Familia
di
Francesco Costabile
con
Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Barbara Ronchi
Italia,
2024
genere:
drammatico
durata:
120’
Dopo
il debutto forte e impegnato con il suo “Una femmina” Francesco Costabile torna
a parlare di tematiche d’impatto con il suo “Familia”.
Un
film che dà valore alla vita, (di)mostrando come guardare e rapportarsi
con il mondo che si è disposti a creare nella propria esistenza.
I
sospiri concitati, carichi di preoccupazione e terrore, che si sentono fin
dall’inizio, si trasformano nel corso del film, di pari passo con la crescita
dei due fratelli, soprattutto di Gigi che, dopo aver millantato nella X MAS, è
il primo a cercare una via d’uscita, seppur estrema, dalla situazione in cui
lui, Alessandro e la madre si trovano.
Se
la Familia del titolo vuole richiamare l’idea di famiglia normale
intesa come equilibrata, in realtà quello che il regista vuole suggerire allo
spettatore è che ne esistono diversi tipi, non tutti corretti, non tutti
uguali, non tutti con le stesse regole. La riflessione è molto più ampia e
inizia immediatamente. Due contesti e due rapporti diversi. La madre che evita
di toccare l’argomento, cambia serratura e cerca di ovviare al problema non
affrontandolo. Il padre che va a prendere i due figli e li porta al parco
giochi, li fa (apparentemente) divertire, sperando di trasformarli in burattini
nelle sue mani. E proprio dal contrasto di questi due rapporti nasceranno
approcci diversi da parte dei due figli, in grado entrambi di reagire, ma non
allo stesso modo. Il già più maturo Alessandro, in grado di comprendere fin
dalla tenera età, la gravità della situazione cercherà, per quanto possibile,
di dimenticare, a differenza di un agguerrito Gigi, in cerca più che altro di
un suo posto nel mondo e di un suo autentico concetto di famiglia.
Il
suo millantare all’interno del gruppo fascista è soprattutto una ricerca di un’identità
che probabilmente non ha mai avuto a casa. Non è un caso, infatti, che solo in
quel momento Gigi si senta un figlio, capito (almeno in parte) e aiutato, e non
un padre o comunque qualcuno con la responsabilità di dover mandare avanti una
famiglia. Ed è sempre lì che incontra Giulia (Tecla Insolia) con la quale
sperimenta una sorta di relazione, provando a mettere in pratica insegnamenti
che ha appreso autonomamente. Un tira e molla continuo che non sfocia, però, mai
nella violenza fisica (fatta eccezione per una spinta). Un tira e molla al
quale entrambi cercano di appigliarsi con le unghie e con i denti per non dover
affrontare il resto del mondo, ma provando a rimanere nel proprio “caldo” nido
come quello di un uccellino che dà vita ai suoi piccoli, covandoli e aspettando
che l’uovo si schiuda.
Io
non posso più aspettare.
L’impazienza e la
determinazione di Luigi evolvono nel corso della narrazione, mostrando una crescita
a tratti necessaria, a tratti pericolosa che ben si amalgama non solo con l’interpretazione
di Francesco Gheghi che si concede anima e corpo al suo personaggio, ma anche e
soprattutto con una regia onnipresente e mai ridondante. Dai continui cambi di
sguardi dei personaggi ai movimenti lenti della macchina da presa nei momenti
più conviviali e, quindi, notoriamente, più familiari, la regia di
Francesco Costabile invita lo spettatore a prestare molta attenzione a ogni
singolo elemento in scena. O fuori scena, come la corsa, apparentemente senza
confini e senza meta del piccolo Luigi.
Veronica Ranocchi
ottimarecensione
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