Mia madre
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, Nanni Moretti, John Turturro
genere, drammatico
Italia, 2015
La creazione di intrecci umani che -per quanto orbitanti attorno a un tema portante- compongano storie dalla forte china intimista e trascendano la mera archetipizzazione è forse uno dei tratti più pregevoli e caratterizzanti del cinema di Moretti. Storie in cui la trama retroceda, lasciando ampio respiro alle evoluzioni di personaggi che spesso non sono altro che ingranaggi umani -a volte, come in questo caso, corredati di frammentarie e frammentate rifrazioni metafilmiche del Moretti regista- mossi per sostenere il tema e la riflessione corale del film.
Margherita (Margherita Buy) è una regista alle prese con un film d'attualità, un film sui giovani e sul lavoro e sul mondo moderno, un film che la assorbe completamente mentre la madre -assistita dall'onnipresente fratello Giovanni (Moretti)- spende in ospedale i suoi ultimi giorni. Un intreccio quanto mai semplice che racchiude un variegato universo umano, scandagliato attraverso scene e atmosfere oniriche -registicamente inscindibili dalla narrazione- che possono essere comprese appieno solo attraverso una lettura spiccatamente psicanalitico-simbolica.
La morte, il tempo, l'imprescindibilità dei rapporti umani e contemporaneamente l'immane difficoltà degli stessi, la completa e dolorosa impotenza di fronte al lutto annunciato. E una serie di considerazioni e riflessioni che scaturiscono da un autobiografismo che fa dell'autoreferenzialità un pregio e un leitmotiv, legandola a filo doppio -un filo che è anche l'inestricabile intreccio di personaggi dalle visioni antitetiche finanche complementari- a una vicenda fin troppo umana che forse, temendo di esprimere ciò che -più ermeticamente- vorrebbe suggerire attraverso le singole scene, rischia di fare lo sbaglio opposto, lasciando spazio a dispersive frammentazioni che rischiano di allontanare lo spettatore (massimo esempio ne sono i siparietti di John Turturro).
Michelangelo Franchini
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, Nanni Moretti, John Turturro
genere, drammatico
Italia, 2015
La creazione di intrecci umani che -per quanto orbitanti attorno a un tema portante- compongano storie dalla forte china intimista e trascendano la mera archetipizzazione è forse uno dei tratti più pregevoli e caratterizzanti del cinema di Moretti. Storie in cui la trama retroceda, lasciando ampio respiro alle evoluzioni di personaggi che spesso non sono altro che ingranaggi umani -a volte, come in questo caso, corredati di frammentarie e frammentate rifrazioni metafilmiche del Moretti regista- mossi per sostenere il tema e la riflessione corale del film.
Margherita (Margherita Buy) è una regista alle prese con un film d'attualità, un film sui giovani e sul lavoro e sul mondo moderno, un film che la assorbe completamente mentre la madre -assistita dall'onnipresente fratello Giovanni (Moretti)- spende in ospedale i suoi ultimi giorni. Un intreccio quanto mai semplice che racchiude un variegato universo umano, scandagliato attraverso scene e atmosfere oniriche -registicamente inscindibili dalla narrazione- che possono essere comprese appieno solo attraverso una lettura spiccatamente psicanalitico-simbolica.
La morte, il tempo, l'imprescindibilità dei rapporti umani e contemporaneamente l'immane difficoltà degli stessi, la completa e dolorosa impotenza di fronte al lutto annunciato. E una serie di considerazioni e riflessioni che scaturiscono da un autobiografismo che fa dell'autoreferenzialità un pregio e un leitmotiv, legandola a filo doppio -un filo che è anche l'inestricabile intreccio di personaggi dalle visioni antitetiche finanche complementari- a una vicenda fin troppo umana che forse, temendo di esprimere ciò che -più ermeticamente- vorrebbe suggerire attraverso le singole scene, rischia di fare lo sbaglio opposto, lasciando spazio a dispersive frammentazioni che rischiano di allontanare lo spettatore (massimo esempio ne sono i siparietti di John Turturro).
Michelangelo Franchini
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