDOcTNYCiPF1k7egGmARDrukABQESVwN_-CNET32DTAkTNMln5WvPZyTKiZD0cKYFy4eP46ist7g7P1YRbJpJbKkKQDu0IH4Qg-by2pa/s320/dieci%20minuti.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma c’è di più perché
prendendo in prestito il metodo curativo della dottoressa Brabanti (Margherita
Buy), la psicoterapeuta da cui Bianca è in cura, “Dieci minuti” evita di
piangersi troppo addosso preferendo l’azione alla commiserazione. Così succede
che, pur non lesinando la dose di dolore e di apatia che accompagna le giornate
della protagonista, mostrandoci anche in flashback le varie fasi del suo
calvario, a fare da motore alla storia è la pars construens della vicenda,
quella della politica dei piccoli passi in cui la “paziente” in prima persona -
e senza scuse - si fa garante della propria guarigione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nella sceneggiatura
scritta dalla Tognazzi assieme a Francesca Archibugi e ispirata al libro - “Per
dieci minuti” - di Chiara Gamberale, la ricetta salvifica assume le forme a cui
alludono i dieci minuti del titolo, con la serie di esperienze “iniziatiche”,
brevi ma intense, fatte apposta per abituare Bianca a uscire fuori dalla
propria confort zone, permettendole di guardare in faccia i fantasmi che le
condizionano la vita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Seguendo gli alti e bassi
del suo personaggio, “Dieci minuti” si divide tra momenti di intensità
drammatica, in cui afflizione e sfiducia la fanno da padrone, ad altri, quelli
dedicati alla terapia, dove l’improbabilità delle situazioni scelte dalla donna
fanno prevalere una dimensione più lieve e persino divertente: con Barbara
Ronchi bravissima nel fare tesoro del suo eclettismo cinematografico (prova ne
sia nel 2023 il successo ottenuto con due film diversissimi come “Settembre” di
Giulia Steigerwalt e “Rapito” di Marco Bellocchio) e dunque a padroneggiare al
meglio le variazioni della partitura drammaturgica, duettando con un'
interprete di gran classe come Margherita Buy, perfetta in un ruolo in
controtendenza rispetto a quelli che l’anno resa famosa, e con Fotinì Peluso
(“Cosa sarà”, “Tutto chiede salvezza”), qui nel ruolo della sorella di Bianca,
oramai pronta per un ruolo da protagonista.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Fedele alla matrice
intimista del suo cinema, Maria Sole Tognazzi ancora una volta mette in scena
una metamorfosi femminile tormentata e dolorosa in cui la rinuncia alle
certezze del quotidiano diventano il modo per abbracciare la libertà di una
nuova vita. “Dieci minuti” non fa deroghe, suggellando la rinascita personale
della sua protagonista attraverso una sequenza - quella della panoramica
conclusiva che ci mostra Bianca tuffarsi nel mare e prendere il largo - in cui
l’eccezionalità della ripresa (rispetto alla scelta di utilizzare campi
limitati in coerenza con le chiusure psicologiche della protagonista) fa il
paio con la valenza metaforica della scena.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nel mettersi a
disposizione della storia e dei suoi personaggi la Tognazzi si rende artefice
di una regia invisibile che produce senso lavorando sulla composizione interna
dell’immagine, sui colori e sulla fotografia più che sui movimenti di macchina.
Così è il rosa della casa bunker, sintesi efficace del mondo ideale in cui
Bianca si è inconsapevolmente reclusa; così è la dominante blu degli interni,
nel momento di massima disperazione ripresi come fossero una sorta di obitorio.
La sensazione generale è però quella di una direzione che sembra farsi carico
della condizione della protagonista, e dunque che si accontenta di portare a
casa il risultato senza rischiare nulla. A differenza di Bianca, “Dieci minuti”
non riesce a scrollarsi di dosso una prevedibilità che non lo rende terapeutico
per l’esperienza dello spettatore.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-51798245038092196282024-02-15T07:34:00.001+01:002024-02-15T07:34:00.137+01:00PAST LIVES<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Past Lives</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Celine Song<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Greta Lee, Teo Yoo, John
Magaro<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">USA, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico,
sentimentale<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 106’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Sembra proprio sia ancora
possibile raccontare grandi storie con pochi elementi e con grande semplicità. Perché
è questa la vera e forse più importante lezione da apprendere dopo la visione
di “Past Lives” di Celine Song. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L’esordio alla regia di
questa regista coreana, che ormai vive in America, è forse il film che più di
tutti elogia la semplicità, la quotidianità e la normalità (sulla scia del
recente “Perfect Days”).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIWhWa0bQi_qbaFCgMr7XOnos_pCB0QRp2cB9CLnT9JajKyOdEmgDZ4zUUz__ATSwgUi_vBGdF6za9GEagZbTtOAnTYzR5OYc2D0k9KOsTuVbyYANtyTSkhXP303yPnc2qvT4CQG_G5s6BmpAzF0zuNTSBDsaN_MkzPeFqTXlAuoUh935UOxnb/s588/past%20lives.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="588" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIWhWa0bQi_qbaFCgMr7XOnos_pCB0QRp2cB9CLnT9JajKyOdEmgDZ4zUUz__ATSwgUi_vBGdF6za9GEagZbTtOAnTYzR5OYc2D0k9KOsTuVbyYANtyTSkhXP303yPnc2qvT4CQG_G5s6BmpAzF0zuNTSBDsaN_MkzPeFqTXlAuoUh935UOxnb/s320/past%20lives.jpg" width="229" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La protagonista della
vicenda è Nora (il cui nome di battesimo coreano è Na Young) che all’età di 12
anni deve trasferirsi insieme alla famiglia (la madre scrittrice, il padre
regista e la sorellina) dalla Corea all’America. Nel paese natio deve lasciare,
quindi, la sua vecchia vita e soprattutto il suo primo amore (Hae Sung) con il
quale, però, riesce a mettersi nuovamente in contatto dall’America 12 anni dopo,
salvo poi bloccare le comunicazioni perché troppo distanti e probabilmente
senza futuro. Nel giro di poco tempo in una residenza per artisti (a New York
Nora è una sceneggiatrice) la protagonista incontra Arthur del quale si innamora.
I due si sposano, ma cosa succederà quando dopo altri 12 anni Nora incontrerà
nuovamente sulla sua strada il suo primo amore? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un film nel quale, come “spiegato”
nel titolo, si intersecano vite passate (o presunte tali) con un presente e un
ipotetico futuro, andando a scavare nelle profondità dell’animo di ognuno di
noi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Quante volte è capitato
di dire o di pensare “e se fosse andata diversamente?”. Ecco, “Past Lives”
mette sullo schermo la risposta (e le tante ulteriori domande che ne derivano)
a questo quesito quasi impossibile.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma a colpire, al di là
della visione alla “Sliding Doors”, sono la semplicità e la delicatezza, a
volte anche crudele, con le quali Celine Song mette in scena la vita di Nora. Continuamente
di fronte a bivi, dualismi e contrasti, Nora deve sempre cercare la soluzione
che non è quasi mai quella semplice o quella che vuole/vorrebbe. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A incarnare, anche
visivamente, queste scelte obbligate ci pensa anche la messa in scena sempre
attenta a creare una sorta di contrapposizione. Dagli elementi fisici, che
sembrano frapporsi tra i protagonisti, alle dinamiche umane. Perché se le scale
rappresentano metaforicamente la scalata sociale (e non solo) compiuta da Nora,
sono le sue affermazioni e il suo modo (semplice) di vedere la vita, le persone
e i rapporti umani a decretarne il successo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Celine Song parla di
assenza di supereroi in una storia semplice che elogia la semplicità attraverso
personaggi che potrebbero essere chiunque. Ma forse è proprio questa la magia
di una storia comunque unica perché “personale”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Bivi e scale sono solo la
rappresentazione fisica delle difficoltà alle quali andrà incontro Nora nella
propria vita. Difficoltà che si iniziano a presentare fin dall’infanzia e che
andranno ad aumentare con l’andare avanti del tempo, messe in evidenza dalla
saggia decisione di ricorrere non soltanto a una barriera linguistica, ma anche
a una barriera reale e ancora più difficile da superare: la distanza. Una
distanza che, grazie al progresso e alla modernità, può essere scavalcata
tramite alcuni mezzi, ma solo in parte. Il filtro dello schermo, infatti, è
solo un esempio. Un esempio concretizzato poi dalle differenze linguistiche e
di usi e costumi. E non è un caso che la storia inizi da una situazione ben
precisa che viene scardinata, mostrata ed elaborata tornando indietro di
diversi anni. La primissima scena mette in evidenza tutte queste differenze e
lo fa senza dare spiegazioni. Le voci fuori campo commentano quello che vedono
come farebbe qualsiasi spettatore. Le differenze sono tante e fin troppo
evidenti e l’obiettivo diventa quindi quello di scardinarle. Cos’è che è “troppo
coreano” come Nora tenta di spiegare al marito? E cosa non lo è? Come ci si
avvicina (o allontana) da una cultura, da un modo di vivere e di essere? Lo si
può fare davvero? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Alla fine la lingua
diventa solo un pretesto per avvicinarsi o allontanarsi e, nel caso di “Past
Lives”, per far (ri)vivere a Nora qualcosa che forse, nonostante tutto, non
potrà più vivere. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un dualismo continuo e
perenne che si evolve e si intreccia attraverso la figura di Nora che cerca,
per quanto possibile, di far avvicinare due persone, due culture, due lingue,
due mondi diversi ricorrendo comunque, anche se involontariamente, a situazioni
diverse e contrapposte. Cosa è giusto e cosa sbagliato? Per chi fare il tifo? Non
ci sono schieramenti in “Past Lives”, ma solo grande consapevolezza. Di ognuno
di noi e del mondo che ci circonda.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-35539656059834694382024-02-02T07:32:00.001+01:002024-02-02T07:32:00.138+01:00THE HOLDOVERS - LEZIONI DI VITA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">The Holdovers – Lezioni
di vita</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Alexander Payne<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Paul Giamatti, Dominic
Sessa, Da’Vine Joy Randolph<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">USA, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: commedia,
drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 133’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una piacevole carezza in
mezzo a una marea di prodotti che sembrano ormai sempre più standardizzati o
creati solo per sorprendere con effetti speciali e colpi di scena uno
spettatore che ormai ha visto tutto. Questo è quello che rappresenta il nuovo
film di Alexander Payne. A differenza della “massa” proposta sul grande (e piccolo)
schermo, “The holdovers” è in grado di rilassare il pubblico attraverso la sua
semplicità e dolcezza, senza esagerare o strafare in niente. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-xkk5udRalW-wFE_yHLG6G90i3MpiEyxkwybAvmL9MLLs7-R1bS3QKKYca0vbkVtHF-LqZf_M1_GdVJAZ29DW0Th3w8fhFA4JvS8H2P2z_uVCn2GfPjjNcHeFjnKHhhHMTjhLebrPxHd-7lSgNIRqtWh1gp1pE0O8k_XsiWvZNeTZelk8N70I/s622/the%20holdovers.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="622" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-xkk5udRalW-wFE_yHLG6G90i3MpiEyxkwybAvmL9MLLs7-R1bS3QKKYca0vbkVtHF-LqZf_M1_GdVJAZ29DW0Th3w8fhFA4JvS8H2P2z_uVCn2GfPjjNcHeFjnKHhhHMTjhLebrPxHd-7lSgNIRqtWh1gp1pE0O8k_XsiWvZNeTZelk8N70I/s320/the%20holdovers.jpg" width="216" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Uscito rigenerato dalla
visione, lo spettatore avrà anche appreso alcune importanti “lezioni di vita”,
come recita il sottotitolo della versione italiana, anche grazie alle più che
convincenti interpretazioni degli attori, da Paul Giamatti e Dominic Sessa
passando anche per Da’Vine Joy Randolph. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tutto inizia nel più
classico dei modi: siamo nel New England del 1970, precisamente alla Barton
Academy, un collegio maschile. Durante le vacanze di Natale quattro studenti,
ognuno per ragioni diverse, non fanno rientro a casa dalle proprie famiglie e,
per sorvegliarli, viene scelto Paul Hunham, impopolare insegnante di lettere
classiche con il quale né studenti né colleghi vogliono avere a che fare. A farci
i conti da vicino, nonostante le premesse, sarà, però, soltanto Angus Tully,
unico studente costretto a rimanere bloccato a scuola causa irreperibilità
della madre che avrebbe potuto acconsentire a mandarlo in vacanza con la
famiglia di uno degli altri tre studenti. Per causa di forza maggiore, quindi, Angus
e Paul si ritroveranno costretti a “convivere” per cercare di passare al meglio
il Natale e i giorni di festa. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un film di Natale un po’
anomalo. Un film sull’adolescenza e sulla presa di coscienza di sé altrettanto
fuori dai comuni standard. Insomma “The holdovers” è tutto tranne che semplice
e banale pur apparendo come tale. Ebbene sì, perché la storia è “classica”,
pensiamo di averla già vista con il memorabile “L’attimo fuggente”, tanto per
citarne uno, ma bisogna andare oltre le apparenze e arrivare a capire che in
questi tre personaggi così diversi tra loro c’è molto da cui trarre spunto per
una riflessione. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Senza cadere in pietismi
e sentimentalismi Alexander Payne riesce a dare voce a quelli che normalmente
sono gli “emarginati”, innalzandoli a un ruolo di prestigio e permettendo loro
di essere portatori di valori e tematiche attuali nonostante la storia sia
ambientata nel 1970. La guerra che si mescola al lutto e all’elaborazione di
una perdita importante sono solo la base di partenza per un film che arriva a
toccare le corde dell’anima trattando un tema come la depressione, il tutto
condito dalle sane e spesso ironiche divergenze generazionali incarnate
perfettamente dai due protagonisti sovente redarguiti, per questo, dalla cuoca Mary
(Da’Vine Joy Randolph) sui quali il regista gioca alimentandone le
caratteristiche: lo studio della letteratura antica per l’insegnante è l’emblema
di una classicità, di una staticità e di un voler rimanere ancorati a un
passato destinato invece a evolversi grazie all’intraprendenza e, a tratti,
strafottenza tipica dei più giovani. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4qlgN0q9Nrbz4zC3qboV6WUO3eHeg01k5SIU5Om92bJRO5mQAB5cgeHBlLpHDcsaknIOQtsrhI5s0Mglk0rop6cldzmuqyWNxKtcg1Ou3Y3AVZruPrXMuEv_RB28c74_fau9AxecyRGYe1vd5XMwDFUvhGeWL9vjcW-KG96jgXbjb0vn9tNor/s1600/the%20holdovers_.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4qlgN0q9Nrbz4zC3qboV6WUO3eHeg01k5SIU5Om92bJRO5mQAB5cgeHBlLpHDcsaknIOQtsrhI5s0Mglk0rop6cldzmuqyWNxKtcg1Ou3Y3AVZruPrXMuEv_RB28c74_fau9AxecyRGYe1vd5XMwDFUvhGeWL9vjcW-KG96jgXbjb0vn9tNor/s320/the%20holdovers_.jpg" width="216" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un contrasto e una
dicotomia resi alla perfezione anche dall’ambiente circostante, dal suo
utilizzo e dalla sua trasformazione. Se all’inizio siamo inchiodati e “braccati”,
come Angus, all’interno di uno spazio chiuso e angusto, appunto, dal quale non
è possibile evadere neanche con la mente, col passare del tempo, imparando a
conoscere i personaggi e la loro indole, riusciamo a fuggire e lo facciamo,
prima, con la breve visita all’ospedale e, dopo, con il viaggio a Boston. <o:p></o:p></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Spazio e tempo si
dilatano in questo modo come l’animo e il carattere dei due personaggi così
diversi eppure così “funzionanti” (e funzionali) insieme. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Continuamente e
perfettamente in bilico tra dramma e commedia in un modo in cui ad Alexander Payne
riesce particolarmente bene “The holdovers” consegna una serie di lezioni di
vita. Non solo ai due protagonisti, in grado adesso di guardare sé stessi e gli
altri con occhi diversi, ma anche e soprattutto a noi spettatori. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-13151434309463054702024-02-01T08:03:00.001+01:002024-02-01T08:03:00.143+01:00PARE PARECCHIO PARIGI<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Pare parecchio Parigi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Leonardo Pieraccioni<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Leonardo Pieraccioni,
Chiara Francini, Giulia Bevilacqua<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: commedia<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 96’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una ripetizione o un’allitterazione?
Con questa domanda può iniziare l’approccio al nuovo film di (e con) Leonardo
Pieraccioni. Già da questo “inciampo”, voluto, nel titolo si intuisce la
direzione del film. “Pare parecchio Parigi”, così come la storia vera dalla
quale prende spunto, nonostante le buone intenzioni e delle trovate sempre
efficaci, ha il difetto di girare su sé stesso senza uscire da dei veri e reali
confini, siano essi quelli del territorio, quelli del gergo o quelli delle
battute toscane.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPjS0wAJDc2_MgMgTJNoqs_yscuRBupjVe51l51ogncSBWha29EHSMsXoeB18tXQa_D1q6mdVYEetJdGOI-Fxdild7kkHp0q0ZCWxfQKrZCO8-K-mPphH6MlG4kdb6rHavxWHGBUJ8kNMsgOpE5EOmIPC_PktpkhdR7aGmmbE27mbyqHyBolJ2/s600/pare%20parecchio%20parigi.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPjS0wAJDc2_MgMgTJNoqs_yscuRBupjVe51l51ogncSBWha29EHSMsXoeB18tXQa_D1q6mdVYEetJdGOI-Fxdild7kkHp0q0ZCWxfQKrZCO8-K-mPphH6MlG4kdb6rHavxWHGBUJ8kNMsgOpE5EOmIPC_PktpkhdR7aGmmbE27mbyqHyBolJ2/s320/pare%20parecchio%20parigi.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una storia vera ai limiti
dell’incredibile quella dalla quale parte il regista e attore fiorentino. Gli
ingredienti sono semplici: un padre malato (e quasi cieco) e tre fratelli, Bernardo,
Giovanna e Ivana (Pieraccioni, Chiara Francini e Giulia Bevilacqua), che si
sono persi di vista e che non vogliono avere a che fare con gli ultimi giorni
di vita del genitore. Messi insieme e mescolati ben bene rappresentano la
classica base di partenza per una storia che, in questo caso, si trasforma in
un qualcosa a metà strada tra commedia e dramma, a differenza delle precedenti
opere dello stesso Pieraccioni, intento solitamente (ed esclusivamente) a
divertire. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se il punto di partenza,
come detto, risulta fin da subito efficace non lo è altrettanto lo sviluppo che
rimane fin troppo in superficie, salvo poi arrivare all’ovvia riconciliazione
che mette in mezzo, tra una gag e l’altra, e alcuni omaggi più o meno voluti,
anche tematiche attuali (dal toyboy all’accettazione di sé e degli altri, tanto
per citarne due).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma la solita verve comica
del regista e attore qui tenta di fare un passo più lungo della gamba tanto da
rimanere, per certi versi, ancorata al passato. Non a caso, infatti, si possono
individuare elementi caratterizzanti i titoli che avevano e che hanno
consacrato l’autore toscano: dalla scelta di alcuni interpreti ricorrenti,
anche per brevi o brevissime apparizioni, al ruolo, sempre centrale, della
famiglia, ogni volta sviscerato in maniera diversa, di pari passo con l’evoluzione
umana del regista stesso. Ma non bastano per rendere “Pare parecchio Parigi”
una commedia allo stesso livello delle precedenti. Forse è vero che si nota una
sorta di punto di svolta, almeno negli intenti, da parte del regista, ma sono
intenti opachi e appannati che, con l’andare avanti dei chilometri, si fanno
sempre più pesanti e privi di una via d’uscita all’altezza delle premesse.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ed è un peccato perché è
indubbiamente un’ottima base quella di giocare su un viaggio immaginario
contornato dalle fugaci ma divertenti incursioni di alcune comparse
appositamente istruite da una delle figlie. Ma è un viaggio che sembra girare
intorno e girare su sé stesso al pari del camper che ospita la strampalata e
ritrovata famiglia. Da Nino Frassica, in un ruolo alternativo di padre burbero forse
non troppo nelle sue corde, a un’esplosiva Chiara Francini, probabilmente la
figura che emerge più di tutte, tra battute già memorabili e una cadenza unica.
Passando per una Giulia Bevilacqua alla quale spetta il compito di riportare
serietà e “rigore” al quartetto e alla storia in generale e per un Massimo Ceccherini
nel ruolo del cattivo e maligno per eccellenza accompagnato da una bravissima Gianna
Giachetti nel ruolo della madre, purtroppo entrambi troppo relegati e marginali.
<o:p></o:p></span></p>
<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Il tutto, come nella
migliore delle tradizioni dei film di Pieraccioni, è contornato da una
parentesi che serve al regista e attore per introdurre e contestualizzare,
seppur in maniera alternativa, la sua tanto amata e usata voce narrante. Una
voce narrante che, però, non riesce a destare troppo lo spettatore incastrato
in un camper, o meglio in un maneggio, dal quale risulta difficile evadere per
vedere Parigi.</span></p><p><br /></p><p>Veronica Ranocchi </p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-74616201732269968402024-01-14T07:31:00.001+01:002024-01-14T07:31:00.400+01:00PERFECT DAYS<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Perfect days<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Wim Wenders<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Kōji Yakusho, Tokio
Emoto<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Giappone, Germania, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 123’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tutti abbiamo un giorno
preferito. Un momento della giornata, della settimana, del mese che
prediligiamo e che riteniamo, almeno ai nostri occhi, “perfetto”. Ecco, per
Hirayama questo accade ogni giorno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Infatti i “Perfect Days”,
presentati da Wim Wenders, prima a Cannes e poi nelle sale italiane non altro
che lo scovare la novità e l’entusiasmo anche nella più classica e monotona
routine.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6zN0gyqR8xYdMs4JFILRhGdo5UiB97eiT1O2Mj_aIHgiLUUnIT1kVqxk4N-k-j32HOhnkD57UIkSFAuLD9v8rxuh6Xh5YPr2jCAPEqm2nSfhnI0cyq8meYmXtDQvHdGbjAXQMT4Jsi8qoKN9meDcAbwQegIggbOY04G_JwwBSdyYJOaJOBSum/s1984/perfect%20days.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="1417" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6zN0gyqR8xYdMs4JFILRhGdo5UiB97eiT1O2Mj_aIHgiLUUnIT1kVqxk4N-k-j32HOhnkD57UIkSFAuLD9v8rxuh6Xh5YPr2jCAPEqm2nSfhnI0cyq8meYmXtDQvHdGbjAXQMT4Jsi8qoKN9meDcAbwQegIggbOY04G_JwwBSdyYJOaJOBSum/s320/perfect%20days.jpg" width="229" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“Perfect days” avrebbe
potuto essere un documentario, ma la scelta di renderlo un film di finzione
incredibilmente vero e vicino alla realtà di chiunque conferisce al titolo un
grande merito: quello di aver reso straordinario anche il più semplice, quotidiano
e umile gesto. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“Quanto vorrei che tutto
restasse com’è” è quello che dice la ristoratrice di uno dei luoghi
abitualmente frequentati da Hirayama al termine del suo lavoro. Ed è anche
quello che il protagonista sembra voler perseguire ogni giorno ripetendo
incessantemente le stesse cose. Ma si tratta di una routine che non è fine a sé
stessa, anzi. Hirayama è consapevole di ripetere continuamente le stesse
azioni, ma sa anche che questa apparente monotonia non potrà durare per sempre
perché tutto è destinato a cambiare. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">E ne sono una chiara
dimostrazione gli “imprevisti” che gli accadono nonostante il ripetersi di
gesti e azioni. Dal collega strampalato alla nipote, passando addirittura per
una strana e originale comunicazione con qualche sconosciuto, probabilmente
silenzioso come lui. Perché se c’è un elemento che caratterizza il protagonista
(e il film) è proprio il silenzio. Sono poche le parole che pronuncia e mai
superflue. È come se fosse stato estrapolato da un’altra epoca e si fosse
ritrovato a vivere nella Tokyo del 2023 con le abitudini che, però, hanno
caratterizzato probabilmente la sua giovinezza e la sua infanzia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ogni mattina si alza
presto, ripiega minuziosamente il proprio letto, si prende cura delle proprie
piante, esce di casa, prende un caffè e sale sul suo furgoncino pronto per una
nuova giornata di lavoro, non prima di aver scelto accuratamente la giusta
musicassetta da ascoltare durante il tragitto. E poi passa in rassegna tutti i
bagni pubblici di Tokyo per pulirli, come la scritta sulla sua tuta “The Tokyo Toilet”
aveva anticipato all’inizio del film. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una routine che, seppur
in silenzio da solo, non è sinonimo di solitudine, ma anzi dimostra proprio il
contrario. “Perfect days” invita a guardare il mondo da un’altra prospettiva,
accogliendo la novità, qualunque essa sia, sempre nel migliore dei modi,
considerandola come qualcosa che può solo migliorare la situazione attuale. E
infatti Hirayama accoglie le piccole novità che la sua routine gli presenta
involontariamente in maniera positiva. Dall’arrivo della nipote che, rompendo
gli schemi e gli equilibri, gli impone non soltanto un dialogo, ma anche una
riflessione sulla vita e dei consigli al banale tris che trova scritto in un
foglio solo apparentemente dimenticato in uno dei tanti bagni. <o:p></o:p></span></p>
<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Un elemento su tutti,
però, in grado di distogliere l’attenzione dello spettatore e dello stesso
Hirayama da quella che può sembrare una continua monotonia è la fotografia.
Perché nella vita di quel lavoratore silenzioso non ci sono solo le piante di
cui si prende cura e la lettura ogni sera di un volume diverso. C’è anche l’osservare
la realtà che lo circonda, anche quella più silenziosa, come le fronde degli
alberi e le foglie che si muovono al vento e che nascondo a tratti la luce del
sole. Quelle foglie che lui ama osservare e immortalare perché emblema perfetto
della sua vita terrena. E non è un caso che l’immagine si blocchi proprio nell’istante
dello scatto, come un monito, come a ricordare il valore di un momento, di un
giorno davvero perfetto.</span> </p><p><br /></p><p>Veronica Ranocchi</p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-24802625230532235902024-01-10T07:42:00.001+01:002024-01-10T07:42:00.192+01:00IL RAGAZZO E L'AIRONE<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Il ragazzo e l’airone</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Hayao Miyazaki<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Giappone, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: animazione, fantastico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 124’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una favola. L’ennesima
favola di Hayao Miyazaki.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Anche a 83 anni il
regista giapponese, fondatore dello studio Ghibli, continua a impressionare e
affascinare il suo pubblico. Stavolta con una storia semplice e complessa al tempo
stesso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nella Tokyo del 1943
assistiamo, attraverso immagini e richiami alla Guerra del Pacifico. In quel
periodo il dodicenne Mahito Maki perde la madre durante l’incendio di un
ospedale. L’anno successivo il padre del ragazzo si risposa con Natsuko e si
trasferisce in campagna, nella tenuta della donna anche per allontanarsi dalla
guerra. Qui Mahito fa fatica ad ambientarsi e soffre per questo nuovo legame
tra il padre e la donna, in dolce attesa. Tutto cambia quando, un giorno, decide
di inseguire un misterioso airone che lo porta vicino alle rovine di una torre
abbandonata che, in seguito ad altre vicissitudini, lo farà entrare in contatto
con un mondo e con persone in grado di aiutarlo a guardare la realtà da
un’altra prospettiva.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiycrr960AukV7LIjTikCJe-YG0Uyn2LMFjAtA9qFiKfg8bkW6WLsfJgRE0FVu4v6xo8ivHk-WptbaRcHtiUsbpcRplD2yoer1DEMljr0lkbJxeoTYJhlWB0KAg_0MCTaSFr8RG82w-BRU4dmC7fRJHLKUhHNlRhcsF6OI-LJrf0D8bd4Z9uccn/s1000/il%20ragazzo%20e%20l'airone.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="667" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiycrr960AukV7LIjTikCJe-YG0Uyn2LMFjAtA9qFiKfg8bkW6WLsfJgRE0FVu4v6xo8ivHk-WptbaRcHtiUsbpcRplD2yoer1DEMljr0lkbJxeoTYJhlWB0KAg_0MCTaSFr8RG82w-BRU4dmC7fRJHLKUhHNlRhcsF6OI-LJrf0D8bd4Z9uccn/s320/il%20ragazzo%20e%20l'airone.jpg" width="213" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Cercare di spiegare il
film di Miyazaki non è semplice, senza contare che troppe informazioni andrebbero
a intaccare la poesia (visiva e non) del maestro dell’animazione giapponese che
ognuno, invece, dovrebbe leggere e interpretare come meglio crede.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se da una parte le simbologie
e le metafore sono, ancora una volta, la base dalla quale partire, dall’altra
parte “Il ragazzo e l’airone” si può definire come il titolo forse più autobiografico
in assoluto tra quelli realizzati nel corso degli anni da uno dei fondatori
dello Studio Ghibli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La guerra, che anche l’autore
ha vissuto, è il perno attorno al quale ruota la vicenda. Una guerra che
Miyazaki mostra, cercando di nasconderla, o meglio di trasformarla e
riadattarla in chiave più magica. E poi la possibilità di fuggire, ma non
soltanto fisicamente, anche metaforicamente, per rifugiarsi in un luogo che,
anche se irreale, è l’unico in grado di accogliere chiunque senza chiedere
niente in cambio, senza incutere terrore e senza che paura, distruzione e morte
possano avvicinarsi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Accompagnato dall’airone
cenerino, per i giapponesi simbolo portafortuna e di longevità, Mahito
affronterà un viaggio ben più grande di lui e delle sue aspettative.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una mescolanza di colori,
personaggi e sfumature che si intersecano tra loro così come si intrecciano
mondo reale e mondo fantastico.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">C’è un solo elemento a
unire i due mondi e Mahito, come il più classico degli eroi, è l’unico a poterlo
attraversare superando ostacoli che lo forgeranno e lo aiuteranno a capire sé
stesso e ciò che lo circonda. Con l’energia e la tenacia che lo caratterizzano,
il giovane dimostra di essere all’altezza del ruolo di rappresentante perfetto
all’interno sia di un mondo terreno che di un mondo ultraterreno. Perché di mondo
ultraterreno si parla quando, insieme a lui, anche lo spettatore si immerge in
una realtà altra, anche rispetto al film stesso già di per sé magico. Un mondo
che ha richiami più o meno evidenti con vari elementi. Uno su tutti il
parallelismo con la “Divina Commedia”. Da Kiriko nei panni di un Virgilio con
il compito di proteggere e soprattutto guidare Mahito al culmine del suo
viaggio, al Re Parrocchetto che, invece, sembra avere le sembianze di Caronte,
traghettatore di vere e proprie anime alla ricerca del proprio posto nel mondo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma sono anche tante altre
le chiavi di lettura di un film che viaggia su piani diversi e presenta tanti
richiami e tanti modi di vedere una stessa cosa. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“E voi come vivrete?” è
il titolo del libro che Mahito ritrova improvvisamente e che forse era appartenuto
alla madre che avrebbe voluto mostrarlo al figlio da grande, ma è anche una
domanda che lo stesso Miyazaki sembra fare al suo pubblico e a sé stesso. Una
domanda tutt’altro che semplice come tutt’altro che semplice è l’opera del
maestro giapponese che realizza un film nel quale non esiste e non può esistere
una visione univoca. E lui, oltre che inserire richiami, più o meno espliciti,
alle sue opere passate, ricalcando, ma allo stesso tempo anche ampliando,
alcune tematiche, arriva addirittura a inserirsi all’interno del racconto, come
un perfetto deus ex machina che muove i fili della storia e della vita.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“E voi come vivrete?” sembra,
perciò, quasi un monito. Una volta vista questa opera, siamo in grado di
mettere insieme i pezzi per creare il migliore dei mondi possibili? Lui i pezzi,
nel corso della sua vita e del suo cinema, li ha sicuramente messi insieme alla
perfezione. Mancava solo un Golden Globe che, preciso e puntuale, come il volo
di un airone, si è posato alla sua finestra.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-85566715109406755232024-01-09T11:51:00.004+01:002024-01-09T11:51:58.167+01:00LE CLASSIFICHE DE I CINEMANIACI 2023<p> Le classifiche de I cinemaniaci 2023</p><p style="text-align: center;"><b>Carlo Cerofolini</b></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGopaeK4NbRO7Tx9FBlFSV5VTQ8stR0nrpSqkGMlqhyirO9Io-kqP77-wu_SVaVEu152WkREDzf43sBhyezacyt6HryN5mDB1egKmxk98rGWc-KC5uEBaEehezkS4d8p73PviiS9syCyIGe2zQqZ72wPmRmUroN8Bi7dOGoVDuywXmfgCOkP66/s600/decision%20to%20leave.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGopaeK4NbRO7Tx9FBlFSV5VTQ8stR0nrpSqkGMlqhyirO9Io-kqP77-wu_SVaVEu152WkREDzf43sBhyezacyt6HryN5mDB1egKmxk98rGWc-KC5uEBaEehezkS4d8p73PviiS9syCyIGe2zQqZ72wPmRmUroN8Bi7dOGoVDuywXmfgCOkP66/s320/decision%20to%20leave.jpg" width="224" /></a></div><b><br /></b><p></p><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">1.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Decision
to Leave (Park Chan-wook)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">2.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Pacifiction
- Un mondo sommerso (Albert Serra)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">3.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Il
maestro giardiniere (Paul Schrader)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">4.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Aftersun
(Charlotte Wells)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">5.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Gigi
la legge (Alessandro Comodin)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">6.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Animali
selvatici (Cristian Mungiu)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">7.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>L’ultima
notte di Amore (Andrea Di Stefano)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">8.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>La
chimera (Alice Rohrwacher)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">9.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Reptile
(Grant Singer)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">10.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Disco
Boy (Giacomo Abbruzzese)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior regia: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Park Chan-wook ("Decision to Leave")</span></p><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior attore: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Benicio Del Toro ("Reptile")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior attrice: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Paola Cortellesi ("C'è ancora domani")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior sceneggiatura: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Paul Schrader ("Il maestro giardiniere")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior fotografia: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Artur Tort ("Pacifiction")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior montaggio: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Jennifer Lame ("Oppenheimer")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior colonna sonora: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Vitalic ("Disco Boy")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Rivelazione dell'anno: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Cailee Spaeny ("Priscilla")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">-Miglior opera prima: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">"Aftersun" di Charlotte Wells</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b>Veronica Ranocchi</b></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAWHceXUCvDLkS0qn9OPJK__iwBo4ez_pNLNkNjAv3yNuigja8wTNCE02A895bZiq32R7X1L7_noqwiWVYhsHFkS-4TxBrIttNKMbWkm0y_xCD99ZNYPm_H0a8D_FMr1ym0P-0Msa9ICcyFpptSJ6yfqLE1HdjyY_5RjsC172tU8bGI-GfnDMr/s1481/aftersun.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1481" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAWHceXUCvDLkS0qn9OPJK__iwBo4ez_pNLNkNjAv3yNuigja8wTNCE02A895bZiq32R7X1L7_noqwiWVYhsHFkS-4TxBrIttNKMbWkm0y_xCD99ZNYPm_H0a8D_FMr1ym0P-0Msa9ICcyFpptSJ6yfqLE1HdjyY_5RjsC172tU8bGI-GfnDMr/s320/aftersun.jpg" width="216" /></a></div><br /><b><br /></b><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">1. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;">Aftersun (Charlotte Wells)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">2. Gli spiriti dell'isola (Martin McDonagh)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">3. Rapito (Marco Bellocchio)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">4. Babylon (Damien Chazelle)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">5. As Bestas (Rodrigo Sorogoyen)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">6. Mixed by Erry (Sydney Sibilia)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">7. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;">La chimera (Alice Rohrwacher)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">8. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;">Decision to Leave (Park Chan-wook)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">9. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;">Oppenheimer (Christopher Nolan)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">10. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;">L’ultima notte di Amore (Andrea Di Stefano)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 16px;"><br /></span></p><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior regia: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Park Chan-wook ("Decision to Leave")</span></p><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior attore: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Cillian Murphy ("Oppenheimer")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior attrice: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Sandra Huller ("Anatomia di una caduta")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior sceneggiatura: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Martin McDonagh ("Gli spiriti dell'isola")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior fotografia: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Paolo Carnera ("Io capitano")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior montaggio: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Blair McClendon ("Aftersun")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior colonna sonora: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Justin Hurwitz ("Babylon")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Rivelazione dell'anno: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Frankie Corio ("Aftersun")</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">-Miglior opera prima: </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">"Aftersun" di Charlotte Wells/"C'è ancora domani" di Paola Cortellesi</span></p><p class="MsoNormal"><o:p></o:p></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-27209960620821699972023-12-22T07:51:00.001+01:002023-12-22T07:51:00.137+01:00LA CHIMERA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">La chimera</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Alice Rohrwacher<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Josh O’Connor, Isabella
Rossellini, Carol Duarte<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, Francia,
Svizzera, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 130’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">"Il sole ci
segue" dice la giovane donna al protagonista, mentre nella soggettiva che
ne incornicia l'ovale la faccia della ragazza appare e scompare davanti ai
nostri occhi. Ancora una volta per Alice Rohrwacher il cinematografo è
un'autentica epifania: una questione di luce e oscurità, di sogno e realtà, di
essere e non essere, come è sempre stato a partire dai fratelli Lumière.
L'inizio e la fine delle sue storie sembrano fatte apposta per ricordarcelo,
costruite come sono attraverso due movimenti opposti ma coerenti uno con
l'altro.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjykl8urp-msIL1UBkrsyjno2-oHhXTLWwMN9VI1HEs6TiNQ-cw3h9voO8AFH0I8lu1GNgp4DXy2CFJH0eJdmppA_W7wv93yiTNRjpK-YYXPEF3v5P6llXcj3Xujd-yZnaAGHB3iC4lfnNe2Yi51DooiCs3j96OTbhJZgK_mD1C0lzVJ9oiLZNP/s600/la%20chimera.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjykl8urp-msIL1UBkrsyjno2-oHhXTLWwMN9VI1HEs6TiNQ-cw3h9voO8AFH0I8lu1GNgp4DXy2CFJH0eJdmppA_W7wv93yiTNRjpK-YYXPEF3v5P6llXcj3Xujd-yZnaAGHB3iC4lfnNe2Yi51DooiCs3j96OTbhJZgK_mD1C0lzVJ9oiLZNP/s320/la%20chimera.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il primo è quello in cui
l'introduzione al racconto coincide con il "venire alla luce" dei
personaggi, come accade ne "Le meraviglie" alla famiglia di
Gelsomina, colta nel momento del risveglio mattutino, quando ancora la vita è
sospesa tra il giorno e la notte, e come succedeva in "Lazzaro
felice", laddove il presepe contadino aveva inizio con un bagliore lontano
destinato a spezzare il velo della notte.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il secondo invece, sembra
voler tornare alle origini del racconto perchè l'improvvisa assenza dei
protagonisti - la casa vuota e disabita de "Le meraviglie", la
metempsicosi di "Lazzaro felice" - pare restituirli alla stessa
fantasia che li aveva messi al mondo: ancora una volta a quel buio che va oltre
la morte, vera o apparente che sia, consegnandoli ai miti dell'immaginario
collettivo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Rispetto ai lungometraggi
appena menzionati, "La chimera" si può considerare una sorta di
chiusura del cerchio in quanto sintesi di temi (tra cui quello importante, ma
sottovalutato dello sradicamento), personaggi, ambienti e forme cinematografiche.
Anche qui, come negli altri frangenti, il finale, ricollegandosi alla sequenza
d'apertura, ci restituisce l'immagine di un mondo dove tutto è possibile e in
cui persino la morte è costretta a fare i conti con la forza delle passioni
umane. Nel caso specifico quella di Arthur (Josh O'Connor) nei confronti
dell'amata Beniamina (la Yile Yara Vianello di "Corpo celeste").<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se a prima vista gli
avvenimenti del racconto si concentrano sulle vicissitudini di Arthur e del
gruppo di tombaroli che trafugano con alterna fortuna i siti archeologici
etruschi della costa laziale, in realtà "La chimera" altro non è (o è
allo stesso tempo), che una storia "d'amor perduto", quello tra
Arthur e la fuggiasca Beniamina di cui il ragazzo (e non solo lui) sembra
aspettare il ritorno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Stante le premesse fatte
in apertura, e dunque per le caratteristiche intrinseche di tutto il cinema di
Alice Rohrwacher, i due piani di lettura si equivalgono e si scambiano spesso
le parti (l'Amore così come gli Etruschi sono entrambi affascinanti e misteriosi)
nello sviluppo di un racconto in cui i confini tra gli opposti sono spesso
labili o inesistenti (onirico e reale hanno lo stesso peso nell'economia del
racconto), come lo è la scelta dell'autrice di allentare la consecutio
narrativa e la densità dialogica per mettere lo spettatore nella condizione
migliore per abbandonarsi alla poesia evocativa delle immagini, capaci come
poche di "raccontare ciò che le parole non riescono a dire".<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Non è un caso che il
punto di svolta del film, quello della consapevolezza di Arthur, coincida con
il gesto con cui il ragazzo si disfa della testa della statua etrusca, ovvero
di quella parte del corpo in cui lo sguardo si crea per poi essere indirizzato.
Così facendo è come se la Rohrwacher, e con lei il suo film, si appellasse a
quella purezza di vedute che ne costituisce la visione per invitarci a
sgombrare il quadro dal superfluo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ecco che allora, la
rabdomanzia con cui Arthur individua i tesori nascosti sotto il terreno, e
dunque il suo farsi tramite tra ciò che è vivo e ciò che è morto, tra il
passato degli Etruschi e il presente del film (collocato negli anni Ottanta),
diventa la modalità di una ricerca più importante, quella che deve portarlo a
riunirsi con la donna che gli ha rubato il cuore.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwh4bY5xlfNBh3M-xEnhc22L4vmDhasZyfjzzjrjIXOwKKhcEc7Ybdz_rRPuHhinf7Xv8_TR-bqIxRnQhWqQNA5gMgNaJ7Ag-fi7xrSg03u5WEocko-8jN_uIGKbXMj7PACzp0h3vqar2jwMq1_NpWcHNXjz-F7z1MgjC0twopeSW1ECfUDJ0T/s3996/la%20chimera_.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2160" data-original-width="3996" height="173" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwh4bY5xlfNBh3M-xEnhc22L4vmDhasZyfjzzjrjIXOwKKhcEc7Ybdz_rRPuHhinf7Xv8_TR-bqIxRnQhWqQNA5gMgNaJ7Ag-fi7xrSg03u5WEocko-8jN_uIGKbXMj7PACzp0h3vqar2jwMq1_NpWcHNXjz-F7z1MgjC0twopeSW1ECfUDJ0T/s320/la%20chimera_.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Dunque, "La
chimera" non deve essere letto in maniera letterale, sperando di trovarne
le risposte in una logica narrativa classica, quella in cui i personaggi sono
subordinati all'azione e il legame sequenziale retto da un ferreo rapporto di
causa effetto. Al contrario, come nella lettura di strofe poetiche lo
spettatore di fronte a "La chimera" è chiamato ad aprire il cuore
agli infiniti rimandi e alle assonanze di cui sono piene le immagini,
considerando che nel suo essere una favola contemporanea il film racconta anche
attraverso situazioni ad alta valenza simbolica.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A esserlo sono le
sequenze sulla riva del mare, da sempre spazio cerniera tra luoghi reali e
immaginari, qui funzionali a esprimere un altro topos del cinema della
Rohrwacher, quello della collisione tra società agricola e sistema industriale,
individuabile nell'incombenza delle ciminiere sullo scorcio marino in cui si
svolge l'ultima parte della storia. E ancora mediante la presenza di abitazioni
vetuste e oramai in disuso (la villa in cui abita il personaggio interpretato
da una bravissima Isabella Rossellini e la ex stazione ferroviaria in cui a un
certo punto ritroviamo l'altrettanto strepitosa Carol Duarte, già protagonista
per chi non lo ricordasse de "La vita invisibile di Eurídice
Gusmão"), riadattate a spazio di vitalità famigliare, avvalorando in
questo ancora una volta l'equazione tra opposti presente in tutto il film.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Partendo da una visione
francescana del paesaggio e delle sue forme di vita "La chimera" così
come a suo tempo fecero "Le meraviglie" e "Lazzaro felice"
è solo l'ultimo esempio di una volontà di rinnovamento che, pur non rinnegando
la tradizione del nostro cinema ma anzi partecipandovi, si fa promotrice di un
realismo magico e poetico in fase di riscoperta. Dopo "Nuovomondo" di
Emanuele Crialese, "Bella e perduta" di Pietro Marcello, "La
grande bellezza" di Paolo Sorrentino, "La chimera" è la conferma
di un filone sempre più prolifico di gioielli inaspettati.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su ondacinema.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-55594218863413986432023-12-21T07:48:00.001+01:002023-12-21T07:48:00.130+01:00WONKA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Wonka</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Paul King<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Timothée Chalamet,
Olivia Colman, Hugh Grant<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">UK, USA, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: fantastico,
musicale<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 116’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">E anche per il 2023
abbiamo il film perfetto per il periodo natalizio, adatto a tutta la famiglia.
Non che ci fossero dubbi, viste le premesse: da Roal Dahl come “autore” a
Timothée Chalamet come protagonista, passando per la scelta di ricorrere a un
musical. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Festa, canzoni e tanto
cioccolato sono gli ingredienti perfetti per portare il pubblico al cinema e
divertirsi con la simpatica e microscopica versione di Hugh Grant nei panni di
un Oompa Loompa.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7NMb0v0LvojuYPFtjTHOnrxheJEPkrpujDdiFyA2Fsg1k9yZojqXJW5LJVKEt6fv3Dqqx7b4Bb_fai_EFse55nKfYc5BkXv4e24irrD0yF_uJkWCSiK-zzfbyofqxdMSN0gPs7X22_eHNTwEuaMFDM0nodK9NtIMCeBwnqtPUVnBiQIDaFQob/s750/Wonka_Poster-Italia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="750" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7NMb0v0LvojuYPFtjTHOnrxheJEPkrpujDdiFyA2Fsg1k9yZojqXJW5LJVKEt6fv3Dqqx7b4Bb_fai_EFse55nKfYc5BkXv4e24irrD0yF_uJkWCSiK-zzfbyofqxdMSN0gPs7X22_eHNTwEuaMFDM0nodK9NtIMCeBwnqtPUVnBiQIDaFQob/s320/Wonka_Poster-Italia.jpg" width="256" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La storia è quella che
tutti conosciamo: Willy Wonka è un mago cioccolatiere con il sogno di aprire un
suo negozio, una “fabbrica” di cioccolato, ma per farlo dovrà superare una
serie di ostacoli che lo faranno “dubitare” più di una volta. Ad aiutarlo e spronarlo,
infatti, sembra non bastare la voce della mamma scomparsa. Wonka ha bisogno
anche di aiuti “concreti” che fortunatamente trova dopo essersi imbattuto in un
bel guaio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La piccola Noodle, per
certi versi ancora più determinata del protagonista, riuscirà a far leva sui
punti di forza del giovane non spegnendo mai del tutto la sua speranza e il suo
sogno. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se il primo punto di
forza sono le canzoni, mescolate agli effetti speciali riusciti e mai
esagerati, l’altro elemento sul quale il film fa leva è indubbiamente la
presenza di un nutrito cast di nomi importanti. Al protagonista Chalamet,
perfetto per il ruolo, si affiancano, infatti, il già citato Hugh Grant, ma
anche Olivia Colman, Rowan Atkinson, Sally Hawkins, tanto per citarne alcuni.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una storia che, seppur
conosciuta, è apprezzabile in questa nuova chiave, per certi versi, anche più
moderna, che, senza cadere in stereotipi e banalità, racconta qualcosa di
universale per tempo e spazio. Tematiche anche contemporanee sono affrontate
nel giusto modo e con i giusti mezzi in modo da arrivare a grandi e piccoli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Al centro c’è il sogno e
la speranza di un giovane che, pur avendo le qualità e la bravura, non riesce a
ottenere ciò che desidera perché la spietata concorrenza non vuole essere
sostituita da qualcuno di più capace e competente. A spingere Willy, e di conseguenza
l’intera storia, è però una grande forza di volontà.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Nonostante si conosca la
storia, visto e considerato che si tratta di un prequel, “Wonka” di Paul King
intrattiene e convince lo spettatore ad andare fino in fondo nella visione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Forse, però, il pubblico
al quale intende rivolgersi in maniera prevalente è quello dei bambini, ai
quali il film regala magie continue, senza darne una reale spiegazione, come
fossero parte integrante della storia (e quasi della realtà). Questo porta anche,
inevitabilmente, a una mancanza di spiegazioni e contestualizzazioni legate
alla figura di Willy Wonka stesso che, talvolta, sembra vagare privo di una
reale meta e di una reale concretezza. Richiami e riferimenti ai suoi ricordi
più profondi non bastano a delimitare a 360 gradi un protagonista che, invece,
presenta varie sfaccettature e che si presterebbe a un’analisi che potrebbe
andare ben al di là della creazione di una semplice tavoletta di cioccolata.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Musiche e magie che
suscitano interesse e catturano l’attenzione, ma soprattutto quella dei più
piccoli, incantati a osservare un mondo pieno di luccichii, leccornie e
dolciumi, intervallati dalla simpatica e alternativa presenza dell’Oompa Loompa.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un Oompa Loompa che, di
fatto, è l’unica presenza cinica della storia. Lasciando da parte gli
antagonisti, il personaggio di Hugh Grant è il solo in grado di suscitare
emozioni contrastanti. Proprio ciò che manca al Willy Wonka di Chalamet che,
fluttuando leggero tra le sue dolci creazioni, sembra animato da un intento e
da uno spirito completamente puro e nobile senza nessuna “cattiva” sfumatura,
tipica, invece, dell’originale racconto di Dahl.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Eppure è impossibile
uscire dalla sala senza avere in testa almeno uno dei motivetti centrali, oltre
agli indimenticabili dei film precedenti (“Pure Imagination” e “Oompa Loompa”),
e tanta voglia di cioccolato!<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-53301614054696019262023-12-14T07:33:00.001+01:002023-12-14T07:33:00.143+01:00LA PASSION DE DODIN BOUFFANT<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">La passion de Dodin Bouffant</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Trần Anh Hùng<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Juliette Binoche, Benoit Magimel<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Francia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: sentimentale<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 134’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A proposito di
"Norwegian Wood", lo scrittore giapponese Murakami parlò del suo
libro come di una storia d’amore molto personale, dedicata agli amici morti e a
quelli che restano. Dopo aver visto "La passion de Dodin Bouffant"
non si può non ripensare a parole che sembrano fatte apposta per introdurre lo
spettatore al nuovo film del regista franco-vietnamita Trần Anh Hùng, che del
romanzo di Murakami firmò nel 2010 la versione cinematografica. Che si tratti
d'ispirazione artistica o semplicemente di una reminiscenza del passato, fatto
sta che "La passion de Dodin Bouffant" prende a prestito la passione
culinaria del suo protagonista e della donna che gli sta accanto per raccontare
molto di più di un ménage lavorativo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirVGoQuFxuSuzjO538BEvssRyqwdSuzRN6_XJdoo86F5l4-m17VL55YTfYIHrbvS0Q6SjS3dZ7udvgJi5cIlzyLXiO0F1P_NjUJxrl9Obv01Eh3PZMOhlihE2gSMXskNiRpEXMIhQeSi0Q3Q9TPI6A-3xdlfxHKglY2g9Tez6AINopYcEMQgRI/s1280/la%20passion%20de%20dodin%20bouffant.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirVGoQuFxuSuzjO538BEvssRyqwdSuzRN6_XJdoo86F5l4-m17VL55YTfYIHrbvS0Q6SjS3dZ7udvgJi5cIlzyLXiO0F1P_NjUJxrl9Obv01Eh3PZMOhlihE2gSMXskNiRpEXMIhQeSi0Q3Q9TPI6A-3xdlfxHKglY2g9Tez6AINopYcEMQgRI/s320/la%20passion%20de%20dodin%20bouffant.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A dispetto di ciò che
descrive il film, ovvero la ventennale collaborazione tra il rinomato chef
(Benoît Magimel diventato oramai un attore universale) e la cuoca Eugénie
(interpretata da un'incommensurabile Juliette Binoche) capace di vincere il
tempo nella Francia del XIX secolo, il lungometraggio in questione diventa fin
da subito qualcos’altro rispetto ai film sull’arte culinaria che lo hanno
preceduto. Certo è che la lunga introduzione con cui il regista ci porta nel
bel mezzo della storia, un "falso" piano sequenza in cui la macchina
da presa diventa tutt'uno con la preparazioni di uno dei tanti menù preparati
dai protagonisti, risulta fondante nello stabilire l'unità di tempo e di spazio
della narrazione, rappresentata appunto dalla casa di Bouffant (con qualche
scampolo di ripresa esterna ambientata nel bosco circostante ad essa), come
pure la centralità dell’azione, legata alla filiera necessaria alla
presentazione in tavola delle varie pietanze ma anche della filosofia che ne
determina le scelte.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Lo sguardo del regista vi
torna di continuo, ogni volta aggiungendo un particolare che però non riguarda
solo il cibo, anche se così non sembra, ma piuttosto la personalità e i
sentimenti di chi lo prepara. Come fosse la sinfonia del Bolero di Ravel, l’eterno
ritorno a quella liturgia si colora come per magia di nuovi significati che un
poco alla volta operano sulla materia una trasfigurazione capace di cambiarla
fino a farla diventare una cosa nuova. Così facendo davanti agli occhi dello
spettatore i gesti relativi alla preparazione di cene e pranzi si caricano di
ulteriori accezioni, facendo corrispondere i gesti materiali all’afflato del
corteggiamento amoroso fra Bouffant e la sua amata. Gli esempi di questo gioco
di specchi non si contano, tanta è l’abilità del regista nel saper parlare
contemporaneamente alla vista e al cuore.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il collegamento fra cibo
ed eros non è una scoperta dell'ultima ora ma ciò che conta in questo caso è il
modo in cui il film è capace di metterlo in scena. Ma non basta, perché come
aveva fatto Paul Thomas Anderson ne "Il filo nascosto" anche Trần
lavora per astrazioni successive, sublimando la materia in spirito e la
passione culinaria in desiderio amoroso. È in questo modo che la consistenza
delle materie prime e la perfezione delle pietanze oggetto di una continua
valutazione tattile rimandano alla bellezza e all'armonia del corpo femminile,
in un gioco che diventa sempre più manifesto, ma, come si conviene al
corteggiamento amoroso, mai esplicito. Un'equiparazione attestata da un
particolare fugace ma decisivo, in cui l’immagine della pera sciroppata appoggiata
sul piatto è seguita senza soluzione di continuità dal corpo nudo di Eugénie
poggiata sul letto in una maniera che rimanda senza mezzi termini alla forma di
quella precedente. Abituato a circoscrivere le storie in unico ambiente,
facendole vivere sostituendo i sensi alle parole ("Il profumo della papaya
verde", suo esordio registico, fu il primo esempio), Trần realizza
un'opera che fonda la modernità di pensiero alla classicità delle forme.
"La Passion de Dodin Bouffaunt" infatti arriva a chiamare in causa a
modo suo la famosa mutazione della carne cronenberghiana, con la differenza che
alla pari del Bertrand Bonello di "La Bête", anche Trần parla del
futuro attraverso il passato, ricordandoci, se mai ce ne fosse bisogno, che il
tempo così come lo conosciamo è solo una convenzione umana.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su ondacinema.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-15937062045522592322023-12-13T07:27:00.001+01:002023-12-13T07:27:00.140+01:00DIABOLIK - CHI SEI?<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Diabolik - chi sei?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Marco Manetti, Antonio
Manetti<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Giacomo Giannotti,
Valerio Mastandrea, Miriam Leone, Monica Bellucci, Lorenzo Zurzolo<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: azione, thriller,
giallo<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 124’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Smaltita la dipartita
artistica di Luca Marinelli, interprete del primo Diabolik e prese le misure a
un sostituto, Giacomo Giannotti, forse meno carismatico del suo collega ma più
rispondente dal punto vista fisiognomico al personaggio creato dalle sorelle
Giussani, la saga dei fratelli Manetti, come suggerisce il titolo, approfitta
del vuoto narrativo lasciato aperto dalla misteriosa sparizione del
protagonista, per fare luce sulle oscure origini del personaggio. Come negli
omologhi prodotti americani la saga si premura di completare il percorso
conoscitivo del personaggio. Dopo averne definito il campo d’azione
(“Diabolik”) e approfondito la personalità del suo più acerrimo nemico
(“Diabolik - Ginko all’attacco”), "Diabolik - Chi sei?" conclude il
viaggio del suo antieroe non prima di averne svelato le origini, lasciando
intendere come fin da giovane età e ancor prima di diventare il famigerato
criminale in calzamaglia, il nostro possedesse l’intelligenza e la mancanza di
scrupoli che permettono di trasformare lo svantaggio iniziale in una nuova
possibilità di successo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyiD7TYDYQKol874K6PdknUAp4PZRxhRmtwnIYXp7d8czJ__ywaJ6UEISH1i3uEoiEAr-7i1ZddaF3mknR5Gy7iblzPW3TB7yLZ5EI4TKiQ15Wjaj9UIjmWB13RbnhOa5d25oDjOdWfb8Uo14Mf9IXUvI_5n2fGd2VJ3npeiYGEdwSDuZjROom/s600/diabolik%20chi%20sei.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyiD7TYDYQKol874K6PdknUAp4PZRxhRmtwnIYXp7d8czJ__ywaJ6UEISH1i3uEoiEAr-7i1ZddaF3mknR5Gy7iblzPW3TB7yLZ5EI4TKiQ15Wjaj9UIjmWB13RbnhOa5d25oDjOdWfb8Uo14Mf9IXUvI_5n2fGd2VJ3npeiYGEdwSDuZjROom/s320/diabolik%20chi%20sei.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Sulla scia dell’episodio
precedente “Diabolik - Chi sei?” conferma il cambio di rotta spostando
definitivamente l’attenzione sulle vite dei personaggi e sulla capacità dei
singoli di dominare il caos, dimostrando meno interesse verso quegli aspetti
iconografici che nel primo episodio avevano trovato apoteosi nella
rappresentazione stilizzata di Clerville, la città che fa da scenario alle
imprese di Diabolik, sempre meno protagonista in senso estetico delle avventure
del personaggio. Una svolta che riguarda anche una maggiore suddivisione del
tempo a disposizione per ciascun personaggio, meno sbilanciato sul singolo
anche a costo di dare minor spazio alla figura più riuscita della serie, Eva
Kant/Miriam Leone, costretta a dividere la scena femminile con la contessa
Altea di Vallenberg/Monica Bellucci.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">D’altronde “Diabolik -
Chi sei?” conferma la volontà di prendere le distanze dal modello delle sorelle
Giussani operandone una rilettura che non mette in discussione la narrazione
dei personaggi quanto la loro rappresentazione. In questo senso è come se le
immagini si rendessero conto dell’impossibilità di leggere le pagine di quei
fumetti come lo facevano le sue creatrici e che per questo decidesse di farlo
con gli occhi di oggi. Così facendo i difetti più volte imputati all’intera
operazione, e cioè il ritmo compassato dell’azione, la postura legnosa degli
attori, la recitazione incerta e persino il trucco posticcio, altro non
sarebbero che la reazione alla diversa prospettiva scelta dai registi per
guardare alla materia del film. D’altronde per i Manetti il genere è stato
sempre utilizzato come uno specchio deformante e divertito con cui rielaborare
le coordinate del mondo contemporaneo. Nel bene e nel male, la saga di Diabolik
ne ribadisce l’indipendenza artistica, qui mascherata da una produzione che è mainstream
solo in apparenza (a cominciare dal budget) e che però conserva lo spirito
anarchico delle origini. La prova lampante sta nel fatto di prendere attori di
grande impatto e fascino popolare per poi normalizzarne le caratteristiche che
li avevano imposti al nostro immaginario. Fatta eccezione per Mirian Leone,
uscita rafforzata da un'interpretazione che ne ha levigato il carisma, infatti,
gli altri interpreti sono come svuotati del loro armamentario e per questo sono
quasi irriconoscibili, alle prese con dei ruoli che sembrano levare a loro e ai
rispettivi personaggi l’appeal che il pubblico ha assegnato loro.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su ondacinema.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-9186387712274641002023-12-12T08:12:00.001+01:002023-12-12T08:12:00.132+01:00MI FANNO MALE I CAPELLI <p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Mi fanno male i capelli<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Roberta Torre<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Alba Rohrwacher, Filippo
Timi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 83’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Che quella di Monica sia
un'esistenza alla deriva c'è lo dice la prima sequenza ambientata sulla
spiaggia del litorale romano in cui la protagonista vaga a zonzo senza sapere
bene dove andare. La solitudine generale e il senso di smarrimento della donna trova
conferma nella natura di un contesto ambientale che rimanda a un approdo di
fortuna e a un viaggio terminato nel peggiore dei modi. Naufraga della vita,
Monica trova ristoro tra le braccia e le amorevoli cure del marito Edoardo,
disposto a tutto, anche a sopportare le conseguenze di una malattia che
stravolge la memoria e la reinventa a modo proprio, pur di restare con la sua
amata. È questo il punto di partenza di "Mi fanno male i capelli", il
nuovo film di Roberta Torre che ancora una volta torna a raccontare storie di
donne fuori dagli schemi come lo è stata la vita artistica e personale di
Monica Vitti, a cui il film rende omaggio immaginando che le visioni dei suoi
film più celebri, passati in rassegna nei modi e nei contesti più impensabili,
siano per la protagonista una sorta di specchio in cui la stessa può rivedere
la propria vita.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIrAHbvlKU70dFwoZrN_2fIGKk-y8xi-WhCANgg_LYwnK2giIav9t2Glgu7GUqVmxmtwtjwPLsdLSoqNrcAkVxWWdQOhyphenhyphenyS3pc1kGjxOfZ8wdtB7u4nVu_IVfZVW-fXWMBKmXKthyphenhyphen52H5bsZT97cVdxv-NlQrolLDv7ZdZMs1AdVFFetnd6DNv/s600/mi%20fanno%20male%20i%20capelli.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIrAHbvlKU70dFwoZrN_2fIGKk-y8xi-WhCANgg_LYwnK2giIav9t2Glgu7GUqVmxmtwtjwPLsdLSoqNrcAkVxWWdQOhyphenhyphenyS3pc1kGjxOfZ8wdtB7u4nVu_IVfZVW-fXWMBKmXKthyphenhyphen52H5bsZT97cVdxv-NlQrolLDv7ZdZMs1AdVFFetnd6DNv/s320/mi%20fanno%20male%20i%20capelli.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L'idea della Torre è
oltremodo originale perché nell'intenzione di rendere omaggio al celebre
personaggio raccontandolo al di fuori dei soliti contenitori, e dunque evitando
di celebrarla attraverso il ricordo di chi l'ha conosciuta e le immagini che ce
l'hanno resa famosa, la regista milanese inventa un dispositivo che non
rinuncia a farlo e che però si inventa una nuova maniera di presentarne le
gesta. Differente dal documentario creativo e dalla docufiction e nello stesso
tempo versione che li contiene entrambi, ridisegnandone le fondamenta, "Mi
fanno male i capelli" evita di far morire Monica Vitti una seconda volta,
immortalandola nel tempo che fu. Al contrario, reinterpretandola attraverso le
vicissitudini di un personaggio corrispondente e allo stesso tempo altro, a cui
si presta con la solita dedizione Alba Rohrwacher, ne riporta in vita il
ricordo collocandolo in un contesto, quello di oggi, che indirettamente
conferma l'attualità di un'arte, quella della Vitti, ancora oggi capace di
dialogare con il nostro tempo attraverso l'eternità dei suoi personaggi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Mentre racconta
l'evolversi della vicenda patologica, trovando di volta in volta il modo di far
corrispondere le parole e il contesto dei personaggi interpretati dalla Vitti a
quello del suo alter ego (un lavoro d'archivio non indifferente e di certo meticoloso
per l'efficacia dei vari accostamenti) la Torre fa procedere l'evoluzione
narrativa a quella formale, eliminando per volte successive la distanza tra
cinema e vita, per arrivare al punto in cui le due realtà, quella reale e
quella di finzione si compenetrano dando vita a un unico universo che nel film
corrisponde al sovrapposizione del destino che accomuna la persona al
personaggio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Scandito dai magnifici
costumi di Massimo Cantini Parrini e illuminato dalla calda e nostalgica
fotografia di Stefano Salemme, "Mi fanno male i capelli" riesce a
trovare<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un equilibrio tra la
predisposizione ad arricchire<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lo
spettacolo attraverso il desiderio di sperimentare nuove soluzioni sceniche, e
la necessità di rimanere in contatto con il suo pubblico cinematografico,
meravigliandolo con infinite possibilità di intersecare il repertorio
d'archivio con la camaleontica predisposizione della Rohrwacher, a cui fa da
spalla un Filippo Timi mai così asciutto come questa volta.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Progetto ambizioso quello di confrontarsi con
un nume tutelare del nostro cinema e allo stesso tempo di costruire una
metafora sulla persuasione della Settimana arte e sulla sua capacità di
influenzare il nostro immaginario, "Mi fanno male i capelli" regge il
confronto con il dovuto rispetto e senza voyeurismo, evitando di farsi
schiacciare dalla personalità della celebre attrice e dalle ambizioni poste a
premessa del progetto. Certo è che una volta compreso il meccanismo con cui la
regista costruisce la storia, lo stupore iniziale risulta in qualche modo
attenuato da una ripetitività che non assopisce il sentimento di nostalgia e il
fascino misterioso prodotto dalle immagini ma toglie qualcosa alla meraviglia
che all'inizio accompagnava le epifanie del film. Presentato in concorso alla
18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, "Mi fanno male i
capelli" è visibile nelle sale, distribuito da I Wonder Pictures.<o:p></o:p></span></p><br /><p></p><p>Carlo Cerofolini</p><p>(recensione pubblicata su ondacinema.it)</p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-76055933652071250132023-12-11T07:56:00.001+01:002023-12-11T07:56:00.158+01:00HOLIDAY: INTERVISTA A EDOARDO GABBRIELLINI<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Presentato alla Festa del
Cinema di Roma nel concorso Progressive Cinema – Visioni del Mondo di Domani,
Holiday di Edoardo Gabbriellini racconta la difficoltà della giovinezza
attraverso il mistero di una storia d’amore e morte. Del film abbiamo parlato con
Edoardo Gabbriellini.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Distribuito nelle sale da
Europictures il 23, 24, 25 ottobre, Holiday è una produzione Vision
Distribution, società del gruppo Sky, e CinemaUndici in collaborazione con The
Apartment Pictures, società del gruppo Freemantle, e Frenesy Film.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">I tuoi film partono
sempre da un’idea di armonia del paesaggio che in qualche modo contraddici con
immagini che un poco alla volta ne mostrano il lato inquietante. Così era
l’appenino tosco romagnolo de I padroni di casa, così è la riviera ligure di
Holiday, luogo ameno e allo stesso tempo scenario del presunto matricidio di
cui è accusata Veronica, la protagonista del film.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Effettivamente è così,
tra Padroni di casa e Holiday esiste un filo conduttore che secondo me è
rintracciabile nella tensione che attraversa entrambi. Si tratta di una luce
che porta con sé delle ombre.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La dicotomia del
paesaggio appartiene alla natura delle immagini, sempre in bilico tra realtà e
apparenza, tra un passato e un presente destinati a confondersi al punto di
mettere in crisi il giudizio dello spettatore. Tema, questo, che Holiday
affronta anche attraverso la lettera che Veronica immagina di leggere
all’uditorio del tribunale. In essa la ragazza si lamenta di essere ritenuta
colpevole dai media solo per il fatto di non corrispondere al modello
dominante. Holiday ha il pregio di far riflettere lo spettatore su questo
argomento, minandone continuamente le certezze che si è fatto. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il discorso
sull’apparenza c’era anche nel mio primo film e portava gradualmente allo
scoppio della violenza. In Holiday quest’ultima è più sottesa ed esistenziale
o, ancora meglio, antropologica. Il fatto di destrutturare la costruzione
narrativa mi serviva proprio per esasperare il gioco di specchi e di ombre
capaci di sparigliare le certezze dello spettatore che è spinto a rivedere
continuamente la sua posizione rispetto al racconto dei fatti e alle intenzioni
dei personaggi. Così funziona anche per le emozioni, sempre in bilico tra
reazioni di segno opposto. Il mio intento era quello di mettere chi guarda
nella posizione di chiedersi da che parte stare avendo dei dubbi sulla risposta
da darsi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Parlavi di un approccio
antropologico. In Holiday questo riguarda soprattutto i corpi su cui tu ragioni
presentandoci quelli delle due amiche, così diversi l’uno dall’altro da farci
orientare il giudizio rispetto alle loro azioni. Nel film le considerazioni
rischiano di essere condizionate dall’aspetto estetico. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Che ci piaccia o no siamo
condizionati dai canoni estetici che di volta in volta ci vengono imposti. In
taluni casi sono anche etici e morali. Basta guardare ciò che sta succedendo in
Medio Oriente in cui ci sono tutta una serie di cose che non si possono dire
proprio perché siamo condizionati da certi pregiudizi. Questo modo di pensare
credo sia alla base della drammaturgia del film.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgC9w7CAdmEZci_k0p9JnACNm4fCL6vq7Wb3rA-mtu-duyJrbI3_2gsY3zYdeB_3w6iB-wbOnznLLBdlml92n7laez2M0RD_4Ug1qfQs6uZrfclBrf2UXQizb6rXQq9On-QR1mn0GJsi1vI1UohfEaYfz_-4_0RzxBCZFp4f9WWal_O1OCoIMAP/s2048/HOLIDAY_Corradi_Frank_383-1-2048x1365.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgC9w7CAdmEZci_k0p9JnACNm4fCL6vq7Wb3rA-mtu-duyJrbI3_2gsY3zYdeB_3w6iB-wbOnznLLBdlml92n7laez2M0RD_4Ug1qfQs6uZrfclBrf2UXQizb6rXQq9On-QR1mn0GJsi1vI1UohfEaYfz_-4_0RzxBCZFp4f9WWal_O1OCoIMAP/s320/HOLIDAY_Corradi_Frank_383-1-2048x1365.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La sequenza iniziale è il
risultato di una mescolanza di formati e di drammaturgie capaci di evocare
un’altalena di sentimenti ed emozioni. Dal reale al surreale, dalla poesia alla
tragedia, l’eterogeneità dei primi minuti è la stessa che incontriamo lungo
tutto il film, di cui fanno parte certi movimenti di macchina che richiamano il
cinema dei grandi autori. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Sono d’accordo con te e
aggiungo che mai come oggi il cinema parla di se stesso. Nella sequenza
menzionata c’è anche un intervento che potrei definire letterario in cui, per
una volta, e solo per quella, ascoltiamo una musica extra diegetica, chiamata a
fare da cappello a una storia molto più ruvida e frontale della sua premessa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Non a caso la dolce
nostalgia di quella musica e la poesia del paesaggio marino di colpo
trascolorano nella freddezza entomologica delle fotografie dei cadaveri del
massacro di cui è accusata Veronica. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La freddezza di cui parli
deriva dal fatto che si tratta di fotografie scattate dalla polizia scientifica
per coadiuvare le indagini degli inquirenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Holiday ha uno sguardo
molto anticonformista anche nella scelta dei volti e dei corpi che mette in
scena. Parlo soprattutto di quelli femminili la cui energia e vitalità in certi
tratti mi ha ricordato quelli presenti nel cinema di Abdellatif Kechiche.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">In qualche modo il mio
tentativo era di avere una forma di discrezione nel modo di guardare queste
ragazze. Ho pensato spesso al cinema francese degli anni ottanta che in mezzo a
tanto altro è quello in cui mi sono formato. Da quei film ho voluto prendere la
delicatezza. Spero che tutto questo traspaia. Dopodiché mi fa piacere che tu
definisca il mio sguardo anticonformista perché è un aggettivo che mi piace. Da
parte mia c’è stata la volontà di mantenere la giusta misura tra me che
guardavo e le ragazze.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Soprattutto nella prima
parte, quando descrivi l’amicizia tra Veronica e Giada, i primi piani su di
loro sono davvero emozionanti perché i volti trasmettono come pochi l’acerba
bellezza della giovinezza. Parliamo di immagini di una purezza infinita.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Wow, mi prendo questi
complimenti e me li porto a casa con grande gioia. Le due ragazze mi hanno
aiutato a restituire questo brutale candore. Sono state loro a farmi avvicinare
quando dovevo. Suggerendomi il momento in cui dovevo spiarle da lontano o in altro
modo. Su di me hanno avuto un impatto fondamentale per capire che registro
linguistico dovevo usare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il piano sequenza che
dalla spiaggia entrava nell’aula di tribunale passando per la finestra
dell’edificio mi è sembrato un omaggio a Professione Reporter di Michelangelo
Antonioni. Rispetto al linguaggio fin lì utilizzato lo scarto segnala un
cambiamento importante, quello tra la giovinezza e l’età adulta. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ti ringrazio per le
parole. In quel caso avevo l’esigenza di aumentare il contrasto tra la
leggerezza di quattro ragazze che in spiaggia parlano di sesso in maniera
ironica e conflittuale e poi di colpo si ritrovano dentro l’atmosfera
claustrofobica di un drammatico processo. A essere messa all’angolo dalla vita
è una ragazzina di solo diciannove anni.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una giovinezza che tu
racconti come uno stato d’assedio.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Perché quella è davvero
così. Non c’è altro modo per descriverla. Credo che l’idea di raccontarla
usando una cornice di genere thriller servisse per esasperare questo tipo di
sentimento che peraltro condivido.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Le immagini lo esprimono
con inquadrature che sfruttano le architetture per segnare la separazione tra
la protagonista e il resto del mondo.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Perché è quello che mi
ricordavo di quell’età lì. Per descriverla mi ha aiutato avere un figlio
coetaneo di Veronica e Giada. Osservandolo ho ritrovato familiarità con quella
dimensione che, se ti ricordi, è di quelle dove non son previste sfumature e in
cui tutto è assoluto: i rapporti come le amicizie, con il migliore amico che è
anche in qualche modo il tuo amante, quello nel cui sguardo riconosci la
migliore versione di te. A lui si appoggiano le tue fragilità e l’altro fa
altrettanto. Sono cose che sento nel profondo e mi sembrava interessante
tentare di riprodurle.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7Io9lo9f14LDt3uHzS97qBFF4drBok3QRu7gf5NRds45dZ_pa0eAMNaLr14rRJ0onwzknukNjrl03ZmBQUXrVK2RM3BLp4r_WNo4VUdwjsk3hdTBtcXHLnB6x_0BpK1Sl6BAnZV39XWLKDPx0-vgedK62H3I3k_-9Vtj7iLVMFm2QJjZAPuva/s525/holiday.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7Io9lo9f14LDt3uHzS97qBFF4drBok3QRu7gf5NRds45dZ_pa0eAMNaLr14rRJ0onwzknukNjrl03ZmBQUXrVK2RM3BLp4r_WNo4VUdwjsk3hdTBtcXHLnB6x_0BpK1Sl6BAnZV39XWLKDPx0-vgedK62H3I3k_-9Vtj7iLVMFm2QJjZAPuva/s320/holiday.jpg" width="256" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Holiday è un film in cui
i dettagli fanno la differenza. Penso per esempio all’importanza dei colori che
oltre a una funzione premonitoria permettono di distinguere tra il passato e il
presente del racconto. <o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ovviamente i tuoi
apprezzamenti riguardano tutte quelle cose che ho cercato di perseguire nel
filmare la storia. Quando lo si fa speri sempre che il pubblico riesca a
coglierle dunque mi fa piacere che tu te ne sia accorto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Per la riuscita del film
risulta fondamentale il montaggio emotivo di Walter Fasano che mescola senza
soluzione di continuità spazio e tempo restituendo la vicenda come flusso di
coscienza.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il montaggio è stato
importantissimo. La struttura del film era già nella sceneggiatura prima di
andare sul set ma come ben sai il montaggio è la terza e ultima scrittura del
film. In questo la sensibilità di Walter ha arricchito ulteriormente il film.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica e Giada sono
interpretate da Margherita Corradi e Giorgia Frank che, al loro debutto sullo
schermo, risultano brave e credibili. Per alcuni registi la mancanza di scuola
è un vantaggio, per altri è vero il contrario.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica e Giorgia non
avevano mai pensato di diventare attrici. Per rispondere alla tua domanda,
penso che ogni volta dipenda dai progetti. Sai che ho lavorato con grandi
interpreti. Qui, invece, mi confronto con attori non professionisti. Per l’età
trattata dal film avevo bisogno di qualcosa di acerbo negli atteggiamenti: nel
modo di muoversi e di toccarsi, come pure di occupare lo spazio filmico. Da qui
l’idea di fare uno street casting di quel tipo, andando a pescare un talento
ancora inconsapevole di esserlo. Dopo aver trovato Margherita abbiamo interpellato
le sue amiche e tra queste abbiamo scelto Giorgia che conosce da sempre
Margherita. La loro amicizia ha regalato al film l’amicizia e l’intimità che
cercavamo e loro sono state veramente brave a renderlo per tutta la durata
delle riprese.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Per concludere volevo
chiederti che tipo di cinema piace a Edoardo Gabbriellini.<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Mi piace quello che mi
lascia un po’ di spazio a me che lo guardo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Come il tuo film nei
confronti dello spettatore.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Così mi auguro.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(intervista pubblicata su taxidrivers.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-60222640522886005962023-12-10T08:51:00.001+01:002023-12-10T08:51:00.134+01:00HOLIDAY (2023)<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Holiday</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Edoardo Gabbriellini<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Margherita Corradi,
Giorgia Frank, Alessandro Tedeschi<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 102’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Che sia la traduzione
inglese della parola vacanza, da intendersi sia come periodo di ferie e relax
sia come evasione dai problemi della vita, o che sia il nome di un hotel, ha
poca importanza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Quell’ “holiday” di
Edoardo Gabbriellini è, in realtà, molto di più. È la storia di Veronica e
Giada. La prima, accusata dell’omicidio della madre e dell’amante di lei, ha
scontato 22 mesi di prigione. La seconda è la sua migliore amica, pronta a
starle vicina e sorreggerla in caso di bisogno.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj61lQ-wUfYdp2Gxv8-SMZfXmKnefDAQeNDDLuJU8MGvmV2d4nNKQ8iekgwgLFWpk5accv493OVrc4JhgmSrNf2R8pKZmitEYteTKSKh6ibJ0gOwrr1Ge8FYIBuzx2vVkkdrjdmVDMNVa0YgzHZ3lJ_HnE7z67NpK7-nuBlQX2v5o9oZT8vb3kL/s525/holiday.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj61lQ-wUfYdp2Gxv8-SMZfXmKnefDAQeNDDLuJU8MGvmV2d4nNKQ8iekgwgLFWpk5accv493OVrc4JhgmSrNf2R8pKZmitEYteTKSKh6ibJ0gOwrr1Ge8FYIBuzx2vVkkdrjdmVDMNVa0YgzHZ3lJ_HnE7z67NpK7-nuBlQX2v5o9oZT8vb3kL/s320/holiday.jpg" width="256" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma tornare alla vita di
sempre in una situazione del genere è tutt’altro che facile. E anche quello che
sembra semplicemente uno svago per una giovanissima si trasforma subito in
un’esca che stampa e non solo sfruttano in maniera negativa. Se, quindi, uscire
in discoteca con l’amica la sera in cui si ritrova finalmente in libertà non
sembra essere una scelta indovinata per Veronica, sarà ancora peggio la
reazione di Giada alle soffocanti pressioni da parte delle persone nei
confronti dell’amica che si reca semplicemente al cimitero alla tomba della
madre.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">A essere soffocanti,
però, non sono solo le pressioni dall’esterno (e dall’interno), ma anche la
struttura e la visione della vita da parte delle due giovani. La sensazione,
per lo spettatore, è quella di affogare continuamente e rimanere confinato
nelle mura domestiche, anche simboliche, rappresentate dal modo di porsi della
giovane quasi sempre chiusa in sé stessa e mai davvero in grado di dire la sua
verità.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Anche i continui primi
piani e l’insistenza nel cercare di carpire emozioni diverse da Veronica e
Giada sono elementi che costringono lo spettatore a non distrarsi e a rimanere
confinato, come le due protagoniste stesse, all’interno di questo hotel nel
quale sembra essersi consumato l’efferato delitto. Ma è andata davvero così?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L’intento di Gabbriellini
è quello di confinarci a osservare senza necessariamente capire. O meglio,
senza necessariamente darci una spiegazione a ogni singola scena, ogni singola
azione e ogni singolo pensiero. Non entriamo mai davvero nella mente di colei
che è accusata da tutti di essere la responsabile del duplice omicidio. Allo
stesso modo non abbiamo prove né in un senso né in un altro. Come il film
stesso, anche la storia di Veronica è continuamente in bilico. Non abbiamo
prove della sua innocenza né della sua colpevolezza. Anzi, nel momento del
processo e delle testimonianze di amici e parenti sembriamo non riuscire a
incastrare nel modo corretto i pezzi del puzzle. Qualcosa sembra sfuggire,
continuamente.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se nel primo istante ci
troviamo ad accusare una persona, nell’istante immediatamente successivo ci
troviamo costretti a cambiare idea. E l’abilità di Gabbriellini sta proprio in
questo: porre il proprio pubblico davanti a un bivio senza tendergli la mano,
senza aiutarlo a trovare la strada corretta. Seguendo questa logica
(de)costruisce il suo stesso film, a metà tra un giallo e un processuale, nel
quale, come nella migliore delle tradizioni, tutti sono innocenti e tutti sono
colpevoli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Addirittura arriva a
trovare spazio per inserire anche una parentesi più onirica che, però, diventa
un tutt’uno con la realtà, facendo dubitare i protagonisti stessi di ciò che
vedono e ciò che fanno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Infine, se c’è
un’attenzione particolare, per ovvie ragioni, sul rapporto conflittuale che
Veronica ha con la madre, evidenziato da differenze non solo caratteriali (e
che è anche ciò che la incrimina inizialmente), non c’è purtroppo la stessa
attenzione per altri personaggi della storia, come l’amante della madre o l’amica
che testimonia al processo, forse volutamente non sviluppati per non
distogliere l’attenzione dal focus della narrazione.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-77761429983062867662023-11-12T07:33:00.001+01:002023-11-12T07:33:00.146+01:00TE L'AVEVO DETTO<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Te l’avevo detto</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">di Ginevra Elkann<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">con Valeria Bruni
Tedeschi, Valeria Golino, Alba Rohrwacher<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">durata: 100’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Uscito nel 2023,
ambientato più o meno intorno a quest’anno, ma col sapore di qualcosa di ben
più datato. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Alla sua seconda prova
alla regia Ginevra Elkann con il suo “Te l’avevo detto” prova a ripartire più o
meno da dove era rimasta con “Magari”.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZpStfRJv7EsnpUgU3bMPupNVEEuQUAJGLK1bPXm5enIvzW89V2DfFfUwzUt27sj4YCy_8EPDlisSQrKAtNGr4qwOxaZcuPBzJAX82msy4E84NrUKh2z69axxgeMr5sk3NDBr4Wu0JY-H0frzNwPmEIalYt98o-Meo8E7d6lmYhwm8YrdCgkAg/s600/te%20l0avevo%20detto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZpStfRJv7EsnpUgU3bMPupNVEEuQUAJGLK1bPXm5enIvzW89V2DfFfUwzUt27sj4YCy_8EPDlisSQrKAtNGr4qwOxaZcuPBzJAX82msy4E84NrUKh2z69axxgeMr5sk3NDBr4Wu0JY-H0frzNwPmEIalYt98o-Meo8E7d6lmYhwm8YrdCgkAg/s320/te%20l0avevo%20detto.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Qui allarga la questione
a più personaggi, trasformando il film in un dramma corale dove non c’è un
protagonista assoluto, se non si considera l’agire in maniera scontata e
prevedibile, come il titolo stesso anticipa. A intrecciarsi sono più
storie e più dinamiche, tutte con lo stesso filo conduttore. Abbiamo la donna
che vuole vendicarsi del tradimento del defunto marito con una pornostar, ma
viene ostacolata dalla figlia bulimica. Abbiamo il sacerdote drogato che deve
fare i conti con il suo passato che riaffiora quando la sorella americana
arriva a Roma con le ceneri della madre. E abbiamo l’alcolizzata che ha perso
la possibilità di prendersi cura del figlio, affidato al padre, che cerca di
tenerli lontani.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Il tutto all’interno di
una Roma che, pur preparandosi al Natale, soffre una condizione climatica
estrema con picchi di calore mai percepiti prima. Ed è proprio in questo
scenario apocalittico che si dipana la vicenda di tutti questi personaggi che
si ritrovano quasi per inerzia ad agire come previsto e prevedibile. I colpi di
scena sono solo quelli sulla modalità. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Come il titolo stesso
(pre)annuncia, gli impliciti "te l'avevo detto" sono alla base
dell'intera vicenda, o meglio del susseguirsi degli eventi che sembrano vagare
al pari dei personaggi stessi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Immersi (e persi) nella
"nebbia" asfissiante di una Roma troppo calda, tutti i personaggi
agiscono per il proprio interesse, senza tenere conto di ciò che succede loro
intorno. L'egoismo è ciò che sembra prevalere e avere la meglio in un film
che non racconta, ma semplicemente mostra una serie di avvenimenti che hanno il
medesimo scenario e la medesima conclusione. Collegati soltanto da questo
elemento, gli eventi scorrono sullo schermo cercando un guizzo che non arriva
per non andare contro la logica nella quale è inserito il film stesso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Modalità fin troppo
prevedibili che non portano a una vera conclusione. O probabilmente cercano di
suscitare nel pubblico una reazione, una riflessione, facendosi “aiutare” anche
dall’incompletezza dei vari quadri “familiari”. Non c’è una vera connessione
tra loro, fatta eccezione per il meteo e per lo sviluppo delle dinamiche.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Personaggi al limite del
grottesco, del sopra le righe che, però, restano in superficie senza essere
davvero approfonditi come, invece, avrebbero potuto. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Che Ginevra Elkann abbia
voluto dirci che, comunque si agisca, si finisce sempre con il cadere nei
"tranelli" che la vita ci confeziona? Nonostante i personaggi
provino a trovare una via d'uscita e a evolvere, le strade sembrano senza sfondo.
Come lo è la nebbia che li attanaglia e che li ingloba.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">E che rischia di
inglobare anche lo spettatore.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-3000080818917275932023-11-11T07:13:00.001+01:002023-11-11T07:13:00.145+01:00LA ZONA DI INTERESSE<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">La zona di interesse</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Jonathan Glazer<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Christian Friedel,
Sandra Huller<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">UK, Polonia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 106’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">In un'epoca in cui la
crisi delle sale e la disaffezione delle generazioni più giovani ha spinto
anche chi si professa cinefilo a rispolverare i discorsi sulla morte del
cinema, dubitando sulla capacità di incidere nelle nostre esistenze rivelandone
le complessità meno evidenti, un film come "La zona d'interesse"
riporta indietro le lancette della Storia mettendo in qualche modo lo
spettatore nella stessa condizione di quei fortunati che si trovarono ad
assistere alle proiezioni dei primi cortometraggi dei Fratelli Lumière. In un
tempo di sensi anestetizzati e coscienze sopite il film di Jonathan Glazer
prende in contropiede la vista e lo stomaco, raccontando l'Olocausto come
ancora non si era mai visto sullo schermo. Lungi dall'essere un esercizio di
stile "La zona d'interesse" restituisce alla forma la sua
caratteristica principale, ovvero quella di accrescere il senso del contenuto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Abbracciando il concetto
di indicibile relativo alla tragedia della Shoah, Glazer fa la cosa più
semplice e allo stesso tempo più difficile, celando il misfatto agli occhi
dello spettatore e in parte a quelli degli stessi personaggi, attraverso il
muro di cinta che separa il campo di concentramento di Auschwitz dallo spazio
famigliare in cui la famiglia del comandante della guarnigione vive come niente
fosse, assorbita dalla bellezza bucolica del paesaggio e viziata dai privilegi
di una posizione lavorativa di prestigio, quella del colonnello Rudolf Höss, in
cui lo sterminio non implica nessuna questione morale e dove l'unico problema è
quello di elevare al massimo l'efficienza dei carnefici e dello loro procedure
logistico-matematiche.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmo61wGn96MV09KZQSqe7gJUS-tD4z8pVV4xIWsoeN5mDKHdmiNMwYLsy07k08yH0u_4JqnGPJ1HyB-ajHQuM0lEcElFjmoa7KdWbAV1_o0G199dn9uebcvNust0N4o3_aKL8TXLyZ16GN6iNHp4_A_KrL9h-bG05KlvPUKgmftLn_UsoEb_jd/s1200/la%20zona%20di%20interesse.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmo61wGn96MV09KZQSqe7gJUS-tD4z8pVV4xIWsoeN5mDKHdmiNMwYLsy07k08yH0u_4JqnGPJ1HyB-ajHQuM0lEcElFjmoa7KdWbAV1_o0G199dn9uebcvNust0N4o3_aKL8TXLyZ16GN6iNHp4_A_KrL9h-bG05KlvPUKgmftLn_UsoEb_jd/s320/la%20zona%20di%20interesse.jpg" width="213" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Per mettere in scena
l'orrore Glazer non spreca neanche un minuto dei 105 a sua disposizione. Prova
ne siano i titoli di testa, rappresentati in toto dall'intestazione del film,
destinata a scomparire un poco per volta dallo schermo, sopraffatta dai rumori
della "morte al lavoro" e assorbita dal buio di una dissolvenza in
nero che, insieme al finale altrettanto astratto, dominato com'è
dall'improvviso presagio della fine che assale Höss, inchioda l'incoscienza dei
personaggi all'abisso delle proprie anime.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La differenza fra bene e
male diventa così una questione legata alla dicotomia dello sguardo, laddove
l'invisibile smette di essere tale quando si rivolge alla vita del carnefice,
immersa in una fotografia surreale, tanto nitida e pulita quanto monocorde e
glaciale, capace com'è di far diventare la bellezza vuota e piatta della sua
illuminazione sinonimo della crudele prosaicità di cui si colora il quotidiano
della famiglia Höss predisposta per natura a non farsi toccare da quanto accade
al di là del muro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Scegliendo di raccontare
gli aguzzini e non le loro vittime Glazer fa una scelta di campo che riguarda
l'oggi, ragionando sulla banalità del male attraverso un identikit in cui il
paradosso della famiglia tedesca, incurante dell'abominio che le sta accanto,
moltiplica all'ennesima potenza quello dell'Occidente nei confronti delle
guerre che del tutto o in parte ha contribuito ad accendere.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Come "Il figlio di
Saul" anche il film di Glazer fa del fuoricampo un elemento fondante. A
differenza di László Nemes, però, Glazer sceglie un punto di vista opposto.
Tanto quello del regista ungherese era il risultato di una ricognizione interna
al personaggio, tanto quello del regista inglese è il risultato di
un'osservazione isolata ed esterna al contesto. Se "Il figlio di
Saul" traeva forza da una narrazione febbrile e allucinatoria "La
zona d'interesse" propone allo spettatore un'osservazione raggelata ed
entomologica, capace di resistere all'impassibilità dei personaggi per cogliere
l'attimo in cui la normalità diventa affezione patologica. Debitore nei temi e
nella forma del Michael Haneke de "Il nastro bianco", "La zona
d'interesse" deve parte della sua riuscita a un dispositivo che da qui in
avanti potrebbe costituire un compendio pratico da mostrare agli studenti per
far comprendere la bellezza e la potenza del linguaggio cinematografico. Valga
per tutti il modo in cui Glazer restituisce dignità a campo e controcampo,
altrove segnale di povertà registica (lo aveva già fatto Paul Thomas Anderson
con "Licorice Pizza"), qui determinante nel restituire la vertigine
derivata dall'orrore del quotidiano, quando, dopo una serie di sequenze girate
secondo un unico punto di vista e volte a introdurci nell'ovattata quotidianità
della famiglia Höss, a spalancare le porte dell'inferno è l'uso improvviso del
campo opposto all'immagine precedente, mostrandoci la prospettiva della fornace
del campo di concentramento, visibile in tutta la sua atroce abiezione dietro
le spalle del padrone di casa. È la prima volta che succede e tanto basta a
cambiare la storia del film che da quel momento non potrà più mondarsi dal
peccato originale di quell'immagine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Adattamento
cinematografico del romanzo omonimo del 2014 scritto da Martin Amis, "La
zona d'interesse" è stato presentato in concorso al Festival di Cannes
2023, dove ha vinto il Gran Premio della Giuria. Prodotto dalla A24, il film di
Glazer è atteso nelle sale il 25 gennaio 2024, distribuito da I Wonder
Pictures. Da vedere e rivedere per non dimenticare.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su ondacinema.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-89793229328243581812023-11-10T07:47:00.001+01:002023-11-10T07:47:00.137+01:00ERAVAMO BAMBINI<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Eravamo bambini</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">di Marco Martani<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">con Alessio Lapice,
Lucrezia Guidone, Giancarlo Commare<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">genere: drammatico,
thriller<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">durata: 101’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Facendo leva sul riuscito
scritto di Massimiliano Bruno, su un cast corale molto ben assortito e
calibrato e su un montaggio che aiuta e dà un tocco ancora più “spaventoso” al
tutto, il film di Marco Martani Eravamo bambini racconta una storia dove a prendere
vita è il classico modo di dire “la vendetta è un piatto che va servito
freddo”. Il film, presentato nell’ambito della Festa del Cinema di Roma ad
Alice nella città, nella categoria Panorama Italia, è prodotto da Minerva
Pictures, Wildside, Vision Distribution e distribuito da Europictures.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9vO92SYMiKvam-4onNrtUZKnNkFn_sEg6dthmLOhZA4U5Zmve8FB91cM-hYTufdLrmtrV1ovaz4yqDSC7WYJbVSZZ1hRfRmwUbdhyphenhyphensPdiDuc6S9kVeZYocf-mdnLvANACJsQClGTIaD1XSzXRFwybNOEMsq1WgpJxVPzwYNDlIYuImiba4pq1/s1280/eravamo%20bambini.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9vO92SYMiKvam-4onNrtUZKnNkFn_sEg6dthmLOhZA4U5Zmve8FB91cM-hYTufdLrmtrV1ovaz4yqDSC7WYJbVSZZ1hRfRmwUbdhyphenhyphensPdiDuc6S9kVeZYocf-mdnLvANACJsQClGTIaD1XSzXRFwybNOEMsq1WgpJxVPzwYNDlIYuImiba4pq1/s320/eravamo%20bambini.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Tutto inizia la notte in
cui un giovane trentenne viene arrestato dai carabinieri per essere stato
trovato con un coltello con il quale intendeva minacciarli. L’interrogatorio è
semplice: il giovane non intende pronunciare neanche una parola. Poi improvvisamente,
facendo riferimento ai fuochi d’artificio, comincia lentamente a raccontare
qualcosa che appartiene al passato. Un passato che riaffiora anche sullo
schermo con un intreccio perfetto costruito e montato con particolare
attenzione in modo da non rivelare niente prima del tempo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Ed ecco che, tramite
flashback e dialoghi dai quali trapelano tematiche e dinamiche che dal passato
si ripercuotono nel presente, cominciamo a rimettere insieme i pezzi di un
puzzle non di semplice “digestione”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Inizialmente sbalzati da
un personaggio all’altro e da una storia all’altra senza capire in che modo
esse possano essere collegate, tutto appare chiaro quando i tasselli si
avvicinano e ricompongono un insieme che da troppo tempo era rimasto
inconcluso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Eravamo bambini o, in
qualche modo, lo siamo ancora? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">In parte Martani sembra
farci riflettere anche su questo e sulle conseguenze che un avvenimento possa
portare nella vita delle persone, anche a distanza di tempo. Ne sono una
dimostrazione Gianluca, celerino che non riesce a mantenere troppo autocontrollo
soprattutto in situazioni in cui dovrebbe portare equilibrio; Walter, nascosto
dietro la maschera del “cantante” Inferno, inglobato dai propri tatuaggi che
gli coprono anche il volto e che dimostra di avere sentimenti solo quando è con
la figlia; Margherita, l’unica ragazza del gruppo disposta a trovare uno svago
dai propri pensieri passando da un uomo all’altro; Andrea, il fratellino di
Margherita, con una forte dipendenza dalla droga che spesso lo mette nei guai;
Cacasotto, che già dall’emblematico nome, è colui che più di tutti è rimasto
ancorato al passato e ai ricordi di un passato fin troppo lontano solo per
paura e, infine, Peppino, quello apparentemente più distante e lontano, ma che,
come tutti gli altri, ha sofferto e soffre senza nemmeno rendersene conto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">A fare da cornice a
questi 5 protagonisti, dei quali sappiamo qualcosa solo grazie ai brevissimi
“capitoli” iniziali che li riguardano e alla ricostruzione di un passato che
continua ad appartenere loro e a essere tatuato sulla loro pelle, ci sono i
genitori. Quegli stessi genitori che sono base e conseguenza della vita e delle
scelte di ognuno dei protagonisti, nel bene e nel male. Perché, seppur in
maniera più nascosta, un altro tema importante del film di Martani è anche la
famiglia e, con lei, le conseguenze che un buono o cattivo rapporto può
portare. Continue sfaccettature dello stesso aspetto sono quelle che appaiono
nel film, dalle famiglie con genitori e figli dei flashback alla famiglia
formata soltanto da Margherita e Andrea, a quella formata da Walter e sua
figlia, arrivando a quella che i cinque (sei) protagonisti hanno fatto nascere
grazie alla loro amicizia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Un film cupo che lascia
decidere allo spettatore se quella piccola stradina in mezzo al niente porti
dritta all’oscurità o a una speranza che potrebbe sapere di redenzione. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-40373366716721356712023-10-06T07:08:00.001+02:002023-10-06T07:08:00.147+02:00NATA PER TE<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Nata per te</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Fabio Mollo<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Pierluigi Gigante,
Teresa Saponangelo, Barbora Bobulova<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 102’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Luca e Alba. Perché alla
fine di tutto Fabio Mollo con il suo “Nata per te” vuole dirci proprio questo: Luca
e Alba. Niente è più forte, niente è più importante del rapporto e del legame
tra queste due anime, disposte a lottare, a sfidare le regole e le convenzioni,
ad andare contro tutto e tutti. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il nuovo film di Fabio Mollo,
già dal titolo, ci presenta il fulcro della storia, ripetuto come un mantra
durante il susseguirsi degli eventi: “Alba è nata per te”, per Luca, pronto ad
accoglierla fin da subito. Ma andiamo con ordine. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">“Nata per te” racconta la
storia vera di Luca, giovane ragazzo omosessuale, e di Alba, bambina partorita
in ospedale e lì abbandonata, pronta per essere data in affidamento e poi
adottata. Apparentemente è una storia normale, se non fosse che Alba ha la
sindrome di down, nessuna famiglia è disposta a prendersene cura e Luca, che
sarebbe l’unico intenzionato a farlo, non può in quanto single (e omosessuale).
O meglio può prenderla in affidamento, ma solo per poco, a discrezione del
magistrato al quale è affidato il “caso”. Ma già dal primo, temporaneo, e fin
troppo breve, affido scatta qualcosa tra Luca e Alba. I due sembrano destinati
a dover vivere insieme.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn52L98skxC1A7r2Lny2OVutsBYMc69FE2jicVBZypD9jresJLl85txJ4hvwNj_4U06UQ4C5S64hlcZpYwq2dJNss1uQVuRtVsjpjNVu62yc8QhRLD42faNNt3Gwbkc1pnL-iVMk4lnKzBqmVOh3tVIHYb391YORikVQQ2-vnELrENpnM6qO-h/s900/nata%20per%20te.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="630" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn52L98skxC1A7r2Lny2OVutsBYMc69FE2jicVBZypD9jresJLl85txJ4hvwNj_4U06UQ4C5S64hlcZpYwq2dJNss1uQVuRtVsjpjNVu62yc8QhRLD42faNNt3Gwbkc1pnL-iVMk4lnKzBqmVOh3tVIHYb391YORikVQQ2-vnELrENpnM6qO-h/s320/nata%20per%20te.jpg" width="224" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una storia che Fabio Mollo
decide di raccontare in maniera naturale, lineare e senza pietismi. È veramente
la reale e autentica storia di due anime che si incontrano, grazie a un destino
che, in questo caso, cerca di fare il possibile per far allineare tutte le
congiunzioni astrali. Ad alimentare questo potente legame contribuiscono,
cinematograficamente parlando, degli efficaci flashback che il regista
inserisce, intervallandoli al presente, anche per aiutarci a comprendere il
personaggio di Luca, le sue paure, le sue scelte e la sua crescita nel tempo. Se
all’inizio del film ha accanto il fidanzato Lorenzo che sembra intenzionato a
diventare padre quasi quanto lui, nei flashback lo vediamo sempre in compagnia
di un coetaneo, Rocco, che lo incita a scoprire il mondo e andare oltre. Lo
invita a sognare, prendendo come riferimento la possibilità di arrivare su
Marte. <o:p></o:p></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ed è proprio su questo punto
che si sviluppa la storia e la crescita di Luca. Anche perché la speranza di
riuscire ad arrivare su Marte è il perfetto parallelismo con la speranza di
riuscire a ottenere l’affido di Alba. Se l’uomo è riuscito ad arrivare fino al
pianeta rosso non sarà così impossibile per un ragazzo single e omosessuale
ottenere l’affido di una bambina. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se da una parte, quindi,
Lorenzo cerca di far ragionare Luca, tenendolo con i piedi per terra, per
quanto possibile, elencandogli tutta una serie di ostacoli e sottolineando che,
a prescindere da tutto, non potranno mai essere una famiglia al pari delle
altre, dall’altra parte il protagonista ha già preso il volo, conscio che
niente e nessuno potrà fermarlo. Luca è determinato a ottenere ciò che vuole. Anche
se Lorenzo continua a ripetergli che, una volta ottenuto l’eventuale affido,
Alba, per la legge, sarà solo la figlia di Luca, lui non demorde e continua a
testa bassa a puntare il suo obiettivo: quello di dare amore e affetto a una bambina
momentaneamente abbandonata e sola al mondo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ad aiutare Pierluigi Gigante,
che presta il volto a Luca, c’è Teresa Saponangelo nei panni di un’avvocata
disposta a tutto pur di affermarsi e soprattutto affermare i diritti di
chiunque.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un film che parla a tutti,
mostrando tanti modi per essere e diventare una famiglia. Andando oltre
pregiudizi e leggi apparentemente insormontabili, ovunque si può creare un
legame talmente forte da dare vita a una famiglia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">In “Nata per te” non c’è
solo la famiglia “protagonista”, quella che vogliono formare Luca e Lorenzo insieme,
non c’è solo quella che si forma tra Luca e Alba. Ce ne sono tantissime altre,
da quella dell’avvocata, che, da sola, cresce i suoi due gemelli, a quella del
fratello di Luca, pronta ad allargarsi nuovamente con l’arrivo di una nuova bambina,
e tante altre.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Fondamentale, però, è che
nessuna sia considerata o pensi di essere più importante dell’altra o con più
valore. Perché se c’è una cosa che “Nata per te” vuole insegnare è proprio
questo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-3931845301006476952023-10-03T07:09:00.001+02:002023-10-03T07:09:00.140+02:00THE PALACE<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">The Palace</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Roman Polanski<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Oliver Masucci, Luca
Barbareschi, Mickey Rourke<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Svizzera, Italia,
Polonia, Francia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: commedia<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 100’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un hotel di lusso per
celebrare nel migliore dei modi l’arrivo del nuovo millennio con personaggi che
definire stravaganti è dire poco. Questa la premessa del nuovo film di Roman
Polanski “The Palace”, già presentato a Venezia, fuori concorso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tante personalità di
rilievo del cinema, dell’aristocrazia, del mondo dello spettacolo e della
politica si incontrano (e scontrano) all’interno di questo enorme edificio
posto apparentemente nel nulla e circondato solo e soltanto da neve.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tutto ha inizio con il
manager dell’hotel Hansueli, punto di riferimento per tutti coloro che lavorano
e alloggiano nella struttura, che impartisce le ultime dritte e gli ultimi
comandi ai suoi sottoposti poco prima che inizi la giornata (e la notte) più
importante, e lunga, dell’anno. Tutto deve essere perfetto, tutto deve essere
al meglio e tutto deve soddisfare i clienti. Ma ovviamente, come nella migliore
delle tradizioni, non tutto andrà come previsto. E lo si capisce subito, non
importa aspettare la direzione che prenderà il film. Si possono prendere, come
esempio, gli “sberleffi” che i cuochi fanno non appena il manager e il cuoco
sono lontani dalla cucina. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tutto è portato al limite
dell’assurdo e del paradossale: dai personaggi, esageratamente macchiettistici
e stereotipati, alle assurde gag già viste.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj2bSg9QnbQ4bStrg-8DoBMeFvJcyBQMG2lpaDrSR5fJItiTji5Y67mqFhk6rWDoNRRpreqHgc06Eh-6GL2TAgOGk4P5WmCs8kLP2nQTEnoMRSV28A01RYfsCIUdr_uKL1p6DAfAmNJJJqTRHx4NUllGis5ALzopGBwjEymLYTB_lH245Txla0/s1080/the-palace.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="756" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj2bSg9QnbQ4bStrg-8DoBMeFvJcyBQMG2lpaDrSR5fJItiTji5Y67mqFhk6rWDoNRRpreqHgc06Eh-6GL2TAgOGk4P5WmCs8kLP2nQTEnoMRSV28A01RYfsCIUdr_uKL1p6DAfAmNJJJqTRHx4NUllGis5ALzopGBwjEymLYTB_lH245Txla0/s320/the-palace.jpg" width="224" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un film che, se si pensa
al grande nome dietro la macchina da presa, fa quasi storcere il naso, ma che ha,
indubbiamente e a prescindere da tutto, qualcosa da dire. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">I personaggi, forse
troppi, affollano l’hotel e il film, creando un effetto quasi dispersivo. Volutamente
non troppo definiti, incompleti e a tratti sovrapposti tra loro, contribuiscono
a rendere vero e autentico il caos tipico del Capodanno, quel Capodanno vissuto
dallo stesso Polanski proprio in un hotel del genere e che, da più di 20 anni
si è instillato nella sua mente pronto a venire fuori sotto forma di film.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se gli unici personaggi
che quantomeno provano a mantenere un po’ di dignità sono camerieri,
inservienti e personale di servizio in generale, gli ospiti sono a metà strada
tra bambini all’asilo e animali allo zoo. Basti pensare a tutta la serie di
accadimenti che si susseguono per non fermare mai il ritmo costante e crescente
della commedia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Che l’intento di Polanski
fosse (anche) quello di omaggiare i cinepanettoni vanziniani? Possibile, vista
la struttura del film, ma è difficile pensare che lo scopo finale fosse
soltanto questo. Anche perché di omaggi e riferimenti il film è pieno. Tra
quelli più evidenti a quelli più nascosti Polanski non si tira indietro all’idea
prima di tutto di divertirsi e far divertire e, poi, di presentare sullo
schermo un mix di tanti titoli, più o meno noti. Dalle gemelline che arrivano
in un hotel e che richiamano, nonostante la commedia, lo spaventoso capolavoro
di Kubrick, alla dipartita improvvisa di uno degli ospiti che si trasforma
nella perfetta occasione per mettere in scena alcuni dei più riusciti momenti
dell’esilarante “Weekend col morto”. Insomma i richiami non mancano, nemmeno
nei personaggi stessi, da un Barbareschi a metà strada tra il Christian De Sica
dei cinepanettoni e Rocco Siffredi, a un Mickey Rourke che, estremizzato in
tutto e per tutto, lotta contro chiunque, sfidando il millenium bug. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ma la genialità del
regista sta anche nel riuscire a inserire e bilanciare con la commedia fatti
realmente accaduti. Ed ecco comparire sullo schermo di una tv la figura di Vladimir
Putin, realmente salito al governo a cavallo del nuovo millennio, che, se
inizialmente crea un minimo interesse da parte dei magnati russi in vacanza,
viene, poi, immediatamente dimenticato, passando in secondo piano. E a far
sorridere è il “legame” tra il suo discorso, che fa intendere privazioni di
libertà e diritti, e la dissolutezza portata avanti dai giovani che lo stanno
vedendo in tv che decidono di divertirsi, tra alcool e belle donne. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il “The Palace” di Roman
Polanski, dunque, regala leggerezza e divertimento in modo forse troppo “semplicistico”
riuscendo quasi a far dimenticare per un’ora e mezzo che il regista dietro la
macchina da presa è un premio Oscar. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">L’omaggio, però, ai
cinepanettoni italiani, e a uno scanzonato e sano divertimento, non solo per
chi guarda, ma anche per chi crea l’opera, se questo era l’intento, è riuscito.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-64246496489727884782023-09-26T07:03:00.001+02:002023-09-26T07:03:00.146+02:00ASSASSINIO A VENEZIA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Assassinio a Venezia</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Kenneth Branagh<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Kenneth Branagh,
Kelly Reilly, Michelle Yeoh<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">USA, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: giallo, thriller<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 103’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Le atmosfere più cupe,
scure, a tratti orrorifiche del nuovo capitolo dell’Hercule Poirot di Kenneth Branagh
non spengono l’entusiasmo per l’ennesimo riuscito giallo alla Agatha Christie.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il regista inglese torna
a dirigere e impersonare il celebre detective, ma stavolta lo fa in terra
italiana, più precisamente a Venezia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Poirot, “sorvegliato”
continuamente da una guardia del corpo da lui stesso assoldata (un Riccardo
Scamarcio che cerca di mimetizzarsi accanto agli attori internazionali), si
vede costretto a interrompere la sua quotidiana routine per seguire un caso
suggeritogli da una sua vecchia amica e scrittrice di gialli, alla ricerca di
nuovi spunti per i suoi romanzi. Il detective partecipa, quindi, a una festa di
Halloween al palazzo dell’ex cantante lirica Rowena Drake. La festa viene,
però, scombussolata da un’infermiera medium che cerca di mettere in contatto Rowena
con la figlia defunta precedentemente. A Poirot lo spettacolo non va a genio e
lo smaschera subito salvo poi scoprire l’assassinio della medium stessa e
trovarsi costretto a indagare su questo, sul delitto che ruota attorno alla
figlia di Rowena, apparentemente morta suicida, e a molto altro ancora. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj38rcrd3anmf7y4cMap-8CyAaqHeciU3w3LPcKgK4xNtFBinRI8OPC4W0a88gPwgDHDw3AwsnlDSoaZ0v1KBD35ZSzLj0iJVO2eBWiz-OGUb6KAoieHjeNDjnPXO0carbliJCCEoORmAu-WNMZ7_xXp_rsJT9vGKgpGkBnAw9f90Qp82WI1xsc/s706/assassinio-a-venezia.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="706" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj38rcrd3anmf7y4cMap-8CyAaqHeciU3w3LPcKgK4xNtFBinRI8OPC4W0a88gPwgDHDw3AwsnlDSoaZ0v1KBD35ZSzLj0iJVO2eBWiz-OGUb6KAoieHjeNDjnPXO0carbliJCCEoORmAu-WNMZ7_xXp_rsJT9vGKgpGkBnAw9f90Qp82WI1xsc/s320/assassinio-a-venezia.jpg" width="227" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Come anche nei precedenti
capitoli, la storia, più che efficace, creata dalla penna di Agatha Christie,
si va a fondere perfettamente con la struttura del film. Branagh, anche in
questo caso, riesce a conferire la giusta dose di mistero ed enigma. Continua a
non essere tutto chiaro e semplice fin dall’inizio, anzi anche noi procediamo
per deduzioni insieme al detective. Quasi preso alla sprovvista dalle strane
reazioni che il suo corpo ha, Poirot sembra perso e appare, inizialmente, quasi
come sconfitto e sopraffatto dal susseguirsi degli eventi. Vorrebbe agire in un
certo modo, ma il suo corpo sembra opporsi e andare sempre nella direzione opposta.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Geniali, e in pieno stile
con il personaggio, alcune trovate, come quella di dare un background autentico
a tutti i personaggi, ma soprattutto quella di contrapporre all’oggettività
delle indagini e delle soluzioni (corredate da prove concrete) la religione e
tutto il “mistero” che essa porta con sé da secoli. Una “differenza” resa in
maniera evidente dalla seduta della medium che cerca di far credere di poter
davvero contattare le persone defunte, ma che viene frenata dall’astuzia e
dall’intelligenza del detective. Quello che il personaggio di Joyce Reynolds,
la medium, sembra affermare è che il soprannaturale esiste e, “strizzando l’occhio”
a Poirot che non sempre per risolvere un caso ci si deve affidare a delle
indagini, delle supposizioni e delle prove concrete.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il rapporto tra concreto
e astratto fa, quindi, comunque un po’ da fil rouge per l’intera vicenda,
tornando prepotentemente alla ribalta nel momento in cui Poirot cerca la
soluzione, “combattendo” con ciò che vede, sente e prova.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una soluzione quella a
cui ci conduce il detective che, rispetto ai precedenti capitoli, sembra fare
più fatica a emergere anche a causa dei variegati personaggi coinvolti. Come
nei più classici gialli, tutti hanno sempre qualcosa da nascondere e qui,
ancora più che negli altri due capitoli, non siamo in grado di fidarci di
nessuno. Come il protagonista, anche noi, fin dall’inizio, oltre a tentare di
risolvere il caso, cerchiamo di individuare quella persona sulla quale poter
contare e della quale fidarci. Persona assente in questo terzo capitolo nel
quale il riferimento unico sembra essere Poirot.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Infine ad alimentare un
giallo che altrimenti avrebbe avuto troppi richiami e similitudini con tanti
altri ci pensano alcuni momenti più “spaventosi” che, mescolati a un sapiente
uso di luci e ombre, creano la giusta atmosfera per un’indagine.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Perché Halloween e
delitto vanno spesso a braccetto sul grande schermo. E Branagh prova a
sfruttare proprio questa perfetta equazione.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-7585991672574504112023-09-25T10:03:00.003+02:002023-09-25T10:03:22.582+02:00JEANNE DU BARRY - LA FAVORITA DEL RE<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Jeanne du Barry – La favorita
del re</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Maïwenn<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Johnny Depp, Maïwenn,
Benjamin Lavernhe<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Francia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: biografico,
drammatico, storico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 113’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una storia di corte a
Corte. “Jeanne du Barry – La favorita del re” ha aperto il Festival di Cannes
2023 permettendo a Johnny Depp di riprendersi il centro del red carpet dopo il
processo con la ex moglie. Acclamato come un re, sembra che, con questo film la
realtà voglia abbracciare la finzione, dal momento che l’attore presta il volto
proprio a un sovrano, più precisamente Luigi XV. Ma, ciononostante, non è lui
al centro della vicenda, ma, come anticipato dal titolo, la favorita del re, Jeanne du Barry, appunto, interpretata da Maïwenn, qui nella veste anche di regista. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9EfE21VkNqUFjDaGviON69jOwTWq74RzBZRuN6RIqMVod11kG9WG98yJIdz0xwywt7rIUHklMbkV4Mtrg1tO4NfwXMf_kTawb0qKvuNRZzKQv3YLLkx2B9K9bpO1924XmTqv9xPvgctEbEmu8mJFXj9NFnZ_N2T2vj_TMwQYYyKpvz8D-STlF/s569/jeanne%20du%20barry.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="569" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9EfE21VkNqUFjDaGviON69jOwTWq74RzBZRuN6RIqMVod11kG9WG98yJIdz0xwywt7rIUHklMbkV4Mtrg1tO4NfwXMf_kTawb0qKvuNRZzKQv3YLLkx2B9K9bpO1924XmTqv9xPvgctEbEmu8mJFXj9NFnZ_N2T2vj_TMwQYYyKpvz8D-STlF/s320/jeanne%20du%20barry.jpg" width="236" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Di umili origini Jeanne du
Barry, sfruttando fascino e intelligenza, riesce a scalare i ranghi della
società, facendosi notare dal re in persona che ne richiede la compagnia,
inizialmente in segreto. Col tempo lei si affeziona al re in un sentimento
condiviso e reciproco, tanto che quest’ultimo, una volta morta la regina
consorte, fa sposare Jeanne con il Conte du Barry, per farla salire di rango
sociale, invitando poi lei, il marito e il figlio di lui a vivere a Corte. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se quindi Jeanne diventa a
tutti gli effetti la favorita del re, dall’altra parte viene, però, “ostacolata”
dalle figlie del sovrano e da tutti coloro che non la ritengono all’altezza a
causa delle sue umili origini. Una scalata sociale non completamente riuscita,
anche a causa di circostanze non sempre favorevoli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Quella compiuta da Jeanne du
Barry è anche una presa di posizione più che all’avanguardia per l’epoca. Anche
se si può leggere il film come orientato a mettere in risalto l’aspetto più
frivolo e “carnale”, in realtà ciò che fa Jeanne du Barry è usare a suo vantaggio
l’intelligenza e l’astuzia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Descritta agli occhi di
tutti come la giovane di umili origini non degna di stare a fianco del re, in
realtà lei dimostra più volte e in più occasioni di essere superiore, per
conoscenza, al sovrano e a gran parte delle persone che l’avrebbero voluta
lontano da Corte. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il punto a sfavore in
questo da parte della regista è il non essere riuscita a valorizzare appieno
questo aspetto che, invece, tra situazioni quasi al limite dell’assurdo, e
personaggi fin troppo caricaturali, risulta troppo leggero e non fa comprendere
al pubblico più mainstream la forza di una donna che nel XVIII secolo si fa
carico di tutto e porta sulle spalle il peso di una personalità scomoda e
ingombrante, ma sicuramente all’avanguardia. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Dai modi di fare all’approccio
con le persone, Jeanne du Barry si distingue e si fa notare non soltanto per essere
arrivata a corte “all’improvviso”. Nonostante molti non la ritengano degna di
ricoprire il nuovo ruolo, lei riesce ad andare oltre e imporre, in maniera
indiretta e involontaria, un proprio stile di vita. Non è più solo la favorita
del re, ma diventa la favorita anche di chi la osserva e, proprio in quanto
osservatore esterno, vorrebbe poter intervenire a dare una mano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Tra risate e serietà, Maïwenn
impone il proprio ritmo alla narrazione, così come il personaggio da lei interpretato
detta le nuove regole di corte, permettendo al film di trattare svariati temi,
compreso anche quello del razzismo in una scena che, senza prendersi troppo sul
serio, descrive perfettamente una situazione non così distante nel tempo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Senza cadere in volgarità
e banalizzazioni Maïwenn tratteggia una donna che potrebbe tranquillamente
vivere nel 2023.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un film che fa salire
nuovamente alla ribalta Johnny Depp, innalzandolo al ruolo di re, ma che al
contempo ne fa un burattino nelle mani di una donna libera e pensante, capace
anche di vestirsi da uomo e rompere le regole rigide imposte dal Regno.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-2041102648317361202023-09-21T06:14:00.001+02:002023-09-21T06:14:00.145+02:00LUBO<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Lubo<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Giorgio Diritti<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Franz Rogowski,
Valentina Bellé, Joel Basman<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, Germania, 2023<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: storico, drammatico<o:p></o:p></span></p><p>
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 181’<o:p></o:p></span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Presentato all’80esima
edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Lubo è
uno dei film italiani in concorso, diretto da Giorgio Diritti.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il film, prodotto da Indiana
Production, Aranciafilm, Rai Cinema, hugofilm features, Proxima Milano, è
distribuito da 01 Distribution.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDz1czHnmH9Oi_4GMAldIpUQwFgBAoHv--s_5vTILH7E6sjCxymFNQ9_he_BtHSLj5YGxMJ20JTdfw3MCBhpkKyuvtMOaOloZ2CkKPLoii8be8Yf3QDiTx8dDLg5-adkO6oGA-cSmAgGPam1q6MFUtW-nTfTe7ZmF4PReRndRhpeRoN8uCUza8/s4032/85605-LUBO_-_Actor_Franz_Rogowski__Credits_Francesca_Scorzoni___2_.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDz1czHnmH9Oi_4GMAldIpUQwFgBAoHv--s_5vTILH7E6sjCxymFNQ9_he_BtHSLj5YGxMJ20JTdfw3MCBhpkKyuvtMOaOloZ2CkKPLoii8be8Yf3QDiTx8dDLg5-adkO6oGA-cSmAgGPam1q6MFUtW-nTfTe7ZmF4PReRndRhpeRoN8uCUza8/s320/85605-LUBO_-_Actor_Franz_Rogowski__Credits_Francesca_Scorzoni___2_.JPG" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Lubo è un nomade, un
artista di strada che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a
difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo
dopo scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di
portare via i loro tre figli piccoli, che, in quanto Jenisch, sono stati
strappati alla famiglia, secondo il programma di rieducazione nazionale per i
bambini di strada (Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse). Lubo sa che non
avrà più pace fino a quando non avrà ritrovato i suoi figli e ottenuto
giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui. (Fonte:
La Biennale)</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un giro (quasi) a vuoto
quello che fa Lubo alla disperata ricerca dei propri figli. Ma in realtà una
ricerca che va oltre e che va a scavare nell’identità di chiunque, anche nella
giustizia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Forse una lunghezza non
del tutto necessaria per raccontare, anche con dovizia di particolari, la
vicenda che colpisce Lubo Moser, così come tanti altri, costretti a vedersi
sottratti i propri cari e le proprie libertà.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un artista di strada e,
quindi, un’anima destinata a non rimanere confinata in un luogo e in una vita e
soprattutto a non seguire rigidamente e meccanicamente delle regole. Da qui
parte il racconto di Giorgio Diritti, mostrando una famiglia di artisti che si
esibisce, tra musica, colori, applausi e tanto apprezzamento da parte del
pubblico. Un tono, sia visivo che sonoro, destinato, però, a cambiate
radicalmente già nella sequenza immediatamente successiva con prevalenza di
toni scuri e cupi che a malapena fanno vedere i personaggi e le loro azioni. Si
fa fatica a riconoscere lo stesso Lubo nel bosco, così come le sue azioni e
tutto ciò di cui si impossessa.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Le ombre che si
susseguono sullo schermo sono le ombre che lo stesso Lubo porta con sé. Prima
ci sono quelle metaforiche a sottolineare la perdita della moglie (e dei figli)
e la perdita di quella che è ed era la sua ragione. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Poi, nel momento in cui
comincia a elaborare la situazione e capire come poter agire, la scena inizia a
farsi più chiara e nitida. Anche lo spettatore si accende con lui e comincia a
comprendere le ragioni del suo comportamento, salvo poi perdersi nuovamente in
una ricerca quasi vana. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Lo scopo principale di Lubo
sembra venire meno dopo i primi momenti, quando lui decide di compiere un
viaggio troppo largo per raggiungere il proprio obiettivo. Inesorabilmente
passa in secondo piano la sua volontà e, giunti alla metà del film, viene da interrogarsi
sull’intento perseguito.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ad accompagnare la
ricerca, oltre all’uso simbolico di luci e ombre, ci sono naturalmente la
musica e i suoni. Molto silenzio accompagna le azioni del protagonista,
soprattutto le più crudeli (ma non per forza violente), rotto spesso da urla o
suoni naturali.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk3nmhFjXaUjYBLfOTYHN9yUIWyPcKw_bkbwRJZuTyNJaeFr3bOur1Vp3Al-LseYbCiAUXOFNDXXVQZ4HgGHeKnkon9A5DGcOGWJbj0HP_CcnrMCv_VX9gif8_TnII5xuyHC0aPqhOOHNJj3yqYH5IMByXmUTMMMsegiVGeqmnHMIeDClNhAHS/s4032/85631-LUBO_-_Actress_Valentina_Belle____Credits__Francesca_Scorzoni___2_.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk3nmhFjXaUjYBLfOTYHN9yUIWyPcKw_bkbwRJZuTyNJaeFr3bOur1Vp3Al-LseYbCiAUXOFNDXXVQZ4HgGHeKnkon9A5DGcOGWJbj0HP_CcnrMCv_VX9gif8_TnII5xuyHC0aPqhOOHNJj3yqYH5IMByXmUTMMMsegiVGeqmnHMIeDClNhAHS/s320/85631-LUBO_-_Actress_Valentina_Belle____Credits__Francesca_Scorzoni___2_.JPG" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">E poi c’è il valore
simbolico (e quasi catartico) della musica, in modo specifico quella creata da Lubo.
In quanto artista, la musica è uno dei suoi elementi e a lei si affida nei
momenti più bui. In un primo momento quando deve arruolarsi, rimasto solo e
privato di tutto e di tutti trova conforto soltanto nel suo strumento. E sempre
lo strumento è ciò che lo rende libero, nonostante la privazione della libertà
stessa. Quel momento, seppur breve, che gli viene concesso per dare libero
sfogo alla propria musica e, quindi, alla propria arte è motivo di
ritrovamento. È stato privato di tutto, non è riuscito a ottenere niente e si è
reso conto che la giustizia, invece di aiutarlo, lo ha accusato. L’unica cosa
che gli resta è, quindi, la musica. La sua ancora di salvezza.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Su una questione ci
interroga il film di Giorgio Diritti: qual è la giustizia? Esiste davvero? La
vita e le vicissitudini di Lubo sembrano dire il contrario. Ma sta allo
spettatore andare a fondo e capire il vero motivo di questa spasmodica ricerca
di un giusto e di uno sbagliato. Da che parte stare? Anche gli esiti, simili
eppure così diversi, delle famiglie e dei figli del protagonista sembrano voler
sottolineare questa riflessione.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se la sorte dei primi è
in balia del destino e diviene poi palese solo a posteriori, quella dei secondi
è più nascosta e dilatata nel tempo. E, quindi, a Lubo non resta che sacrificare
i propri ideali per sperare di ottenere quello che ha sempre cercato in vita.
Una vita trascorsa tra silenzi e sofferenze, negli anni, indicati dalle
didascalie che diventano necessarie per comprendere uno scorrere del tempo
visivamente assente.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ultimo dettaglio da non
trascurare la precisione e l’attenzione linguistica che Diritti riserva al film
e al protagonista. Oltre a spostarsi geograficamente, il film si sposta anche culturalmente
e lo fa facendo parlare lo stesso Lubo in lingue diverse. Se inizialmente ci
viene presentato utilizzando il tedesco e lo jenisch, successivamente inizia a
parlare in italiano. Non soltanto l’abile Franz Rogowski si cala completamente
nel personaggio, ma anche lo stesso Lubo, come una sorta di camaleonte, assorbe
tutto quello che lo circonda e cerca di mimetizzarsi nella realtà in cui si
trova (costretto) a vivere. Rimasto solo, e nomade per natura, cerca di
adattarsi al meglio. E lo fa partendo proprio dalla lingua.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Una vendetta studiata in
ogni, fin troppo minimo, dettaglio.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su taxidrivers.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-14650209046180035062023-09-20T06:10:00.001+02:002023-09-20T06:10:00.145+02:00IO CAPITANO<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Io capitano<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Matteo Garrone<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Seydou Sarr,
Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, Belgio, 2023<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p><p>
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 121’<o:p></o:p></span></p><p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Presentato in concorso
all’80esima edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di
Venezia, Io capitano è il nuovo film di Matteo Garrone.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il film, prodotto da Archimede,
Rai Cinema, Tarantula, Pathé FIlms, sarà distribuito da 01 Distribution. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un racconto,
tematicamente e visivamente, potente.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2P3IK-sAxIl6jtmXlYJjnIY2dorFIj1kVQasL973J1xM8zjSMvELgnRpZ7w5q-1S7oRd67uo6OlJ0GUunP232wAICUhtX63YveRBFUjsJUss_sgUhmgsysKUAl282gWec4-Zwt1Cxh3ZHLKgfu5EKoyDhpBkoB3-ZJWPbF2ulD6b3MoIYCyNF/s6240/79982-IO_CAPITANO_-_Actor_Seydou_Sarr__Credits_Greta_De_Lazzaris_.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="6240" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2P3IK-sAxIl6jtmXlYJjnIY2dorFIj1kVQasL973J1xM8zjSMvELgnRpZ7w5q-1S7oRd67uo6OlJ0GUunP232wAICUhtX63YveRBFUjsJUss_sgUhmgsysKUAl282gWec4-Zwt1Cxh3ZHLKgfu5EKoyDhpBkoB3-ZJWPbF2ulD6b3MoIYCyNF/s320/79982-IO_CAPITANO_-_Actor_Seydou_Sarr__Credits_Greta_De_Lazzaris_.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Io Capitano racconta il
viaggio avventuroso di Seydou e Moussa, due giovani che lasciano Dakar per
raggiungere l’Europa. Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del
deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.
(Fonte: La Biennale)</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un tema impegnato e
impegnativo quello scelto da Garrone per il suo nuovo film che, per certi
versi, sembra tornare alle origini con aspetti che richiamano i suoi primi
lavori. Se, in qualche modo, la presenza di Ospiti e Terra di mezzo si vede e
si sente, è altrettanto evidente lo scenario dei film più recenti. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Io capitano è il mix
perfetto della poetica di un Matteo Garrone in splendida forma, a metà strada
tra il documentario e la finzione. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Seydou e Moussa sono due
personaggi qualunque, non sono gli eroi, né hanno particolarità che possano
renderli tali. Anzi, sono gli emarginati, quelli che hanno bisogno di aiuto e
che, per questo, lo ricercano autonomamente. Un po’ come il Marcello di Dogman e
anche lo stesso Pinocchio. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Per sapere qualcosa della
loro vita quotidiana e familiare al regista bastano pochi istanti: una
condizione quasi inconcepibile per l’Occidente che fa scattare subito il senso
di protezione nei loro confronti. I bei colori e i canti del posto, mescolati
ai sorrisi dei vicini e ai giochi delle sorelline sono, in realtà, velati di
tristezza. Una tristezza che i due pensano di poter fermare.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Seydou e Moussa sono
cugini. Inseparabili e dipendenti l’uno dall’altro, decidono insieme di partire
per questo viaggio, un’Odissea contemporanea che li metterà di fronte a tanti
pericoli e ostacoli. Ciononostante, al di là dell’importante forza di volontà e
della profonda fiducia l’uno nell’altro, il film di Garrone ha come scopo anche
quello di mantenere sempre accesa la luce della speranza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Proprio il profondo
legame tra i due permette di vedere Io capitano in un modo speciale. Senza
cadere in pietismi e in retorica, Garrone presenta i fatti, fa empatizzare con
i personaggi che, dall’essere i due protagonisti, diventano ben presto due viaggiatori
universali. Il loro viaggio è quello compiuto da tanti altri come loro.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhp-mVaJ9VuXxSZuCHytuCESf-2D_6Tq-sXyF5CqtUpdeATa7mWq5VgGf-EgM9JzAxMdNp2p-8bgJ2SqEVlGFxV3Nsmv46_Y87MTQaRpvX_X1fXYsfRJ_Si_V9t5e8CP4vV8SZGT2D4g_0cHrFYM8L0z6AlysPLcD4sflZudHXs9WXxuf25BMnw/s3307/84728-IO_CAPITANO__ME_CAPTAIN__-_Seydou_Sarr_and_Khady_Sy.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2178" data-original-width="3307" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhp-mVaJ9VuXxSZuCHytuCESf-2D_6Tq-sXyF5CqtUpdeATa7mWq5VgGf-EgM9JzAxMdNp2p-8bgJ2SqEVlGFxV3Nsmv46_Y87MTQaRpvX_X1fXYsfRJ_Si_V9t5e8CP4vV8SZGT2D4g_0cHrFYM8L0z6AlysPLcD4sflZudHXs9WXxuf25BMnw/s320/84728-IO_CAPITANO__ME_CAPTAIN__-_Seydou_Sarr_and_Khady_Sy.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La bravura del regista
romano, però, risiede nel presentare la tematica e i personaggi in un modo
convenzionale e, al tempo stesso, diverso dal solito. È vero che la messa in
scena e le scelte registiche sono classiche, pulite, senza sbavature, ma il prodotto
finale che arriva allo spettatore è quello di un film che non ha una
definizione precisa. Come detto, è a metà strada tra il documentario e il film
di finzione. E per fortuna. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Con delle belle
panoramiche sull’incredibile vastità dei paesaggi e poi l’insistenza sui primi
piani, spesso sofferenti, emaciati e sanguinanti, dei due giovani, Io capitano
racconta ed emoziona. Ma soprattutto fornisce speranza a chi guarda e a chi
vive il viaggio in prima persona. La sensazione, infatti, non è mai di totale
smarrimento. Quella luce in fondo al tunnel accompagna costantemente i
personaggi e il pubblico con loro.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">In un film come Io
capitano la storia parla da sé e qualsiasi elemento stilistico a supporto della
narrazione appare quasi superfluo. La storia che vediamo è in soggettiva, dal
punto di vista dei due giovani che sperano di compiere un viaggio più grande di
loro, ma che li porterà alla terra promessa, quell’Europa che agognano come il
luogo dei sogni.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Ad alimentare la
soggettività ci sono gli enormi e incredibili spazi aperti e sconfinati che si
stagliano davanti a Seydou e Moussa, impotenti di fronte a cotanta vastità. Ma
subito, per contrasto, ad opprimere questo senso di libertà c’è l’uso delle
luci che si fanno sempre cupe nei momenti di massima paura e perdita di
fiducia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Come detto, però, è la
speranza che guida il film di Matteo Garrone e i sogni a occhi aperti che il
giovane Seydou fa ne sono la dimostrazione pratica. Fantastici e apparentemente
scollegati dal resto della narrazione, sono, invece, emblema di una morale e
una moralità che il film vuole lasciare allo spettatore.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Forse troppo favolistico
o troppo sognatore, ma Io capitano di Garrone ha la forza prorompente di
contrastare dei buoni avversari. Un po’ come il grido disperato e liberatorio
di Seydou. Perché siamo tutti un po’ capitani. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Veronica Ranocchi</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su taxidrivers.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-38872036.post-41259785177708965402023-09-19T07:07:00.001+02:002023-09-19T07:07:00.159+02:00ENEA<p><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt; text-align: justify;">Enea</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">di Pietro Castellitto<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">con Pietro Castellitto, Sergio
Castellitto, Benedetta Porcaroli<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Italia, 2023<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">genere: drammatico<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">durata: 115’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Consigli per lo
spettatore. Al cinema bisogna entrare già caldi e pronti alla visione perché,
soprattutto in quello d'autore, ciò che bolle in pentola viene chiarito nelle
primissime sequenze, chiamate a funzionare come una sorta di bussola necessaria
a orientarsi all'interno del film. "Enea" di Pietro Castellitto ne ha
bisogno perché il regista e attore romano fa di tutto per presentare allo
spettatore uno spettacolo non preconfezionato, tanto nei significati quanto
nella forma, diviso com'è tra alto e basso, tanto nell'esposizione del proprio
pensiero quanto nella natura delle immagini.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">La possibilità di
apprezzare fino in fondo un film come "Enea" dipende anche dalla
volontà di sposarne l'assunto relativo a una realtà indecifrabile e sfuggente.
Non a caso nella scena incriminata, quella che precede i titoli di testa,
assistiamo a una sorta di resa dei conti filosofica, in cui, di fronte alla
decadenza del mondo, e dunque alla scelta di rimanere soli o di condividere la
propria sorte, il protagonista opta per la seconda, declinandola però
attraverso un gruppo più ampio del normale, rispondente al modello clanico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvEwVQEPGV7-VZwHnh9MeyaEeY2IW1ipmXNbA3BtxfkLzBHA_Ppjasjz6cpNlbn0Vu0bRg4cKWlyIPdc_c6iX-2v961v9qMtDWlVGNhEkFnWAGjKXXm9wf5NKBps3W4HWMDNZhrd_pX4xa7tuxBR5hwrKtCsqvcXfG-jb5VNAL1XpynNW-7Ijz/s970/enea.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="405" data-original-width="970" height="134" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvEwVQEPGV7-VZwHnh9MeyaEeY2IW1ipmXNbA3BtxfkLzBHA_Ppjasjz6cpNlbn0Vu0bRg4cKWlyIPdc_c6iX-2v961v9qMtDWlVGNhEkFnWAGjKXXm9wf5NKBps3W4HWMDNZhrd_pX4xa7tuxBR5hwrKtCsqvcXfG-jb5VNAL1XpynNW-7Ijz/s320/enea.jpg" width="320" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Il rifiuto della famiglia
tradizionale a favore di quella tribale, oltre a costituire una critica alla
società borghese, diventa il richiamo a un passato glorioso, quello della città
capitolina in cui la storia è collocata, trasfigurato secondo le vestigia
dell'antica Roma (anche il nome del protagonista viene da li), idealizzate
tanto nel dialogo introduttivo, simile a una sorta di simposio, quanto nel
contesto ambientale, immerso in un buio primordiale (una caratteristica
destinata a ritornare nel corso del film), con i primi piani di Enea,
dell'amico e della madre trasfigurati dalla luce del fuoco. L'assenza della
figura paterna, da tempo avulsa dall'agone esistenziale, e la benedizione della
sua controparte fanno di Enea il capo della sua ma anche dell'altra famiglia,
quella che sulla scia del padrino coppoliano, necessità di un vertice a cui
obbedire per poter vivere al di sopra della legge comune.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Se "I
predatori" era un film collettivo nel suo essere, il risultato di diverse
linee narrative, "Enea" per quanto detto lo è ancora di più. Accanto
al filone centrale che vede il protagonista e il suo migliore amico impegnati
nel tentativo di tenere per se i ricavi di una grossa partita di droga,
fronteggiando la minaccia di chi li vuole recuperare, "Enea" nella
volontà di esplorare e mettere in rapporto dialettico temi come quello
dell'amore e dell'amicizia, della fedeltà e del tradimento, del potere e della
potenza, solo per dirne alcuni, chiama in concorso una comunità umana (i
genitori, il fratello, la fidanzata, l'amico del cuore, il boss del quartiere e
così via) di cui, in un modo o nell'altro, il protagonista, e con lui il film,
si prende cura, preoccupandosi di darne conto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Un universo che
Castellitto sembra mettere in scena prendendo in prestito l'esclamazione del
padre di Enea - "In questa casa non si riesce a finire un discorso"
-, pronunciata di fronte ai figli e alla moglie, rei di non lasciargli
concludere mai un discorso. La battuta diventa così il principio di una
rappresentazione volutamente incompiuta, con stacchi di montaggio anticipati e
salti spazio temporali volti a riprodurre gli effetti lisergici delle sostanze
assunte dai due amici.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Girato dall'interno,
"Enea" è un'opera che alza il tiro delle ambizioni del suo autore,
rischiando qualche volta di girare a vuoto come capita ai personaggi del film.
Ogni volta capace di riprendersi e di confezionare scene come quella finale (che
non sveliamo per mantenere l'effetto sorpresa), pronte a stupire attraverso la
capacità di inventare cinema con pochi elementi. In concorso all'80ª Mostra
internazionale d'arte cinematografica, "Enea" è atteso nella sale per
verificare il suo appeal con il grande pubblico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">Carlo Cerofolini</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12.0pt; line-height: 107%;">(recensione pubblicata su ondacinema.it)</span></p>nickoftimehttp://www.blogger.com/profile/13217697982872884419noreply@blogger.com0