La telecamera osserva i due protagonisti con una fissità raggelata; la casa/laboratorio diventa il palcoscenico di un dramma che non lascia scampo; gli spazi angusti diminuiscono le distanze ed evidenziano il crescendo della tensione nelle facce degli attori; la compostezza formale contrasta con il ritmo sincopato delle parole generando un malessere accresciuto dalla presenza di una fotografia artificiosa e quasi invadente nella sua evidente perfezione. Di Caprio/Winslet già ribellatisi all’immagine titanica con scelte di campo che rifuggivano il divismo a tutti costi finiscono il lavoro uccidendo per sempre il romanticismo che a suo tempo aveva rischiato di imprigionarli nel ruolo degli eterni innamorati. Sono loro il motivo principale del film ed il regista li asseconda in un crescendo di scene madri segnalate da un andamento che diventa nervoso e produce una visione più frammentata, con la camera che passa da un personaggio all’altro all’interno dello spazio in cui si muovono, e che culmina nella sequenza del bosco, quella che segue il confronto tra i due protagonisti la cui apparente felicità è stata appena smascherata dal figlio della vicina, (un tipo appena uscito da una casa di cura e che nel film rappresenta la faccia sporca del sogno americano, quella da nascondere a tutti i costi) in cui il personaggio della Winslet compie l’ultimo atto di una presa di coscienza che la costringerà ad una resa drammatica e definitiva. Impeccabile nella sua confezione il film tradisce le attese perché non riesce ad amalgamare la cornice al contenuto, il realismo del testo con la costruzione di un quadro complessivo che rimanga attaccato ai movimenti interni del film.
sabato, marzo 07, 2009
REVOLUTIONARY ROAD
La telecamera osserva i due protagonisti con una fissità raggelata; la casa/laboratorio diventa il palcoscenico di un dramma che non lascia scampo; gli spazi angusti diminuiscono le distanze ed evidenziano il crescendo della tensione nelle facce degli attori; la compostezza formale contrasta con il ritmo sincopato delle parole generando un malessere accresciuto dalla presenza di una fotografia artificiosa e quasi invadente nella sua evidente perfezione. Di Caprio/Winslet già ribellatisi all’immagine titanica con scelte di campo che rifuggivano il divismo a tutti costi finiscono il lavoro uccidendo per sempre il romanticismo che a suo tempo aveva rischiato di imprigionarli nel ruolo degli eterni innamorati. Sono loro il motivo principale del film ed il regista li asseconda in un crescendo di scene madri segnalate da un andamento che diventa nervoso e produce una visione più frammentata, con la camera che passa da un personaggio all’altro all’interno dello spazio in cui si muovono, e che culmina nella sequenza del bosco, quella che segue il confronto tra i due protagonisti la cui apparente felicità è stata appena smascherata dal figlio della vicina, (un tipo appena uscito da una casa di cura e che nel film rappresenta la faccia sporca del sogno americano, quella da nascondere a tutti i costi) in cui il personaggio della Winslet compie l’ultimo atto di una presa di coscienza che la costringerà ad una resa drammatica e definitiva. Impeccabile nella sua confezione il film tradisce le attese perché non riesce ad amalgamare la cornice al contenuto, il realismo del testo con la costruzione di un quadro complessivo che rimanga attaccato ai movimenti interni del film.
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