The
last days of American crime
di
Olivier Megaton
con
Edgar Ramirez, Anna Brewster, Michael Pitt
USA,
2020
genere:
thriller
durata:
149’
“The
last days of american crime” poteva essere un thriller ricco di azione e colpi di
scena, uno di quei film che incollano lo spettatore allo schermo grazie ad una
carica adrenalinica continua.
Peccato
che ciò non avvenga nel lunghissimo film di Olivier Megaton, disponibile su
Netflix ed uscito praticamente in concomitanza con tutta la situazione che si è
venuta a creare negli Stati Uniti, a seguito dell’uccisione di George Floyd. E
anche questo è un punto a sfavore del lungometraggio che poteva sicuramente
sfruttare meglio lo spunto dal quale si sviluppa l’intera vicenda. Invece sembra
quasi mettere da parte un’informazione del genere che, adesso, col senno di
poi, sarebbe stata la chiave di volta principale sulla quale puntare
l’attenzione.
Graham
Bricke è un criminale che, in un’America nella quale il governo ha in programma
di trasmettere un segnale che possa rendere impossibile a chiunque il tentativo
di commettere atti illeciti di qualsiasi genere, decide di allearsi con il
famoso gangster Kevin Cash e con l’hacker del mercato nero Shelby Dupree per
tentare il colpo del secolo. Così facendo rimarrebbe un ultimo baluardo di
cattivi o nemici dello stato in grado di tener vivi gli ultimi giorni del
crimine americano, destinato, invece, lentamente ad estinguersi.
Un
thriller distopico che, però, mette in scena una storia già vista e che non
aggiunge niente di nuovo ad un repertorio già di per sé stracolmo di “avventure”
del genere.
Nemmeno
il cast e le interpretazioni degli attori, Edgar Ramirez, Anna Brewster e
Michael Pitt soddisfano a sufficienza e non riescono a innalzare il livello del
film che resta, invece, piuttosto basso e insoddisfacente.
Una
durata decisamente eccessiva per la storia messa in piedi dal regista francese
di origine italiana che accumula tutta una serie di informazioni e personaggi
facendo spesso uso della violenza, talvolta anche in maniera eccessiva, seppur
sempre per voler sottolinearne la brutalità.
Colori
scuri, personaggi cupi e scenografia e fotografia abbastanza buie, proprio a
rimarcare tutta questa negatività e violenza che si sposa bene con i
personaggi, che sono comunque dei criminali, ma anche con tutti gli agenti che,
invece di rappresentare la giustizia e il bene, sono disegnati come i veri
cattivi della vicenda (anche se la distinzione tra buoni e cattivi è molto
sottile, se non addirittura quasi inesistente).
Adattamento
cinematografico dell’omonima graphic novel, “The last days of american crime”
non riesce, complice anche l’infelice combinazione di eventi con i quali si è
dovuto (e si deve) “scontrare” al momento, ad attirare l’attenzione e a raggiungere
comunque un livello soddisfacente. Due ore e mezzo per raccontare qualcosa che
poteva benissimo essere condensato in un tempo minore o in maniera diversa.
Veronica Ranocchi
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