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martedì, giugno 02, 2020

LA FAMIGLIA WILLOUGHBY


La famiglia Willoughby
di Kris Pearn
Canada, Regno Unito, USA, 2020
genere: animazione
durata: 92’
Tratto dall’omonimo libro per bambini “La famiglia Willoughby” è un film d’animazione canadese-americano diretto da Kris Pearn che, proprio come suggerisce il titolo, ruota intorno al tema della famiglia.
Ironico e assurdo, il film si sviluppa grazie alla narrazione di un gatto che introduce il pubblico nella storia e soprattutto in una strana famiglia, quella degli Willoughby, un tempo considerata una famiglia con un passato glorioso, interrotto da una coppia decisamente troppo egoista che pensa solo al proprio amore, lasciando da parte i quattro figli, costantemente dimenticati e messi in punizione. Il più grande, Tim, è colui che deve cercare, per quanto possibile, di occuparsi degli altri tre fratelli, Jane, la figlia di mezzo che ama cantare, ma che viene sempre zittita dai genitori, e i gemelli Barnaby, molto intelligenti, ma spesso etichettati come “inquietanti”. I due genitori, troppo impegnati a pensare a se stessi e alla loro relazione, non considerano a dovere i propri figli e, inizialmente, non si accorgono nemmeno che davanti alla loro porta viene depositata una piccola orfana che i tre fratelli più piccoli decidono di raccogliere e adottare, almeno temporaneamente. Spinti, però, da Tim, contrario all’inserimento della piccola (che viene chiamata Ruth) all’interno della famiglia, soprattutto perché conscio che i genitori non la vorrebbero, i fratelli Willoughby lasciano la piccola davanti alla porta di una fabbrica di caramelle. A seguito di questo avvenimento i piccoli di casa pensano che l’unica soluzione per vivere finalmente una vita felice sia quella di diventare orfani. E per questo propongono indirettamente ai genitori una vacanza nella quale la coppia sarà coinvolta in una serie di pericoli che dovrebbero portarli via per sempre dai figli. I quattro fratelli non sanno, però, che durante la vacanza i genitori hanno pensato di rivolgersi ad una tata che possa controllarli e sorvegliarli costantemente. E sarà proprio la tata a dare una vera e propria svolta a quella che tutto poteva definirsi tranne che una famiglia.
Fin da subito è evidente la linea comica e ironica verso la quale il film vuole puntare. E’ il gatto narratore che introduce il tutto invitando il pubblico a non aspettarsi la classica storiella che parla di famiglie unite. Una chiave comica interessante sulla quale soffermarsi è anche la composizione dei personaggi che, al di là delle proprie doti e caratteristiche peculiari che li rendono ognuno piacevole a suo modo, è anche la chiave di lettura del film: cioè il non fermarsi alle apparenze. Tutti i membri della grande famiglia Willoughby, da generazioni, hanno come tratto peculiare i baffi, donne comprese, e i capelli sono fatti di lana, materiale che tornerà utile col susseguirsi degli eventi e che fungerà da filo conduttore, fisico e non, tra i membri di quella che poi sarà a tutti gli effetti una vera famiglia. In un certo senso, quindi, è come se si fondessero insieme la creatività della storia, e cioè tutte le avventure e peripezie che coinvolgono i quattro piccoli protagonisti, e la scelta visiva adottata, nello specifico i colori e il “materiale”.
A fare da cornice alle peripezie e alle avventure vissute dai piccoli ci sono poi tutta una serie di personaggi che conferiscono ancor più dinamicità al racconto, dalla tata Linda al comandante immerso nelle caramelle per non parlare, ovviamente e indirettamente, della piccola Ruth e del gatto narratore.
La tematica dell’abbandono e dell’importanza dei legami che si formano tra le persone sono i nuclei fondamentali attraverso i quali si sviluppa una narrazione che, come sempre, quando si tratta di film d’animazione, non è vincolata solo ed esclusivamente ai più piccoli, ma ben si adatta anche ad una riflessione per le persone più grandi. Una strizzata d’occhio e una tirata d’orecchie verso un’attenzione a guardarsi intorno che, purtroppo, manca sempre di più. E, collegato a questo, la scelta di “abbandonare” la coppia dei genitori risulta, oltre che coerente con lo svilupparsi della storia, soprattutto azzeccata.

Veronica Ranocchi

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