La pie voleuse
di
Robert Guédiguian
con
Ariane Ascaride, Jean-Pierre Daourroussin, Gérard Meylan
Francia,
2024
genere:
commedia
durata:
96’
Ancora
una volta c’è Marsiglia quando si parla di Robert Guédiguain che,
tracciando al meglio il suo cinema e avvalendosi di quelli che sono
ormai i suoi attori feticci, realizza un ennesimo spaccato di vita (francese).
Stavolta il film è La pie voleuse, presentato nella sezione Grand Public
della Festa del cinema di Roma.
Un
inizio concitato, tra il treno in movimento e quello che è a tutti gli effetti
un furto, o almeno un presunto tale, al quale il regista francese ricorre per
introdurre la storia, senza poi tornarci nello specifico. Non ci interessa
sapere chi sono i rapinatori e cosa volevano. A interessarci sono le vite
quotidiane di una serie di persone, tutte (o quasi) che ruotano, per un motivo
o per un altro, attorno a Maria, donna delle pulizie (e all’occorrenza
badante) di alcuni anziani nei dintorni di casa. Ma Maria non ha solo i
suoi amici da badare e sistemare. Ha anche un marito a cui piace
giocare, soprattutto soldi che puntualmente perde; ha una figlia sposata con un
marito molto spesso assente a causa del suo lavoro e un nipote al quale vuole
regalare il miglior futuro possibile e che vede già come un pianista affermato.
Purtroppo, però, il costo di un pianoforte e delle lezioni è molto alto, tanto
che né i genitori né i nonni possono permetterselo. Ma Maria, per
aiutare figlia e soprattutto nipote, pensa di escogitare un piano perfetto e
avere quei soldi necessari per coltivare il talento del più piccolo.
A
differenza di altri suoi film, anche più metaforici o comunque con una morale
diversa, La pie voleuse tratteggia quella che è la quotidianità e come
essa può subire un cambiamento, anche importante, da un momento all’altro.
Le
persone con cui si litiga sono quelle che si amano davvero.
E
di litigi in questo film ce ne sono, ma per fortuna ci sono anche (nuove)
riappacificazioni. Un intreccio continuo di relazioni che iniziano, finiscono e
si mescolano tra loro per dare vita a nuovi legami, più o meno forti dei
precedenti.
Al
pari dell’inizio, improvviso e inaspettato, anche lo sviluppo della storia
rompe un apparente equilibrio per crearne un altro. Come la pie voleuse
del titolo (che richiama sia il negozio di musica dove viene acquistato il
pianoforte sia l’agire, seppur a fin di bene, della protagonista), anche il ritmo,
al pari di un ladro, si trova costretto a rubare qualcosa. È come se la storia
si fermasse per concentrarsi sui legami dei personaggi. E se può apparire
improvvisa la relazione tra due personaggi completamente agli antipodi, quello
che in realtà vuole proporci Guédiguain è la possibilità di guardare il
mondo da un’altra prospettiva. Una diversa prospettiva legata anche al fatto
che sono le generazioni a cambiare e che il male di alcuni può ricadere
sul futuro, ma spetta poi a questo futuro cercare una via di fuga. E se,
però, anche i figli cadono negli stessi errori e negli stessi errori dei
genitori?
In
questo modo il regista strizza l’occhio, come da sempre ama fare con il suo
cinema, a una realtà sempre più vicina alla finzione straripante delle tante
opere artistiche. Il regista francese filma una verità passata, ma anche
presente, in netta contrapposizione, entrambe incarnate perfettamente dai
personaggi, come se fossero schierati in due fazioni: da una parte i
genitori, nello specifico Maria, che cerca in maniera quasi ossessiva di
realizzarsi, anche attraverso gli altri, e dall’altra Jennifer, la
figlia sempre attenta e prudente. Alla fine, però, nessuno prevarica sull’altro,
non viene elogiato uno per affossare l’altro e non vengono dati giudizi. Non ci
sono né vincitori né vinti, ma c’è la consapevolezza (e la speranza) di poter
dare un’altra possibilità e fare in modo che si esca dalla sala cinematografica
rinfrancati e rigenerati dall’atmosfera, complici fotografia e colori, sempre
positiva dell’autore francese.
Veronica Ranocchi
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