Padroni di casa
regia di Edoardo Gabbriellini
Prima della sua presentazione le aspettative nei confronti dell'opera seconda di Edoardo Gabbriellini erano molte. Da quella più venduta dai giornali, e forse anche dalla produzione, che riguardava il ritorno al cinema di Gianni Morandi, alla presenza della coppia Germano/Mastandrea, vale a dire due degli attori più rappresentativi del nostro movimento cinematografico e non solo. Si trattava di verificare la bontà di una scelta, quella effettuata dai selezionatori, che aveva visto "Padroni di casa" come unico rappresentante di una cinematografia per il resto, volutamente o no, latitante da queste parti.
E poi, forse, la cosa più importante, di rivedere all'opera un attore che aveva esordito alla regia molti anni fa e che da quel momento aveva fatto perdere le sue tracce almeno per quel che riguarda il lavoro dietro la macchina da presa. Insomma, un insieme di cose che rischiavano di sotterrare questo film prima ancora della sua proiezione. Invece, al termine di una visione terminata tra gli applausi di un pubblico visibilmente soddisfatto, siamo qui a scrivere di un film che ci ha convinto pienamente.
Anche in questo caso le ragioni sono molteplici. Innanzitutto la scelta di realizzare un prodotto anomalo nella sua mescolanza di generi e di toni.
"Padroni di casa" infatti parte con un registro da commedia, con i due protagonisti intenti a scherzare e scambiarsi battute lungo la strada che li sta portando a lavorare nella villa del popolare cantante Fausto Mieli (Gianni Morandi), situata in un paesino dell'appennino Tosco-Emiliano. Discorsi ciarlieri e ricchi di battute com'è il rapporto tra Cosimo ed Elia, fratelli e imprenditori edili che non se la mandano a dire, ma che comunque riescono a sopportarsi con affetto sincero.
Il clima di spensieratezza è però spezzato da una serie di piccoli inconvenienti con la comunità locale che gradualmente sposteranno gli umori della pellicola a toni dapprima più seri e poi finanche drammatici con una escalation finale carica di tensione e adrenalina, che galleggia tra il thriller e l'horror di matrice americana ("Un tranquillo week di paura" di John Boormann potrebbe essere uno dei modelli del film).
In secondo luogo, la scelta di ribaltare la percezione di un'icona positiva come quella di Gianni Morandi per un ruolo carico di ambiguità, in cui il sorriso del cantante/divo si trasforma in maniera convincente in maschera di spietato cinismo. Infine, una regia che riesce a rendere naturale e fluido un materiale complesso e stratificato non solo per i rimandi ad alcuni temi di bruciante attualità, come quelli dell'alienazione giovanile, del successo come valore da raggiungere a tutti i costi, della disabilità come peccato da nascondere e di cui vergognarsi, presente nella figura di Moira (Valeria Bruni Tedeschi in una prova degna dell'Actor's studio), la moglie di Mieli costretta su una sedia a rotelle, ma che sa mettere in rapporto dialettico lo stato d'animo dei personaggi con la claustrofobia di un paesaggio naturale che circoscrive gli orizzonti, che costruisce la drammaturgia del film con mano sapiente, spargendo qua e là segni e presagi di quello che dovrà accadere e utilizza il montaggio alternato per sottolineare i momenti topici della narrazione. Come nella sequenza che precede l'epilogo in cui alla felicità di Mieli, tornato finalmente sul palco dopo anni di forzata assenza, viene anteposto l'odio e la paura di una feroce caccia all'uomo destinata a finire nel sangue.
"Padroni di casa" è un esame superato a pieni voti grazie anche al supporto di due attori come Elio Germano e Valerio Mastandrea, autore assieme a Gabbriellini anche della sceneggiatura, per i quali è oggi pleonastico spendere ancora aggettivi per una bravura ormai assodata.
( Recensito su ondacinema.it )
regia di Edoardo Gabbriellini
Prima della sua presentazione le aspettative nei confronti dell'opera seconda di Edoardo Gabbriellini erano molte. Da quella più venduta dai giornali, e forse anche dalla produzione, che riguardava il ritorno al cinema di Gianni Morandi, alla presenza della coppia Germano/Mastandrea, vale a dire due degli attori più rappresentativi del nostro movimento cinematografico e non solo. Si trattava di verificare la bontà di una scelta, quella effettuata dai selezionatori, che aveva visto "Padroni di casa" come unico rappresentante di una cinematografia per il resto, volutamente o no, latitante da queste parti.
E poi, forse, la cosa più importante, di rivedere all'opera un attore che aveva esordito alla regia molti anni fa e che da quel momento aveva fatto perdere le sue tracce almeno per quel che riguarda il lavoro dietro la macchina da presa. Insomma, un insieme di cose che rischiavano di sotterrare questo film prima ancora della sua proiezione. Invece, al termine di una visione terminata tra gli applausi di un pubblico visibilmente soddisfatto, siamo qui a scrivere di un film che ci ha convinto pienamente.
Anche in questo caso le ragioni sono molteplici. Innanzitutto la scelta di realizzare un prodotto anomalo nella sua mescolanza di generi e di toni.
"Padroni di casa" infatti parte con un registro da commedia, con i due protagonisti intenti a scherzare e scambiarsi battute lungo la strada che li sta portando a lavorare nella villa del popolare cantante Fausto Mieli (Gianni Morandi), situata in un paesino dell'appennino Tosco-Emiliano. Discorsi ciarlieri e ricchi di battute com'è il rapporto tra Cosimo ed Elia, fratelli e imprenditori edili che non se la mandano a dire, ma che comunque riescono a sopportarsi con affetto sincero.
Il clima di spensieratezza è però spezzato da una serie di piccoli inconvenienti con la comunità locale che gradualmente sposteranno gli umori della pellicola a toni dapprima più seri e poi finanche drammatici con una escalation finale carica di tensione e adrenalina, che galleggia tra il thriller e l'horror di matrice americana ("Un tranquillo week di paura" di John Boormann potrebbe essere uno dei modelli del film).
In secondo luogo, la scelta di ribaltare la percezione di un'icona positiva come quella di Gianni Morandi per un ruolo carico di ambiguità, in cui il sorriso del cantante/divo si trasforma in maniera convincente in maschera di spietato cinismo. Infine, una regia che riesce a rendere naturale e fluido un materiale complesso e stratificato non solo per i rimandi ad alcuni temi di bruciante attualità, come quelli dell'alienazione giovanile, del successo come valore da raggiungere a tutti i costi, della disabilità come peccato da nascondere e di cui vergognarsi, presente nella figura di Moira (Valeria Bruni Tedeschi in una prova degna dell'Actor's studio), la moglie di Mieli costretta su una sedia a rotelle, ma che sa mettere in rapporto dialettico lo stato d'animo dei personaggi con la claustrofobia di un paesaggio naturale che circoscrive gli orizzonti, che costruisce la drammaturgia del film con mano sapiente, spargendo qua e là segni e presagi di quello che dovrà accadere e utilizza il montaggio alternato per sottolineare i momenti topici della narrazione. Come nella sequenza che precede l'epilogo in cui alla felicità di Mieli, tornato finalmente sul palco dopo anni di forzata assenza, viene anteposto l'odio e la paura di una feroce caccia all'uomo destinata a finire nel sangue.
"Padroni di casa" è un esame superato a pieni voti grazie anche al supporto di due attori come Elio Germano e Valerio Mastandrea, autore assieme a Gabbriellini anche della sceneggiatura, per i quali è oggi pleonastico spendere ancora aggettivi per una bravura ormai assodata.
( Recensito su ondacinema.it )
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