Sviluppato e prodotto nell’ambito della dodicesima edizione della Biennale College Cinema con il sostegno di un grant messo a disposizione dalla Biennale di Venezia, Il mio compleanno di Christian Filippi è il racconto di un amore impossibile e di un’esistenza che stenta a prendere il volo. Del film abbiamo parlato con il regista.
Il mio compleanno inizia
portandoci subito nel mezzo dell’azione con Riccardino che minaccia di
uccidersi buttandosi giù dalla palazzina che ospita la casa famiglia. Mentre
gli altri ragazzi lo sfidano a saltare di sotto e gli educatori lo scongiurano
di desistere, la sequenza delinea le gerarchie dei rapporti tra il protagonista
e i personaggi principali. Tra questi emerge soprattutto l’intesa con Simona,
una delle educatrici della struttura.
Sì, guarda, ti dico
subito che la maggior parte delle scene girate dentro la casa famiglia
sono tratte dalla vita reale, quelle raccolte negli anni del volontariato in
queste strutture dove facevo dei piccoli corsi di cinema mostrando i film
ai ragazzi. Fatti come quello raccontato nella scena iniziale si sono ripetuti
spesso: le litigate tra gli ospiti non si contavano ma accanto a queste vi
erano momenti di grande solidarietà. Nella prima scena mi piaceva iniziare con
la rabbia e la disperazione del protagonista senza però tralasciare l’ironia
che i ragazzi sanno tirare fuori per stemperare la drammaticità della loro
condizione.
Infatti la scena
iniziale, per il misto di riso e pianto, è fondante anche del clima
drammaturgico che si respira nel film.
Stando a contatto con
loro ho capito che vivono le loro storie con enorme drammaticità, però poi
hanno l’ironia sufficiente per proteggersi dalla realtà. Volevo che la scena
iniziale trasmettesse un’adrenalina tale di coinvolgere fin da subito lo
spettatore, poi però nel corso del film, ho cercato di non far venire mai meno
piccole dosi di leggerezza tenendo conto che rispetto al pubblico festivaliero
questa componente è quella che attira al cinema i giovani. Detto questo il mio
desiderio più grande è quello di proiettare il film laddove è nato e cioè nella
case famiglia in cui ho lavorato. Spero di riuscirci.
Uno dei fili conduttori
del film è il rapporto tra Simona e Riccardino, di cui entra a far parte più
avanti anche la madre del ragazzo. Da questo punto di vista Il mio compleanno
racconta una sorta di triangolo amoroso dove questi tre personaggi si contendono
in qualche modo uno l’amore dell’altro.
Insieme alla
sceneggiatrice Anita Otto abbiamo cercato di creare una sorta
di menage tra i personaggi in cui spicca la figura di questa educatrice molto
protettiva e con una vocazione materna verso i ragazzi per i quali ha
sacrificato la sua vita. Simona è ispirata a tantissime educatrici ed educatori
con cui mi sono trovato a collaborare. Documentandomi ho potuto constatare come
per loro tutto questo sia una vera e propria missione. Ho cercato di metterlo
dentro il film insieme alla dicotomia tra chi è la madre biologica dei ragazzi
e chi non lo è. Anche Antonella, la madre di Riccardino, è innamorata di lui
però forse non ha gli stessi mezzi di Simona per instaurare una relazione con
il figlio.
Quello che mi è piaciuto
è stato il modo in cui il film mette in scena il triangolo sentimentale tra i
personaggi. Pur rimanendo sempre all’interno di una dimensione affettiva
parliamo di un rapporto fatta di contatti fisici, con corpi che si toccano, si
abbracciano e si respingono e dunque di qualcosa che imita l’amore sensuale.
Si, beh, sulla fisicità è
stato fatto un lavoro lungo e meticoloso che partiva dalla scrittura e si è
concretizzato durante le prove con gli attori. Da parte mia sentivo la
necessità di mettere Riccardino nella condizione di toccare le cose perché lui
è uno che ha bisogno di concretezza e di azione. Il suo motto è: “mi impedite
di farmi vedere mia madre? Bene, allora me la vado a prendere io!”
Questo bisogno dell’altro
si esprime senza limiti sia con Simona, con gli altri compagni e anche con la
madre. Penso alla scena in cui vediamo Riccardino che si rotola sul corpo degli
amici e anche alle sequenze in cui abbraccia e balla con Simona. Il desiderio
di contatto finisce per misurare il bisogno d’amore del ragazzo.
Si tratta di una vera e
propria fame d’affetto e di relazioni. Nel corso delle prove una delle
indicazioni date a Zackari Delmas è stata quella di lavorare
su questa fame di vita che si manifesta con la voracità in cui Riccardino
mangia, fuma e, come dicevi, dal modo tutto fisico di relazionarsi con gli
altri. I suoi eccessi ne evidenziano i bisogni e le mancanze.
Nel fare questo sei stato
bravo a trovare un equilibrio perché soprattutto nel rapporto tra Riccardino
Simona e Antonella era facile superare questa soglia e dunque di banalizzare i
sentimenti messi in campo dalla storia. Perché poi i corpi trasmettono energie
che bisogna comunque saper incanalare.
In effetti questa era una
delle mie paure. Quando ho scritto la storia sono stato molto attento a non far
cadere quel rapporto all’interno di una dimensione erotica. In questo senso le
prove quotidiane con gli attori mi hanno aiutato nel trovare la giusta misura.
Il risultato del tuo
lavoro consente alle immagini di diventare “carne” contribuendo in questo a
quelle caratteristiche di concretezza verso cui si dirige la ricerca del
personaggio.
Di questo ti ringrazio
perché hai letto veramente molto bene il lavoro fatto sul film.
Parlando dello stile del
film Il mio compleanno adotta quello di tipo documentaristico
in cui la leggerezza del dispositivo e la scelta di utilizzare un formato
d’inquadratura più piccolo ti consente di vivere con i personaggi, di stargli
vicino preservandone l’intimità del punto di vista.
Vendendo dal documentario
fin dai primi cortometraggi ho sempre privilegiato l’utilizzo della
macchina a mano proprio per stare vicino ai personaggi attraverso la tecnica
del pedinamento. Qui però abbiamo cercato di lasciare gli attori più liberi possibile.
Ci avvicinavamo a loro facendo ciak da diversi punti di vista. Pensando a
Riccardino Antonella e Simone l’obiettivo era di muoverci insieme a loro
lasciandogli però la libertà di creare la coreografia dei loro spostamenti.
Volevo preservare anche sul set la naturalezza raggiunta nelle prove. Non
volevo perderla, così ho permesso agli attori di muoversi e sono stato io ad
andargli dietro. Questo mi ha consentito di sentire i loro affanni, i loro
respiri, le loro mani che si toccano l’un l’altro.
Il mio compleanno è
anche un film di primi piani a cui tu restituisci importanza in termini
emozionali e narrativi. Tra i più belli c’è quello del primo incontro con Don
Ezio in cui decidi di restare sul volto di Riccardino per leggervi il crescendo
tumultuoso di pensieri e di emozione provocate dalle parole del prete.
Quel primo piano è stata
una scelta di montaggio perché inizialmente avevamo girato un campo controcampo
di Don Ezio per poi renderci conto che in quella scena la performance di Zack
era così alta da non poter essere persa. E poi, come dicevi, facendo così è
possibile cogliere il montare della rabbia fino all’esplosione nervosa con cui
si conclude la scena.
Il secondo di cui ti
volevo chiedere è quello altrettanto bello sul volto di Silvia D’Amico che
racconta il momento in cui Riccardino incontra la madre in clinica. Il colore
delle luci e la luminosità rarefatta così come la vicinanza della cinepresa
raccontano di una visione ideale, quella che ha Riccardino del genitore.
Parliamo di una sequenza che è il punto di partenza per un progressivo ritorno
alla realtà, con le immagini che un poco alla volta diventeranno sempre più
concrete per corrispondere alla presa di coscienza del ragazzo rispetto
all’impossibilità di vivere con la propria madre.
Sì, perché ho provato a
rendere la fuga di Riccardino dalla casa famiglia e il successivo incontro con
la madre quasi in maniera onirica per dare vita all’ossessione che tormenta il
ragazzo prima di lasciare l’istituto. Il primo piano di Silvia abbiamo
deciso di girarlo con queste lenti macro, molto vicine all’attrice e capaci di
trasfigurare lei e l’ambiente. Questo mi ha permesso di costruire la sequenza
più in fretta possibile considerando che i film della Biennale College scontano
i limiti di un budget ridotto all’osso. Non avendo possibilità di accedere a
una vera clinica siamo riusciti a trovare il modo per dare la sensazione che la
scena fosse comunque ambientata li. Comunque si, il primo piano è stato fatto
pensando che fosse tutto dentro la testa di Riccardino.
Infatti il colore rosso
di quel primo piano rimanda a quello presente quando Riccardino telefona alla
madre dentro il bagno della casa famiglia.
Proprio così. Abbiamo
cercato di ricreare quella stessa fotografia, perché poi anche lì non sentiamo
mai la voce di Antonella e dunque è come se quella fosse frutto della fantasia
e del desiderio del ragazzo di stare con la madre. Da qui la scelta di una resa
fotografica quasi astratta.
La fotografia testimonia
il passaggio di Riccardino da una situazione ideale, vissuta dentro la propria
testa, a un’altra più concreta e reale. Una delle scene spartiacque è appunto
quella del compleanno che Antonella festeggia regalando al figlio un dolce.
Considerando che ciò che segue racconterà di un tradimento è come se tu avessi
messo in scena una sorta di ultima cena.
Sì, sì
esatto. Abbiamo cercato di costruire la prima metà del film con una
macchina più posata, servendoci di inquadrature molto
cinematografiche. Nella seconda invece abbiamo cercato di virare su una
realtà più cruda, che poi è quella che effettivamente Riccardino vive una volta
fuori della casa famiglia. Passando da un mondo protetto a un altro dove non
esiste alcun paracadute la mdp diventa molto più dinamica, molto più sporca.
Nella scena del compleanno abbiamo cercato di racchiudere il passato e il presente
della loro storia. Li siamo vicini al momento in cui la madre di Riccardino
rendendosi conto di non farcela e di danneggiare il figlio si fa coraggio
dicendogli che è arrivato il momento di prendere strade differenti. È come se
il quel momento la madre permettesse al figlio di iniziare il percorso per
diventare adulto.
A questo proposito la
scena simbolica di questo passaggio è quella in cui vediamo Riccardino
accarezzare la testa di Antonella addormentata sulle sue gambe. In precedenza
era successo l’esatto contrario mentre ora è il ragazzo a interpretare il ruolo
dell’adulto.
Si, quella è proprio la
scena che testimonia il cambio di prospettiva di cui parlavamo. La notte prima,
dentro la macchina, è Riccardino che dorme in braccio alla madre mentre in
quella successiva accade l’esatto opposto per le ragioni che dicevi nella domanda.
Riccardino si libera in qualche modo dall’ossessione della madre e forse
capisce di dover essere lui a occuparsi di lei.
Dopo la separazione dalla
madre c’è anche quella da Simona, testimoniata da primi piani separati di lui e
lei all’interno della macchina che li sta riportando a casa.
Quella scena mi serviva
per sancire la separazione tra Simona e Riccardino. È l’unico modo in cui
abbiamo potuto farlo perchè la camera car era molto costosa. A un certo punto
mentre Riccardino piange si vede la mano di Simona che entra in campo ma poi si
ritrae subito. Li è come se lei gli dicesse di poterlo proteggere ma che è ancora
più importante che lui si stacchi e inizi una nuova vita, diversa dalla
precedente. Il personaggio che abbiamo raccontato è cresciuto lì dentro per poi
diventare educatrice. A un certo punto anche lei capisce di dover
cambiare vita prendendo il coraggio di andare via. In questo senso Simona e
Riccardino si aiutano uno con l’altro per avere il coraggio di farlo.
Nel ruolo di Simona
Giulia Galassi è davvero brava. Il suo è un personaggio che rimane nel cuore.
Allo stesso modo lo è Zakari Delmas.
Giulia la conosco da
molto tempo, sapevo che era molto brava per cui appena ho saputo di poter fare
il film ho pensato subiti a lei. Zakari l’avevo visto in un bellissimo corto
intitolato Ovunque Altrove. Aveva solo quindici anni ma la
sua fisicità mi aveva colpito. Quando ha fatto il provino avevo diciotto anni e
questo ha concorso nella sua scelta perché volevo che la sua energia
corrispondere a quella del personaggio. Insieme abbiamo costruito il suo ruolo
a cui lui ha dato un corpo, una voce, le movenze, il modo di vestire e di
parlare. Ha un talento infinito. Gli auguro il meglio.
So che ci tieni a
ringraziare i produttori del film.
Si perché senza Leonardo
Baraldi e la società Schicchera Production Il mio
compleanno non sarebbe stato possibile realizzarlo.
Che tipo di cinema ti
piace?
Avendo studiato alla Rossellini che il liceo di cinema
presente a Roma ho iniziato a vedere film da piccolissimo. Partendo da
Rossellini non mi sono più fermato. Tra i miei riferimenti ci sono innanzitutto
due autori italiani con cui ho avuto il piacere di collaborare come
assistente che sono Matteo Garrone e Claudio
Giovannesi. Tra gli stranieri ti dico Andre Arnold, i fratelli Dardenne, Stephan
Brisee. Dopodiché sono un che guarda un sacco di blockbuster perché
poi alla base di tutto c’è l’amore per il cinema.
Carlo Cerofolini
(conversazione pubblicata su taxidrivers.it)
Nessun commento:
Posta un commento