Cold in July
di Jim Mickle
con Michael C. Hall, Sam Shepard, Vinessa Shaw, Don Johnson
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 109'
durata, 109'
Presentato in concorso
alla sessantasettesima edizione del festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs,
Cold in July rappresenta il tentativo di Jim Mickle di abbandonare una
filmografia debitrice del lavoro di John Carpenter, per avviarsi a una
produzione più matura e indipendente.
Tratto
da un racconto di Joe R. Lansdale – che compare nel film in un cameo –, la vicenda è ambientata
sul finire degli anni ’80 in Texas, quando Richard Dane (Michael C. Hall
liberatosi dai panni di Dexter) in seguito all’uccisione di un ladro introdottosi
una notte in casa sua, da anonimo corniciaio di provincia diviene improvvisamente
una celebrità per i suoi concittadini e un eroe per la moglie Ann (Vinessa
Shaw) e per il figlioletto di pochi anni. Cold in July, insufficiente risposta alla domanda tag-line americana del film “quante persone può uccidere un proiettile?”
inizia coi toni noir di un raffinato
thriller psicologico per imboccare ben presto la via di un road movie, a tratti snuff
movie, concludendosi in un bagno di sangue gratuito e assolutamente non in
linea col resto della vicenda.
Il protagonista,
brutalmente interrotto nel suo quieto vivere da un improvviso assassinio che la
polizia locale non tarda ad archiviare come “difesa personale”, non riesce a
mettere a tacere la sua coscienza e decide quindi, forse per noia o forse alla
ricerca di quell’avventura di cui la sua vita è scevra, di indagare sull’identità
del ladro cui ha tolto la vita. Le cose cambieranno totalmente quando l’ingenuo
corniciaio scoprirà che l’uomo che credeva di avere ucciso è in realtà ancora
vivo, e che al suo posto è stato seppellito un afroamericano.
Entrato
in un gioco di poteri e menzogne che non è certo in grado di gestire da solo, il
protagonista sarà presto aiutato dallo spregiudicato Ben (Sam Shepard), un
malavitoso da poco uscito di prigione alla ricerca del figlio, e dal dectective
privato Jim (Don Johnson), in un crescendo di situazioni assurde e scene
artificiose.
L’omicidio
iniziale innesca una serie di reazioni sconnesse, in cui ciascuna scena si
trova a essere scissa per logicità e causalità dalla precedente, in una
composizione filmica che si troverà presto in bilico fra thriller, film di
mafia e spionaggio, e B movies tarantiniano – malriuscito –. L’epopea
di un americano qualunque, che si trova improvvisamente a dover fronteggiare
realtà previste ma non intese dalle armi che tiene in casa per sicurezza,
ricorda in parte l’incontro con la violenza di A History of Violence, senza riuscire tuttavia a imitarne la
maestria e gli esiti.
Merito
del film è quello di puntare i riflettori sulla quotidianità di chi si trova
improvvisamente faccia a faccia con la morte, ma, per una volta, dalla prospettiva
di chi la morte la infligge a un altro uomo. In questo senso il film punta l’attenzione,
forse inconsciamente, sul tema agrodolce della liceità morale del porto d’armi a
scopo preventivo e sulle conseguenze psicologiche che un utilizzo affettato può
causare.
Se inizialmente
Cold in July affascina e incuriosisce
lo spettatore anche grazie a una fotografia raffinata e a una colonna sonora
elettro-rock, col passare del tempo, alla paranoia del protagonista e alle
tinte fosche del noir, si sostituisce
la noia irrefrenabile dello spettatore e lo spaesamento di fronte a una vicenda
che non ha né capo né coda.
Erica Belluzzi
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