Il drago invisibile
di David Lowery
con Bryce Dallas Howard, Robert Redford, Oakes Fegley
USA, 2016
genere, avventura, fantastico
durata, 102'

La scelta di affidare il progetto a David Lowery appare in questo senso indicativa perché, abituato a lavorare nel cinema indipendente, il regista americano sceglie un punto di vista intimista che emerge fin dalla prima scena, in cui il primo contatto tra Pete e il drago - preceduto dall'incidente mortale che ha ucciso i genitori del bambino - avviene in un clima di sospensione temporale e in uno stato di alterazione di coscienza dove a contare è la capacità di trasformare uno spicchio di foresta in una specie di ventre materno (sicuro e riparato), atto a rappresentare il passaggio di consegne tra i genitori biologici appena scomparsi e quelli acquisiti, coincidenti nella figura del gigantesco drago che, a partire da quel momento, si prenderà cura di lui. Un realismo emotivo che Lowery doppia con una fotografia che, pur salvaguardando la prevalenza di una luce morbida e calda - adatta ad esprimere i sentimenti di amore e di amicizia che unisce gli esseri umani al drago -, è contraddistinta da sgranature che vogliono restituire l'immediatezza del reale che informa le circostanze in cui si svolgono i fatti della nostra storia. In un quadro del genere a guadagnarci è soprattutto la tecnologia utilizzata nelle apparizioni del drago, poiché a fronte dei tratti volutamente cartooneschi e nonostante l'evidente matrice digitale il fattore virtuale si umanizza fino al punto da far dimenticare la natura artificiale della fenomenale creatura. Ispirato a "Elliot il drago invisibile", il film Disney del 1977 che mescolava cartoni animati e riprese dal vivo, "Il drago invisibile" nella proposta di tematiche tipiche (per questo genere) come quella della crisi del nucleo famigliare e dell'intolleranza nei confronti della diversità - entrambe risolte con la solita dose di correttezza politica - potrebbe essere una via di mezzo tra "Il libro della giungla" (per le similitudini della storia) e "La storia infinita" (per le fattezze del drago e per il rapporto tra quest'ultimo e il bambino) se non fosse per il sovrappiù d'empatia, questa sì davvero personale, con cui il lungometraggio di Lowery riesce a farci credere nella favola raccontata. Per tornare bambini o continuare ad esserlo la visione de "Il drago invisibile" potrebbe risultare addirittura terapeutica al recupero dell'innocenza perduta.
(pubblicato su ondacinema.it)
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