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lunedì, maggio 04, 2015

COLD IN JULY

Cold in July
di Jim Mickle
con Michael C. Hall, Sam Shepard, Vinessa Shaw, Don Johnson
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 109'
 


Presentato in concorso alla sessantasettesima edizione del festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, Cold in July rappresenta il tentativo di Jim Mickle di abbandonare una filmografia debitrice del lavoro di John Carpenter, per avviarsi a una produzione più matura e indipendente.

Tratto da un racconto di Joe R. Lansdale – che compare nel film in un cameo –, la vicenda è ambientata sul finire degli anni ’80 in Texas, quando Richard Dane (Michael C. Hall liberatosi dai panni di Dexter) in seguito all’uccisione di un ladro introdottosi una notte in casa sua, da anonimo corniciaio di provincia diviene improvvisamente una celebrità per i suoi concittadini e un eroe per la moglie Ann (Vinessa Shaw) e per il figlioletto di pochi anni. Cold in July, insufficiente risposta alla domanda tag-line americana del film “quante persone può uccidere un proiettile?” inizia coi toni noir di un raffinato thriller psicologico per imboccare ben presto la via di un road movie, a tratti snuff movie, concludendosi in un bagno di sangue gratuito e assolutamente non in linea col resto della vicenda.
 
Il protagonista, brutalmente interrotto nel suo quieto vivere da un improvviso assassinio che la polizia locale non tarda ad archiviare come “difesa personale”, non riesce a mettere a tacere la sua coscienza e decide quindi, forse per noia o forse alla ricerca di quell’avventura di cui la sua vita è scevra, di indagare sull’identità del ladro cui ha tolto la vita. Le cose cambieranno totalmente quando l’ingenuo corniciaio scoprirà che l’uomo che credeva di avere ucciso è in realtà ancora vivo, e che al suo posto è stato seppellito un afroamericano.

Entrato in un gioco di poteri e menzogne che non è certo in grado di gestire da solo, il protagonista sarà presto aiutato dallo spregiudicato Ben (Sam Shepard), un malavitoso da poco uscito di prigione alla ricerca del figlio, e dal dectective privato Jim (Don Johnson), in un crescendo di situazioni assurde e scene artificiose.
L’omicidio iniziale innesca una serie di reazioni sconnesse, in cui ciascuna scena si trova a essere scissa per logicità e causalità dalla precedente, in una composizione filmica che si troverà presto in bilico fra thriller, film di mafia e spionaggio, e B movies tarantiniano – malriuscito –. L’epopea di un americano qualunque, che si trova improvvisamente a dover fronteggiare realtà previste ma non intese dalle armi che tiene in casa per sicurezza, ricorda in parte l’incontro con la violenza di A History of Violence, senza riuscire tuttavia a imitarne la maestria e gli esiti.
 
Merito del film è quello di puntare i riflettori sulla quotidianità di chi si trova improvvisamente faccia a faccia con la morte, ma, per una volta, dalla prospettiva di chi la morte la infligge a un altro uomo. In questo senso il film punta l’attenzione, forse inconsciamente, sul tema agrodolce della liceità morale del porto d’armi a scopo preventivo e sulle conseguenze psicologiche che un utilizzo affettato può causare.
Se inizialmente Cold in July affascina e incuriosisce lo spettatore anche grazie a una fotografia raffinata e a una colonna sonora elettro-rock, col passare del tempo, alla paranoia del protagonista e alle tinte fosche del noir, si sostituisce la noia irrefrenabile dello spettatore e lo spaesamento di fronte a una vicenda che non ha né capo né coda.
Erica Belluzzi

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