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venerdì, febbraio 20, 2015

UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL'ESISTENZA

Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza
di Roy Andersson
con Nils Westblom, Holger Andersson
Norvegia, 2014
durata, 110'


Ci sono pellicole, tanto colte quanto raffinate, di norma molto apprezzate negli ambienti festivalieri, delle quali i pregi esaltati da un pubblico di nicchia diventano paradossalmente difetti agli occhi di fruitori più commerciali.

E' questo il caso di "Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza" - vincitore della settantunesima edizione del festival di Venezia -, tragicommedia suddivisa in trentanove "quadri", che narra di due venditori di maschere e denti da vampiro.

Andersson, regista che dimostra di possedere un intelletto fine, miscela il solito gusto nonsense scandinavo ad innovazioni linguistico/immaginifiche permesse da un'abile e ragionata decodifica dello strumento digitale.

L'errare quasi strascicato dei protagonisti - i quali potrebbero essere benissimo personaggi creati dalla penna di Beckett - conduce a soffermarsi, in maniera neppure troppo seria - e la poca seriosità è stranamente l'elemento più inquietante -, sul martirio che l'uomo infligge a sé stesso nell'invenzione e nella reiterazione del quotidiano e, quindi, sull'impossibilita di trarne godimento. 

"Un piccione seduto su un ramo..." nasconde dietro vari elementi - farsa/dramma; apatia/agonia; morte/marketing -  la fine annunciata e/o già avvenuta della nostra presunta contemporaneità. La stasi, dunque attesa, diventa illusione del divenire, dunque ricerca - ricerca che, quindi, è destinata a fallire -, andando a determinare la condizione attuale-eterna-senza scampo dell'umanità:

En cherchant Godot.
Antonio Romagnoli

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