Nonostante
di Valerio Mastandrea
con Valerio Mastandrea, Lino Musella, Laura Morante
Italia, 2024
genere: drammatico
durata: 93'
Seconda prova da regista per Valerio Mastandrea che ha il compito di aprire la sezione Orizzonti di Venezia 2024 con il suo Nonostante.
A metà strada tra una storia di vita, di morte e d’amore, Valerio Mastandrea con il suo Nonostante vaga, così come il suo personaggio, nell’indefinitezza dell’essere e di ciò che lo rende tale. Un vagare che è solo apparentemente senza meta, ma che, tra citazioni, frasi motivazionali e un pizzico di magia, è in realtà un dolce naufragar leopardiano.
Un uomo trascorre serenamente le sue giornate in ospedale senza troppe preoccupazioni. È ricoverato da un po’ ma quella condizione sembra il modo migliore per vivere la sua vita, al riparo da tutto e da tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Quella preziosa routine scorre senza intoppi fino a quando una nuova persona viene ricoverata nello stesso reparto. È una compagna irrequieta, arrabbiata, non accetta nulla di quella condizione, soprattutto le regole non scritte. (Fonte: Biennale)
Dopo
Ride, Valerio Mastandrea ci riprova con Nonostante.
La base di partenza è simile, come fosse la stessa tavola imbandita pronta a
essere presa d’assalto dai commensali. Lo sviluppo, invece, diverso, quasi
inevitabilmente.
A
essere protagonista del film è un Valerio Mastandrea, dapprima
fuori fuoco fino poi a essere, nella primissima scena che dovrebbe ritrarlo,
del tutto oscurato arrivando così a simboleggiare il presagio e l’incombenza
della morte. Invece di prendere per mano lo spettatore all’interno di una vera
e propria storia, il personaggio e, con lui il regista, vaga all’interno di un
mondo senza confini nel quale si perde e fa perdere chiunque. In realtà tutte
quelle cose che lo circondano, piccole o grandi che siano, e apparentemente
senza scopo, si riveleranno invece significative. E sarà compito dello
spettatore riuscire a comprenderle, arrivando a individuare dove inizia e dove
finisce il tutto.
Spostandosi da un luogo a un altro ogni volta in maniera diversa e ricorrendo a mezzi sempre più disparati (dal muletto alla sedia a rotelle), aleggia come un fantasma in un mondo reale, ma privo di certezze.
Tutto
cambia quando arriva una nuova persona.
Nessuno vuole andarsene da solo.
La
sua irruenza e anche la sua diversità rispetto al modo di vivere e di porsi del
protagonista lo pone di fronte a una scelta: come sarebbe il mondo visto da
un’altra prospettiva?
Se
fino a quel momento la sua vita oscillava tra routine e leggerezza, dove niente
era serio e niente andava preso sul serio, adesso tutto sembra avere un altro
sapore. Quel Tempo perduto di Proust, che il personaggio
interpretato da Laura Morante afferma di aver tradotto, è come se si
fosse impossessato del trio solitario di protagonisti: lei che vuole essere
dimenticata, il personaggio interpretato da Lino Musella, in quel
perenne impermeabile giallo che sta a metà tra l’orrore incarnato dal celebre
clown con la stessa mise e una sindrome da Peter Pan forse mai davvero risolta
(e che si concretizza con la visita della moglie, alla quale presta il volto Barbara
Ronchi, intenzionata a prendere un cane per giocare) e, infine,
quello di Mastandrea al quale sembra scivolare tutto addosso, salvo poi
cercare conforto (ed energia) nelle frasi motivazionali di un allenatore
di bambini.
Questo tempo, inizialmente bloccato, sembra ripartire con uno di quegli incontri che segnano un prima e un dopo. Un incontro che mette alla prova, ma che fa anche riflettere, immergendo (metaforicamente e concretamente) la testa in una marea di emozioni mai provate prima.
Prima
o poi le stanze le lasciano tutti.
Chi
sono questi tutti? Quali sono queste stanze?
Gli
interrogativi sono tanti (e pensare che avrebbero potuto essere ancora di più),
ma le risposte quante sono? Quanti nonostante affrontiamo ogni giorno e
quanti ne soffochiamo. Forse basta solo dare un significato diverso a quella
preposizione per mettere da parte paure e insidie e andare oltre i confini.
Perché
non basta una folata di vento, seppur illusoria, seppur fittizia, seppur magica,
a spazzare via tutto. Una magia, quella usata da Mastandrea nel suo Nonostante,
che sa di reale, che non cerca artifici particolati e non si perde in eventi
assurdi. È una magia tangibile, a tratti quasi concreta che, come un evento
atmosferico, può cambiare tutto in una frazione di secondo per ricordare la
potenza della vita.
Veronica Ranocchi
(recensione pubblicata su taxidrivers.it)
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