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giovedì, giugno 18, 2020

THE LAST DAYS OF AMERICAN CRIME


The last days of American crime
di Olivier Megaton
con Edgar Ramirez, Anna Brewster, Michael Pitt
USA, 2020
genere: thriller
durata: 149’
“The last days of american crime” poteva essere un thriller ricco di azione e colpi di scena, uno di quei film che incollano lo spettatore allo schermo grazie ad una carica adrenalinica continua.
Peccato che ciò non avvenga nel lunghissimo film di Olivier Megaton, disponibile su Netflix ed uscito praticamente in concomitanza con tutta la situazione che si è venuta a creare negli Stati Uniti, a seguito dell’uccisione di George Floyd. E anche questo è un punto a sfavore del lungometraggio che poteva sicuramente sfruttare meglio lo spunto dal quale si sviluppa l’intera vicenda. Invece sembra quasi mettere da parte un’informazione del genere che, adesso, col senno di poi, sarebbe stata la chiave di volta principale sulla quale puntare l’attenzione.
Graham Bricke è un criminale che, in un’America nella quale il governo ha in programma di trasmettere un segnale che possa rendere impossibile a chiunque il tentativo di commettere atti illeciti di qualsiasi genere, decide di allearsi con il famoso gangster Kevin Cash e con l’hacker del mercato nero Shelby Dupree per tentare il colpo del secolo. Così facendo rimarrebbe un ultimo baluardo di cattivi o nemici dello stato in grado di tener vivi gli ultimi giorni del crimine americano, destinato, invece, lentamente ad estinguersi.
Un thriller distopico che, però, mette in scena una storia già vista e che non aggiunge niente di nuovo ad un repertorio già di per sé stracolmo di “avventure” del genere.
Nemmeno il cast e le interpretazioni degli attori, Edgar Ramirez, Anna Brewster e Michael Pitt soddisfano a sufficienza e non riescono a innalzare il livello del film che resta, invece, piuttosto basso e insoddisfacente.
Una durata decisamente eccessiva per la storia messa in piedi dal regista francese di origine italiana che accumula tutta una serie di informazioni e personaggi facendo spesso uso della violenza, talvolta anche in maniera eccessiva, seppur sempre per voler sottolinearne la brutalità.
Colori scuri, personaggi cupi e scenografia e fotografia abbastanza buie, proprio a rimarcare tutta questa negatività e violenza che si sposa bene con i personaggi, che sono comunque dei criminali, ma anche con tutti gli agenti che, invece di rappresentare la giustizia e il bene, sono disegnati come i veri cattivi della vicenda (anche se la distinzione tra buoni e cattivi è molto sottile, se non addirittura quasi inesistente).
Adattamento cinematografico dell’omonima graphic novel, “The last days of american crime” non riesce, complice anche l’infelice combinazione di eventi con i quali si è dovuto (e si deve) “scontrare” al momento, ad attirare l’attenzione e a raggiungere comunque un livello soddisfacente. Due ore e mezzo per raccontare qualcosa che poteva benissimo essere condensato in un tempo minore o in maniera diversa.

Veronica Ranocchi

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