Il racconto dei racconti
di Matteo Garrone
con Salma Hayek, Vincent Cassel, Stacy Martin, John C Reilly
Italia, Francia, Gran Bretagna, 2015
genere, fantasy
durata, 125'
Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale
a quanto c’è noto da lungo tempo.
S. Freud
In un sistema produttivo disastroso come quello italiano, la
scelta fatta da Matteo Garrone nel trasporre sullo schermo “Lo cunto de li
cunti” potrebbe inizialmente apparire, al netto della sua precedente filmografia
e ancor di più dei titoli nostrani, se
non azzardata, quantomeno spiazzante.
Nonostante le dichiarazioni fatte dal regista, a sua detta
poco interessato al parere della critica ma concentrato sul riscontro del
pubblico nelle sale, con la sua ultima opera Garrone si getta come mai aveva
fatto prima nell’esplorazione del non-noto,
esplorazione che, se precedentemente era legata principalmente al restituire
sullo schermo gli anfratti psicologici dei personaggi, ora è legata ad ogni
aspetto del film. Pur non mancando i
ponti che tendono a comunicare col passato cinematografico del nostro, con la
m.d.p. mai dimentica di soffermarsi sui volti degli attori, Garrone si trova a
dover adattare il proprio stile ad un genere cinematografico caratterizzato da
un linguaggio sui generis. Riuscita
la decodifica, l’estetica che confeziona l’opera risulta essere il perfetto
contenitore di tutto il discorso autoriale che, si voglia o no, s’impone,
grazie anche ai richiami fotografici di “Barry Lyndon” o a quelli pittorici di
Caravaggio - la fotografia è firmata da Peter Suschitzky, storico collaboratore
di un certo David Cronenberg, geniale nel bilanciare e fondere la fiaba con gli
elementi dell’orrido e del grottesco, anche grazie all’ottima resa degli
effetti speciali -.
L’eccezionalità dello scritto di Basile stava nell’aver
saputo miscelare la novellistica colta - riferendosi in particolar modo al “Decameron”
- alla favolistica di estrazione popolare/orale, eccezionalità che ha reso
Garrone l’unico autore del pianeta a potersi permettere di rimandare
contemporaneamente a Pasolini ed a Peter Jackson, non dimenticando che la sua
fiaba è anche per bambini, e che anche nell’attività fantasmatica dei bambini
sono presenti paure e angosce.
Il perturbante
diviene quindi la linea guida che lega tutti gli elementi - la nascita
macchiata dalla Morte; la bellezza perduta nella vecchiaia; la rivisitazione
del mito di Amore e Psiche; l’ossimorica pulce gigante; etc. -, elementi che
innescano l’intero meccanismo cinematografico, retto dunque sulla dialettica
eraclitea della dinamicità derivata dagli opposti - È la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il
giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo
mutando son questi. -; diventa quindi semplice respingere le accuse di chi
afferma la poca empatia avvertita durante la fruizione poiché, come il Das Unheimliche Freudiano, “Il racconto
dei racconti” è una visione che necessariamente è pensata per essere avvertita
come estranea e familiare allo stesso tempo. Nel segmento finale, dove l’equilibrista
cammina sulla fune ardente sospesa in aria, tutto torna nella matura
riflessione meta-narrativa di Garrone, che lascia aperte due strade: lasciarsi
incantare, con lo sguardo in su, ed assistere allo spettacolo, oppure osservare
sulla propria pelle l’incombenza della Fine; la grandezza del film,
probabilmente, sta nella possibilità di percorrerle contemporaneamente.
Antonio Romagnoli
1 commento:
Con questo film, Garrone, e soprattutto l'Italia ha fatto vedere al mondo che non esiste alcun preconcetto verso determinati generi. Garrone ha preso un genere, storicamente, non nostro e lo ha fatto diventare tale, usando delle fiabe Campane.
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