Il
primo ricordo che torna in mente è la cronaca della conferenza stampa seguita alla presentazione veneziana di
"The Master", con Hoffmann impegnato a tener alta insieme ad un altro
attore a "rischio" -Joaquin Phoenix- la bandiera di un'innafferabilità
che sembrava voler concedere solo allo schermo la possibilità di intuire
quella parte di se che nella vita pubblica rimaneva sempre vaga e
nascosta.
E proprio l'interpretazione "monstre" di "The Master" realizzato da PT Anderson, il regista che meglio di tutti ha saputo incanalarne la versatilità potrebbe essere la stella polare per navigare in una carriera cinematografica meditata e selettiva: da "Truman Capote: a sangue freddo" per cui vinse un meritato Oscar a "Jack Goes Boating" esordio alla regia ancora una volta all'insegna di un personaggio disfunzionale ed impacciato. Una trasparenza, quella di Hoffman, manifesta anche nelle scelte attoriali, spesso propense a ruoli il cui scarso minutaggio sembrava voler compensare in qualche modo la strabordante potenza del talento, e l'evidenza di un corpo massiccio ed un po' trascurato. Adesso, per quello che ne sappiamo sarebbe stato in difficoltà rispetto al clamore scatenatosi il suo ultimo atto di vita. Per questo ci fermiamo qui, spegnendo i riflettori sul privato della sua esistenza. Da ora in poi lo celebreremo attraverso il cinema che ci ha regalato. Buon viaggio Seymour.
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