Citizenfour
di Laura Poitras
con Edward Snowden, Gleen Greenwald
USA, 2014
genere, documentario
durata, 113'
Si è discusso più volte di quanto le immagini
dell'11 Settembre, con lo shock provocato dal crollo delle torri
gemelle, abbiano depauperato la verosimiglianza del cinema di finzione,
costretto a competere con il bisogno di verità ereditato dai fotogrammi
di quella tragica visione. Sul piano artistico la conseguenza più
evidente è stata il ritorno a un genere, il documentario, ripescato
dall'embargo a cui l'aveva costretto l'edonismo di un'industria
cinematografica intenzionata a soddisfare le richieste di un mercato
affamato di verità. Non ci si può stupire, quindi, se un personaggio
come Edward Snowden, passato agli annali della cronaca per lo scandalo
del Datagate, si sia rivolto a una documentarista militante come Laura Poitras, e, attraverso di le, a Gleen Greenwald, il reporter del
Guardian che, nel marzo del 2013, tramite una serie di articoli e di
interviste televisive, rivelò al mondo il sistema di sorveglianza (e i
relativi programmi di intelligence) per mezzo del quale gli Stati Uniti spiavano i propri cittadini e quelli degli altre nazioni. Una violazione della privacy e della libertà dell'individuo che, di fatto, estendeva i contenuti del Patriot Act
- promulgato da George W. Bush per prevenire eventuali attacchi
terroristici - a tutti i cittadini ritenuti in qualche modo oggetto di
interesse da parte dei servizi segreti americani. Un sistema di
acquisizione "passiva" o, se volete, una versione contemporanea del
grande fratello Orwelliano, capace di intercettare ogni sorta di
comunicazione (con email, motori di ricerca e servizi online
utilizzati come fonte primaria d'informazione) e in grado di
ricostruire, attraverso la messa a sistema dei singoli dati (i
cosiddetti "metadati"), abitudini e stile di vita dei "ricercati".
"Citizenfour", dal nome in codice utilizzato da Snowden per agganciare
la Poitras, spiega, analizza, fornisce numeri e, soprattutto, conferma
la validità dell'assunto, catapultando lo spettatore all'interno di una
cospirazione di cui egli stesso è potenziale vittima. Nel farlo la
regista tiene fede alla volontà di Snowden, fin dal principio
intenzionato a evitare che l'interesse sulla sua persona potesse
togliere spazio all'importanza del messaggio. In questo modo più che
approfondire il privato del personaggio, preso in considerazione solo
per quanto riguarda le ragioni di una scelta imputata alla salvaguardia
del bene collettivo, "Citizenfour" si sofferma sulle anomalie del
sistema, individuate nel tradimento dell'amministrazione Obama che del
ridimensionamento del Patriot Act aveva fatto uno dei suoi
cavalli di battaglia e sulla cospirazione dei suoi bracci armati,
rappresentati dai vertici delle massime agenzie investigative (CIA, FBI)
e di sicurezza nazionale (NSA).
Ma il valore di "Citizenfour" non si ferma all'importanza dei contenuti, paragonabili a quelli che a suo tempo fecero la fortuna di Michael Moore e del suo "Fahreneith 9/11", perchè il lavoro della Poitras, con il suo essere parte in causa degli avvenimenti raccontati e, nel modo in cui gli spettatori avranno modo di vedere, "complice" dello stesso Snowden, rappresenta una cesura, almeno a questi livelli di fama (il film ha vinto l'Oscar 2015 come miglior documentario) e di visibilità con tutto ciò che lo ha preceduto, facendo dell'opera un atto politico rivolto non solo al pubblico pagante ma all'intero ecumenato. E se questo ancora non bastasse a definirlo un capolavoro, aiuta ad affermarlo il fatto che "Citizenfour", nel suo essere il work in progress di un Most Wanted Man, si propone come il prototipo di una nuova forma di romanzo criminale che, nella sua purezza fenomenologica, si contamina di riferimenti in cui trovano posto reminiscenze di film come "Tutti gli uomini del presidente", "Syriana" (prodotto da Soderbergh, anche qui presente nelle stesse vesti) e, per citare l'ultimo arrivato, di "Blackhat". Con i ringraziamenti rivolti a Edward Snowden per il contributo tecnologico che ha permesso alla Poitras di depistare le ricerche dell'intelligence, e quindi, di realizzare il film, a fornire un'ulteriore testimonianza della splendida anomalia che "Citizenfour" rappresenta nel panorama del mercato cinematografico.
(pubblicato su ondacinema.it)
Ma il valore di "Citizenfour" non si ferma all'importanza dei contenuti, paragonabili a quelli che a suo tempo fecero la fortuna di Michael Moore e del suo "Fahreneith 9/11", perchè il lavoro della Poitras, con il suo essere parte in causa degli avvenimenti raccontati e, nel modo in cui gli spettatori avranno modo di vedere, "complice" dello stesso Snowden, rappresenta una cesura, almeno a questi livelli di fama (il film ha vinto l'Oscar 2015 come miglior documentario) e di visibilità con tutto ciò che lo ha preceduto, facendo dell'opera un atto politico rivolto non solo al pubblico pagante ma all'intero ecumenato. E se questo ancora non bastasse a definirlo un capolavoro, aiuta ad affermarlo il fatto che "Citizenfour", nel suo essere il work in progress di un Most Wanted Man, si propone come il prototipo di una nuova forma di romanzo criminale che, nella sua purezza fenomenologica, si contamina di riferimenti in cui trovano posto reminiscenze di film come "Tutti gli uomini del presidente", "Syriana" (prodotto da Soderbergh, anche qui presente nelle stesse vesti) e, per citare l'ultimo arrivato, di "Blackhat". Con i ringraziamenti rivolti a Edward Snowden per il contributo tecnologico che ha permesso alla Poitras di depistare le ricerche dell'intelligence, e quindi, di realizzare il film, a fornire un'ulteriore testimonianza della splendida anomalia che "Citizenfour" rappresenta nel panorama del mercato cinematografico.
(pubblicato su ondacinema.it)
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