
Vite perdute, non solo quella del protagonista, ma anche dei coetanei che lo circondano, schiacciati da responsabilità che non sono in grado di gestire e chiusi all’interno di un egoismo che li priva di qualsiasi empatia con il mondo circostante; in questo senso è esplicativo il quadro familiare che viene fuori dalla visita che il protagonista rende alla propria famiglia in cui la presenza maschile è cancellata da figure femminili ingombranti ed anaffettive (la madre logorroica ed incapace di rispondere al disagio del figlio) oppure inconsapevoli (la moglie del fratello incapace di spiegare i motivi della presunta felicità matrimoniale), così come l’ambiente di lavoro dove i colleghi vivono con rassegnazione il disagio di non saper rispondere ai problemi dei propri alunni.

Girato alla maniera del cinema verità, con riprese che sembrano nascere dalla spontaneità dei personaggi ed immagini che rispecchiano, soprattutto nell’uso dei mezzi toni, della luce ed anche dei colori, il carattere dimesso delle figure umane, il film deve tutto alla straordinaria interpretazione di Ryan Gosling (come in The believer semplicemente straordinario), completamente sottotraccia eppure capace di urlare gli stati d’animo del suo alterego attraverso impercettibili scansioni dello sguardo e di farci vivere dal di dentro il dramma interiore del suo personaggio.

Quasi a riprendere la dicotomia riassunta nel titolo, il film finisce per allontanarsi dal proprio centro, diviso tra il Nelson privato, immenso nella libertà dell’interpretazione attoriale e quello pubblico, limitato da una scrittura troppo spiegata ed ancora ferma alla libellistica sessantottina.
Per questo film, ancora inedito in Italia, Ryan Gosling è stato candidato all’oscar quale miglior attore protagonista.
DEDICATA A CARMEN
1 commento:
Conoscendomi, penso immmaginerai la mia reazione.
Ti voglio bene, Amico mio.
Grazie.
Spero che il film esca presto in italia, perché da come ne parli deve essere molto interessante.
Ti abbraccio, Nickoftime
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