Pinocchio di Guillermo del Toro
di Guillermo del Toro
con Gregory Mann, Ewan
McGregor, David Bradley
USA, Messico, 2022
genere: animazione,
fantastico, avventura
durata: 121’
Sono stati tanti gli
adattamenti nel corso del tempo del grande classico di Carlo Collodi con
protagonista il piccolo bambino di legno creato dalle mani di Geppetto. Ognuno
di essi ha provato, ogni volta, ad aggiungere elementi, a modificare alcuni
tratti e a inserire la propria personale visione dei fatti, ma nessuno, fino a
ora, aveva mai fatto l’operazione compiuta da Guillermo del Toro.
Il regista messicano ha
realizzato quello che può essere considerato, al momento, il miglior
adattamento del classico di Collodi.
Una visione personale di
un classico della letteratura e del cinema che sembrava essere stato sviscerato
completamente, ma che, invece, con la sapiente mano dell’autore del film premio
Oscar “La forma dell’acqua” si trasforma quasi completamente.
Interamente realizzato
con la tecnica della stop-motion, il film, a differenza degli altri
adattamenti, è ambientato al tempo del fascismo.
La mano del regista
plasma e conferisce una completa e nuova forma all’opera della quale mantiene
intatto il nucleo principale. Con il tocco di Guillermo del Toro, Pinocchio
diventa, a tutti gli effetti, una sua creatura, più dark e più inquietante,
come quelle alle quali ci ha abituato il regista messicano.
Complici le musiche e le
fantastiche ambientazioni, il Pinocchio di Guillermo del Toro è destinato, già
dopo una prima visione, a diventare un grande classico, da vedere e rivedere
per analizzare ogni singola scelta compiuta e ogni saggio e astuto stratagemma messo
in atto.
La scelta di ambientare
la storia in un’epoca come quella del fascismo dà modo a del Toro di utilizzare
quel male per distruggerlo con astuzia e ingegno. Basti pensare, per esempio,
alla presenza di Mussolini a uno degli spettacoli di marionette, ai quali
prende parte anche Pinocchio, “costretto” a partecipare per salvare Geppetto, e
al modo in cui viene “disegnato” il dittatore. Degna di nota anche la scelta di
muovere, naturalmente, i vari burattini con dei fili, fatta eccezione per
Pinocchio che, come gli altri, avrebbe dovuto avere bisogno di una “guida” per
muoversi, ma che riesce autonomamente a emergere, andando anche contro la
realtà che lo circonda e arrivando a criticare il fascismo e tutto ciò che ne
consegue.
Ciò che emerge dall’opera
di del Toro è, quindi, anche una critica sociale, a un momento buio della
storia che va di pari passo con i personaggi. Ci sono, infatti, dei
cambiamenti, delle variazioni e delle reinterpretazioni dell’opera di Collodi
che il regista messicano fa proprie. Abituati alle sue opere nelle quali vita e
morte sono costantemente presenti, seppur ogni volta con diverse modalità,
anche nel “Pinocchio di Guillermo del Toro” notiamo questa commistione fin dall’inizio
con la decisione di aggiungere la figura di Carlo, il vero figlio di Geppetto,
purtroppo scomparso da giovanissimo. La sua presenza, seppur solo nei ricordi e
nella memoria, è costante in tutta la narrazione.
Un film che, fin dal
titolo, fa ben capire la direzione e l’intenzione. Non è più solo “Pinocchio” o
il “Pinocchio” nato dalla penna di Collodi. Adesso è “Pinocchio di Guillermo
del Toro”, una distinzione netta e decisa secondo il regista. E, visto l’apprezzamento
generale, anche secondo il pubblico.
Veronica Ranocchi
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