24 Hour Party People
GENERE: Commedia, Drammatico
NAZIONALITÀ Francia, Gran Bretagna, Olanda
REGIA: Michael Winterbottom
Battaglia per la Terra 3D
( Battle for Terra )
GENERE: Animazione, Fantascienza, Avventura
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Aristomenis Tsirbas
Cadillac Records
( Cadillac Records )
GENERE: Drammatico, Musical
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Darnell Martin
Coco avant Chanel
( Coco avant Chanel )
GENERE: Biografico
NAZIONALITÀ Francia
REGIA: Anne Fontaine
Corsa a Witch Mountain
( Race to Witch Mountain )
GENERE: Commedia, Fantascienza, Avventura
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Andy Fickman
Le grand alibi
( Le grand alibi )
GENERE: Giallo, Thriller
NAZIONALITÀ Francia
REGIA: Pascal Bonitzer
Settimo Cielo
( Wolke 9 )
GENERE: Drammatico, Romantico
NAZIONALITÀ Germania
REGIA: Andreas Dresen
The Uninvited
( The Uninvited )
GENERE:
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Charles Guard, Thomas Guard
Uomini che odiano le donne
( Män som hatar kvinnor )
GENERE: Thriller
NAZIONALITÀ Danimarca, Svezia
REGIA: Niels Arden Oplev
giovedì, maggio 28, 2009
Film in sala dal 29 maggio
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film in uscita 2009
martedì, maggio 26, 2009
ANGELI E DEMONI
Nato sulle ceneri del capitolo precedente “Angeli e Demoni” ne riprende i personaggi e le situazioni collocandole in anticipo rispetto ai fatti narrati nel famoso predecessore. Lo spostamento temporale poco incide sugli eventi di questo nuovo capitolo che ha almeno il pregio di svincolarsi dalla conoscenza di quanto già accaduto a proposito del famoso “Codice Da Vinci” e punta dritto sulla fascinazione di un Cristianesimo infarcito di delitti e segreti e su un detective improvvisato, il famoso Professor Langdon, docente di Harvard ed esperto di simbologia religiosa che dovrà dipanarne la matassa. Questa volta c’è di mezzo una setta (Gli illuminati) che durante il conclave per eleggere il nuovo Papa vuole far saltare in aria il Vaticano, ed un assassino che ha il compito di facilitarne l’attuazione con una serie di morti eccellenti (4 prelati in odore di elezione). L’intrattenimento derivato da una detective story che assomiglia ad una caccia al tesoro, con Langdon e l’immancabile presenza femminile (anche questa una caratteristica seminale della serie) costretti ad una corsa contro il tempo per impedire la catastrofe, viene appesantita da una scrittura che sembra la replica della pagina scritta e non manca occasione di sottolineare, con un didascalismo tanto pedante quanto inesatto, le varie tappe di quello che assomiglia ad un bignami apocrifo del cattolicesimo. Ron Howard, rendendosi conto della mancanza di ritmo, o forse per giustificare la sua presenza ci à dentro come un forsennato, spostando continuamente la prospettiva ed infarcendo le tediose spiegazioni con interminabili giri di valzer della camera da presa. Un film che si riassume nella faccia di Tom Hanks, ringiovanita per l’occasione con un make up che ne rivela al contrario la gommosa ed incontenibile decadenza. Favino è una presenza impalpabile ma in questi casi quello che conta è partecipare, sperando di azzeccare prima o poi il ruolo che lasci il segno nel mercato americano.
ANTICHRIST
Un film rimasto in parte in testa al suo regista. Lars Von Trier riesce ancora a spiazzare adottando un titolo che rimanda ad un archetipo dell’immaginario cinematografico e poi, dopo un inizio che lascerebbe presagire un immersione negli incubi di una metafisica applicata al religioso, prosegue come un dramma strindbergiano, tanto allucinato quanto ordinario nel disporsi sui binari di un confronto in parte psicanalitico, per l’approccio teraupetico con cui Dafoe cerca di curare la depressione della moglie, traumatizzata dalla morte del figlio, avvenuta nel corso dell’amplesso che apre a mo di prologo la storia, e successivamente, verso la metà del film, quando lei afferma la propria guarigione e poi, con uno scarto che la sceneggiatura fa fatica a giustificare, si scaglia verso il marito colpevole a suo dire di volerla abbandonare, e diventa una sfida senza esclusione di colpi tra la vittima ed il suo carnefice.
Abituato a provocare i suoi clienti con ben altre sfumature, questa volta il regista danese rende troppo esplicita la sua volontà, valga per tutti la penetrazione in primo piano che suggella l’antefatto amoroso, una sorta di melodramma raffreddato dall’invadenza dell’accompagnamento musicale e dal bianco e nero patinato delle immagini, oppurre la scena in cui lei inserisce una mola nella tibia di lui, eccesso di crudeltà che appartiene ai B movie amati da Tarantino ed ancora nella recitazione sovraccarica dei due attori, certamente voluta, ma che nel caso della Gainsbourg oltrepassa i limiti che permettono di distinguere tra un interpretazione attoriale ed una performance sportiva. Ed anche quando il clima si fa serio ed un angoscia sincera riesce a farsi largo in tanta confusione ed apprendiamo che la madre potrebbe essere stata consapevole della disgrazia imminente, rimane la sensazione di un cinema posticcio, che non inventa nulla di nuovo ma prende a piene mani iconografie (Lynch, Friedkin ma anche Kubrick) e situazioni (Haneke per quanto riguarda la mutilazione che lei si infligge nella parte finale della storia) già sfruttate. I rimandi alle vicende personali (la depressione che ha costretto il regista ad un lungo periodo di inattività) ed alla presunta misoginia di un uomo che sembra ossessionato dalla sofferenza femminile rimangono tali e fanno fatica ad assumere una valenza che l’apparato simbolico messo in campo ( la presenza di personaggi privi di nome, gli animali che danno vita alla costellazione immaginaria e che più volte incrociano la strada del protagonista, la natura come “Eden” abitato da novelli Adamo ed Eva) vorrebbe universali. Ad attenuare il rammarico di un attesa mal riposta c’è la conferma di un artista coraggioso che non arretra neanche di fronte all’autolesionismo e malgrado tutto riesce ancora una volta ad andare fino in fondo.
venerdì, maggio 22, 2009
Nanni Moretti a cannes nel 2010
CANNES - Nanni Moretti interpreterà lo psichiatra del Papa nel suo prossimo film che avrà come titolo: "Abbiamo il Papa". La notizia è riportata dall'edizione di Variety a Cannes, che annuncia appunto come il regista romano vestirà i panni di uno psichiatra che è chiamato al consiglio dei cardinali in Vaticano perchè il Papa eletto non ha voglia di assumere la sua carica.
A produrre il film, che sarà girato tra Roma e Firenze alla fine dell'estate, ci sarà la Sacher Film dello stesso Moretti più la francese Le Pacte.
Il film dovrebbe essere pronto per Cannes 2010.
(il corriere della sera, 20 mag 2009)
A produrre il film, che sarà girato tra Roma e Firenze alla fine dell'estate, ci sarà la Sacher Film dello stesso Moretti più la francese Le Pacte.
Il film dovrebbe essere pronto per Cannes 2010.
(il corriere della sera, 20 mag 2009)
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popcorn
giovedì, maggio 21, 2009
Film in sala dal 22 maggio
Vincere
GENERE: Drammatico, Storico
NAZIONALITÀ Francia, Italia
REGIA: Marco Bellocchio
Antichrist
( Antichrist )
GENERE: Drammatico, Horror
NAZIONALITÀ Germania, Danimarca, Francia, Italia, Polonia, Svezia
REGIA: Lars von Trier
Role Models
( Role Models )
GENERE: Commedia
NAZIONALITÀ
REGIA: David Waine
Taxi to the Dark Side
( Taxi to the Dark Side )
GENERE: Documentario
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Alex Gibney
Una notte al museo 2: La fuga
( Night at the Museum 2: Escape from the Smithsonian )
GENERE: Azione, Commedia
NAZIONALITÀ Canada, USA
REGIA: Shawn Levy
GENERE: Drammatico, Storico
NAZIONALITÀ Francia, Italia
REGIA: Marco Bellocchio
Antichrist
( Antichrist )
GENERE: Drammatico, Horror
NAZIONALITÀ Germania, Danimarca, Francia, Italia, Polonia, Svezia
REGIA: Lars von Trier
Role Models
( Role Models )
GENERE: Commedia
NAZIONALITÀ
REGIA: David Waine
Taxi to the Dark Side
( Taxi to the Dark Side )
GENERE: Documentario
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Alex Gibney
Una notte al museo 2: La fuga
( Night at the Museum 2: Escape from the Smithsonian )
GENERE: Azione, Commedia
NAZIONALITÀ Canada, USA
REGIA: Shawn Levy
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film in uscita 2009
mercoledì, maggio 20, 2009
Soffocare
Richiamata dalla faccia da schiaffi e tenerona dell'arruffato Sam Rockwell e dal soggetto tratto dall'omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, ho iniziato a guardare, senza troppa convizione, questo Soffocare, che potrebbe essere un film commedia, ma che si rivela essere un dramma famigliare ben orchestrato e tessuto, dall'apprezzabile spessore.
L'opera prima di Clark Gregg, noto fin'ora come attore (I soliti sospetti, Sotto il segno del pericolo), mette in scena il tragicomico rapporto madre-figlio e i tormenti esistenziali di un medico fallito.
Victor Mancini è uno scapestrato sessuomane che sembra aver perso tutto e al quale forse la vita sembra non offrire più granchè; sotto la scorza di menefreghista e di eterno peter pan, si cela un figlio affettuoso molto legato alla controversa figura materna, che nemmeno gli abbandoni e la malattia possono mettere in ombra.
Per pagare il salato conto della casa di cura/ospizio dove è ricoverata la madre - affetta da una rara forma di demenza senile e per la quale cerca le cure migliori - Victor, che di lvoro fa la guida turistica in un parco a tema sull'America coloniale, si inventa un originale espediente: ogni volta che va a cena in un ristorante simula un soffocamnto e tenta di farsi salvare da qualche ricco uomo in età presente ai tavoli. E lo fa con una logica precisa: se ti farai salvare da qualcuno, darai a questi un valido motivo per dare un senso alla propria esistenza e egli te ne sarà grato per sempre. e così puntualmente accade. Ogni persona che lo ha soccorso durante i vari soffocamenti instaura con lui una sorta di rapporto a distanza padre-figlio con telefonate e lettere e che produce denaro: questo "eroi", infatti, inviano periodicamente a Victor denaro e aiuti per alimentare il loro senso di protezione e di responsabilità paterna.
Victor è tormentato da un trascorso famigliare infelice, ancora da metabolizzare e risolvere e in virtù di esso non riesce a costruire rapporti di amicizia/amore duraturi e soddisfacenti. Cresciuto senza un padre e seguito da una madre morbosa eppure assente, una madre che pare più una amica, da adulto si ritrova a fare i conti con una maturità che lo spaventa e rapporti umani da evitare o da scivolarci sopra.
Il film è un divertente ed allo stesso tempo toccante percorso di rinascita del protagonista, nella sua pur eccentricità ed originalità.
Io poi adoro Sam Rockwell e questo basta per farmi piacere il film.
Clark Gregg mette in scena con humor caustico e delicatezza un tema affrontato di frequente ma di non semplice gestione.
Gradevolissima performance di Angelica Huston, una delle poche attrici di commedia capace di sdrammatizzare tutta la grevità propria di personaggi complessi come questa madre.
Bè, dopo questa sbrodolata, almeno fatemi sapere se vi è piaicuto.
L'opera prima di Clark Gregg, noto fin'ora come attore (I soliti sospetti, Sotto il segno del pericolo), mette in scena il tragicomico rapporto madre-figlio e i tormenti esistenziali di un medico fallito.
Victor Mancini è uno scapestrato sessuomane che sembra aver perso tutto e al quale forse la vita sembra non offrire più granchè; sotto la scorza di menefreghista e di eterno peter pan, si cela un figlio affettuoso molto legato alla controversa figura materna, che nemmeno gli abbandoni e la malattia possono mettere in ombra.
Per pagare il salato conto della casa di cura/ospizio dove è ricoverata la madre - affetta da una rara forma di demenza senile e per la quale cerca le cure migliori - Victor, che di lvoro fa la guida turistica in un parco a tema sull'America coloniale, si inventa un originale espediente: ogni volta che va a cena in un ristorante simula un soffocamnto e tenta di farsi salvare da qualche ricco uomo in età presente ai tavoli. E lo fa con una logica precisa: se ti farai salvare da qualcuno, darai a questi un valido motivo per dare un senso alla propria esistenza e egli te ne sarà grato per sempre. e così puntualmente accade. Ogni persona che lo ha soccorso durante i vari soffocamenti instaura con lui una sorta di rapporto a distanza padre-figlio con telefonate e lettere e che produce denaro: questo "eroi", infatti, inviano periodicamente a Victor denaro e aiuti per alimentare il loro senso di protezione e di responsabilità paterna.
Victor è tormentato da un trascorso famigliare infelice, ancora da metabolizzare e risolvere e in virtù di esso non riesce a costruire rapporti di amicizia/amore duraturi e soddisfacenti. Cresciuto senza un padre e seguito da una madre morbosa eppure assente, una madre che pare più una amica, da adulto si ritrova a fare i conti con una maturità che lo spaventa e rapporti umani da evitare o da scivolarci sopra.
Il film è un divertente ed allo stesso tempo toccante percorso di rinascita del protagonista, nella sua pur eccentricità ed originalità.
Io poi adoro Sam Rockwell e questo basta per farmi piacere il film.
Clark Gregg mette in scena con humor caustico e delicatezza un tema affrontato di frequente ma di non semplice gestione.
Gradevolissima performance di Angelica Huston, una delle poche attrici di commedia capace di sdrammatizzare tutta la grevità propria di personaggi complessi come questa madre.
Bè, dopo questa sbrodolata, almeno fatemi sapere se vi è piaicuto.
Dead Man's Shoes
Segnalo Dead Man's Shoes, un ottimo prodotto indipendente del regista Shane Meadows - premiato nel 1997 per il suo primo lungometraggio 24/7 proprio alla mostra del cinema di Venezia.
Dead Man's Shoes racconta di una feroce vendetta in modo disinvolto e nemmeno troppo caricato.
Girato con pochi mezzi e nessun effetto speciale il film colpisce per la sua essenzialità e fluidità, nonchè per un coinvolgimento quasi immediato. La campagna inglese fa da sfondo ad una storia violenta, di sangue e rancore, attutendo, con i toni grigi e grevi d'aqua, la scottante ferocia dei protagonisti.
Dead Man's Shoes racconta di una feroce vendetta in modo disinvolto e nemmeno troppo caricato.
"Richard e Anthony sono due fratelli molto uniti ma anche moto diversi. Il primo è un soldato, risoluto, forte, propositivo, Anthony è debole ed affetto da un leggero ritardo mentale. Richard da buon fratello maggiore è premuroso e protettivo, Anthony dolce e gentile. Dopo molti anni i due ritornano nella loro vecchia città e ricordano le vicende passate. La loro però non è una visita di cortesia: devono sistemare un vecchio conto lasciato in sospeso."
Girato con pochi mezzi e nessun effetto speciale il film colpisce per la sua essenzialità e fluidità, nonchè per un coinvolgimento quasi immediato. La campagna inglese fa da sfondo ad una storia violenta, di sangue e rancore, attutendo, con i toni grigi e grevi d'aqua, la scottante ferocia dei protagonisti.
"Girando tutto il film in 16mm, con un processo di sviluppo e stampa diverso a seconda che si trattasse di sequenze ambientate nel presente o nel passato, Shane Meadows ha potuto utilizzare una fotografia estremamente realistica, sempre con luci naturali. In più, il trentaduenne britannico ha avuto l'intuizione di girare gli interni sempre con macchina fissa e gli esterni sempre con macchina a mano, cosa che dà alla pellicola una dimensione fotografica inedita per il suo cinema, di pari passo con un buon montaggio e un'ottimo lavoro sul sonoro (non solo per le belle musiche). L'alternanza delle due linee temporali è gestita benissimo perché il passato del protagonista e del branco delle Midlands ci viene svelato pian piano a seconda della necessità. E l'ultimo flashback, con quella musica ossessiva, riesce ad essere realmente sconvolgente." (cinefile.biz)
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recensioni,
registi
Franklyn
E' bello guardare film di questa levatura senza esserne introdotti, poichè tutto è un disvelarsi lento, tutto acquista forma solo a poco a poco, restituendo una sensazione "generativa" di conscienza, quasi fisica.
Allo spetattore non si concedono che piccoli frammenti per volta, con i quali ricomporre l'immagine finale, proprio come accade durante un percorso di catarsi e di presa di coscienza privata.
Potrei accennare la trama, ma credo vi rovinerei una parte del film stesso, che va seguito e scoperto fin da subito, senza sapere chi lo animerà e quali storie ne costituiranno la matrice.
Ciò che mi è piaciuto di Franklyn è la prospettiva dei singoli personaggi sul mondo esterno e, in particolare, sul loro mondo interno.
Lo spetattore guarda come guardano i protagonisti. E tutto è mutabile. Nessuna certezza sembra esistere, nessuna logica è scontata nè adottabile. Eppure tutto ha un suo senso profondo.
E così ci scopriamo tutti quanti cittadini di mondi paralleli che con la realtà - quella diciamo condivisa dalla maggioranza della popolazione mondiale, nell'accezione comune - c'entra in parte e che forse sono la sostanza della stessa. Siamo vite sospese, che percorrono rette che possono incontrarsi oppure mai toccarsi, e viviamo nella ricerca di una verità nascosta, ferita, infranta, la cui assenza ci rende fragili e confusi.
La messa in scena è forte, a tratti molto spettacolare, e riassume in sè tutto quanto.
Franklyn, nel mio modesto parere, è prova mirabile di adattamento allo schermo di un storia non semplice da raccontare e soprattutto da mostrare.
Lo consiglio vivamente, sia per le ottime prove attoriali di Eva Green che per il cameo di Susanna York.
Il film credo sia passato quasi inosservato. vale la pena un recupero.
Allo spetattore non si concedono che piccoli frammenti per volta, con i quali ricomporre l'immagine finale, proprio come accade durante un percorso di catarsi e di presa di coscienza privata.
Potrei accennare la trama, ma credo vi rovinerei una parte del film stesso, che va seguito e scoperto fin da subito, senza sapere chi lo animerà e quali storie ne costituiranno la matrice.
Ciò che mi è piaciuto di Franklyn è la prospettiva dei singoli personaggi sul mondo esterno e, in particolare, sul loro mondo interno.
Lo spetattore guarda come guardano i protagonisti. E tutto è mutabile. Nessuna certezza sembra esistere, nessuna logica è scontata nè adottabile. Eppure tutto ha un suo senso profondo.
E così ci scopriamo tutti quanti cittadini di mondi paralleli che con la realtà - quella diciamo condivisa dalla maggioranza della popolazione mondiale, nell'accezione comune - c'entra in parte e che forse sono la sostanza della stessa. Siamo vite sospese, che percorrono rette che possono incontrarsi oppure mai toccarsi, e viviamo nella ricerca di una verità nascosta, ferita, infranta, la cui assenza ci rende fragili e confusi.
La messa in scena è forte, a tratti molto spettacolare, e riassume in sè tutto quanto.
Franklyn, nel mio modesto parere, è prova mirabile di adattamento allo schermo di un storia non semplice da raccontare e soprattutto da mostrare.
Lo consiglio vivamente, sia per le ottime prove attoriali di Eva Green che per il cameo di Susanna York.
Il film credo sia passato quasi inosservato. vale la pena un recupero.
venerdì, maggio 15, 2009
RACHEL GETTING MARRIED
Il matrimonio di Rachel (Rosemarie De Witt) e' l'occasione per un rendez vous familiare a cui partecipa anche Kim (Anne Hathaway), sorella della sposa e tossicodipendente in via di riabilitazione. I festeggiamenti che precedono l'evento, organizzati con la celebrazione degli sposi attraverso il ricordo degli amici, sono l'occasione per fare il punto con un passato funestato dalla perdita del fratellino a causa di un incidente stradale provocato dalla dipendenza di Kim. Provata dal senso di colpa ed alla ricerca di un equilibrio ancora lungi dall'essere tale, Kim riportera' a galla antichi rancori ed incomprensioni mai risolte.
E' evidente che dietro questa resa dei conti che assomiglia nel tema e nello stile a Festen di Thomas Winterberg (telecamera a mano, luce naturale, assenza di rumori o suoni extradiegetici, insomma una specie di Dogma), ci deve essere dell'altro, e pur volendo evitare facili allusioni, non si puo' non vedere il riferimento all'america del presente, quella di Obama (lo sposo di Rachel e' afroamericano) in cui l'auspicato melting pot, che il film realizza attraverso le famiglie degli sposi, vero e proprio coacervo di razze e di colori non puo' far dimenticare i drammi del recente passato (L'America di Bush come la tragedia che ha coinvolto i protagonisti). Inoltre l'aspetto musicale, presente fin dall'inizio con il pretesto di provare il repertorio, diventa assoluto protagonista nella parte finale del film, con un vero e proprio live concert in cui la nuova presa di coscienza (il male non puo' essere dimenticato ma insiemepotremo renderlo meno dannoso)) va a braccetto con i ritmi caraibici e multietnici cari a Demme fin dagli esordi. La Hathaway come bad girl supera la prova ma ancor piu' brava e' Rosemarie de Witt nel ruolo di Rachel, per la capacita' di modulare con assoluta spontaneita' gli stati d'animo di un personaggio che lotta a tutti i costi per la felicita' sua e dei propri cari. Il cameo di Debra Winger , nella parte della assente ed anafettiva, completa alla grande una componente attoriale di assoluto livello.
E' evidente che dietro questa resa dei conti che assomiglia nel tema e nello stile a Festen di Thomas Winterberg (telecamera a mano, luce naturale, assenza di rumori o suoni extradiegetici, insomma una specie di Dogma), ci deve essere dell'altro, e pur volendo evitare facili allusioni, non si puo' non vedere il riferimento all'america del presente, quella di Obama (lo sposo di Rachel e' afroamericano) in cui l'auspicato melting pot, che il film realizza attraverso le famiglie degli sposi, vero e proprio coacervo di razze e di colori non puo' far dimenticare i drammi del recente passato (L'America di Bush come la tragedia che ha coinvolto i protagonisti). Inoltre l'aspetto musicale, presente fin dall'inizio con il pretesto di provare il repertorio, diventa assoluto protagonista nella parte finale del film, con un vero e proprio live concert in cui la nuova presa di coscienza (il male non puo' essere dimenticato ma insiemepotremo renderlo meno dannoso)) va a braccetto con i ritmi caraibici e multietnici cari a Demme fin dagli esordi. La Hathaway come bad girl supera la prova ma ancor piu' brava e' Rosemarie de Witt nel ruolo di Rachel, per la capacita' di modulare con assoluta spontaneita' gli stati d'animo di un personaggio che lotta a tutti i costi per la felicita' sua e dei propri cari. Il cameo di Debra Winger , nella parte della assente ed anafettiva, completa alla grande una componente attoriale di assoluto livello.
Riunione di famiglia
Alla ricerca del tempo perduto, dopo la deludente trasferta americana, ed in cerca di riscatto per lo scarso interesse critico verso il pur buono Dear Wendy, Tomas Vinterberg torna sui terreni che gli sono più congeniali e riformula - in chiave tragicomica ed alla luce della rottura artistica ed umana con il proprio padre putativo (Lars Von Trier) - la rappresentazione di un nucleo familiare in crisi di identità e costretto a confrontarsi con le responsabilità di un passato da dimenticare.
Seguendo l'esempio del famoso epigono (Festen), Riunione di famiglia prende spunto da un rendez-vous organizzato per commemorare l'anniversario della fondazione di una idillica cittadina danese e culminante nel pranzo offerto in onore del suo cittadino più famoso, il cantante lirico Karl, ospite d'onore della celebrazione, per descrivere, con un crescendo di avvenimenti e rivelazioni, talora esilaranti (valga per tutti la peripezie del cuoco new age che deve fare i conti con l'inappetente protagonista e dietro il quale non è difficile riconoscere uno sberleffo agli atteggiamenti misticheggianti ed eccentrici dell'inventore del Dogma) e a volte drammatici, la riconciliazione di un padre ed un figlio completamente ignari della rispettive esistenze.
La fragilità delle relazioni umane, rappresentata dagli altalenati cambi di umore degli amanti, e la forza di nuovi modelli familiari, con buona pace dei detrattori delle coppie di fatto e della famiglia allargata, completano la rappresentazione di un mondo che ha rinunciato alle proprie ipocrisie e si avvia ad una nuova palingenesi.
Lontano dalla spietata crudeltà del film che lo aveva rivelato ed alla larga dalle regole del Dogma, Vinterberg sceglie uno stile fortemente antinaturalistico, soprattutto nella descrizione del paesaggio, che colora di una luce calda e nostalgica, quasi un omaggio a quello italico, più volte citato nel corso delle presentazione del film, e con un uso extradiegetico della musica a sottolineare i momenti clou della storia. Operazione legittima ma che finisce per scardinare l'equilibrio di una formula che bilanciava l'eccentricità delle storie con la sobrietà dello stile.
Qui invece il film si appesantisce per mancanza di asetticità, con un sovraccarico di stile che si sovrappone alla densità del tema. Un deterioramento che si registra anche sul piano della scrittura che pare aver perso la fluidità delle origini e risulta troppo costruita, soprattutto nella prima parte, quella di preparazione alla catarsi finale, che viene meno per l’artificialità di quanto lo ha preceduto.
Un passo in avanti rispetto alle insulsaggini di 'It's All about love' ma più di uno indietro rispetto a 'Dear Wendy'.
Ci penserà Antichrist a risollevare il nome del cinema Danese?
Seguendo l'esempio del famoso epigono (Festen), Riunione di famiglia prende spunto da un rendez-vous organizzato per commemorare l'anniversario della fondazione di una idillica cittadina danese e culminante nel pranzo offerto in onore del suo cittadino più famoso, il cantante lirico Karl, ospite d'onore della celebrazione, per descrivere, con un crescendo di avvenimenti e rivelazioni, talora esilaranti (valga per tutti la peripezie del cuoco new age che deve fare i conti con l'inappetente protagonista e dietro il quale non è difficile riconoscere uno sberleffo agli atteggiamenti misticheggianti ed eccentrici dell'inventore del Dogma) e a volte drammatici, la riconciliazione di un padre ed un figlio completamente ignari della rispettive esistenze.
La fragilità delle relazioni umane, rappresentata dagli altalenati cambi di umore degli amanti, e la forza di nuovi modelli familiari, con buona pace dei detrattori delle coppie di fatto e della famiglia allargata, completano la rappresentazione di un mondo che ha rinunciato alle proprie ipocrisie e si avvia ad una nuova palingenesi.
Lontano dalla spietata crudeltà del film che lo aveva rivelato ed alla larga dalle regole del Dogma, Vinterberg sceglie uno stile fortemente antinaturalistico, soprattutto nella descrizione del paesaggio, che colora di una luce calda e nostalgica, quasi un omaggio a quello italico, più volte citato nel corso delle presentazione del film, e con un uso extradiegetico della musica a sottolineare i momenti clou della storia. Operazione legittima ma che finisce per scardinare l'equilibrio di una formula che bilanciava l'eccentricità delle storie con la sobrietà dello stile.
Qui invece il film si appesantisce per mancanza di asetticità, con un sovraccarico di stile che si sovrappone alla densità del tema. Un deterioramento che si registra anche sul piano della scrittura che pare aver perso la fluidità delle origini e risulta troppo costruita, soprattutto nella prima parte, quella di preparazione alla catarsi finale, che viene meno per l’artificialità di quanto lo ha preceduto.
Un passo in avanti rispetto alle insulsaggini di 'It's All about love' ma più di uno indietro rispetto a 'Dear Wendy'.
Ci penserà Antichrist a risollevare il nome del cinema Danese?
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giovedì, maggio 14, 2009
Gli amici del Bar Margherita
di Ethan
Per rievocare i suoi ricordi nella Bologna anni cinquanta, Pupi Avati ha chiamato una schiera di bravi attori a interpretare i personaggi pittoreschi che girano attorno al bar Margherita.
Il risultato è un'antologia di piccole storie di provincia raccontate attraverso gli occhi del diciottenne Coso.
Alcune scene graffianti, come la serata danzante organizzata da Coso mentre il nonno sta morendo nella stanza accanto, potrebbero salvare Gli amici del Bar Margherita.
Ma il film non trova un suo ritmo.
Pupi Avati sembra tentennare tra i racconti di gioventù sul modello Amarcord e la commedia amara e dissacrante alla Dino Risi.
Alla fine, il bar Margherita diffonde l'immagine di una Bologna provinciale e di un'Italia nostalgica e smemorata dove nessun elemento esterno riesce a farsi largo. Anche sullo sfondo, la politica è assente.
Al bar, si parla soprattutto di donne, di sport, di piccole truffe e di Sanremo. Bologna 1954 o Italia 2009?
Per rievocare i suoi ricordi nella Bologna anni cinquanta, Pupi Avati ha chiamato una schiera di bravi attori a interpretare i personaggi pittoreschi che girano attorno al bar Margherita.
Il risultato è un'antologia di piccole storie di provincia raccontate attraverso gli occhi del diciottenne Coso.
Alcune scene graffianti, come la serata danzante organizzata da Coso mentre il nonno sta morendo nella stanza accanto, potrebbero salvare Gli amici del Bar Margherita.
Ma il film non trova un suo ritmo.
Pupi Avati sembra tentennare tra i racconti di gioventù sul modello Amarcord e la commedia amara e dissacrante alla Dino Risi.
Alla fine, il bar Margherita diffonde l'immagine di una Bologna provinciale e di un'Italia nostalgica e smemorata dove nessun elemento esterno riesce a farsi largo. Anche sullo sfondo, la politica è assente.
Al bar, si parla soprattutto di donne, di sport, di piccole truffe e di Sanremo. Bologna 1954 o Italia 2009?
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Film in sala dal 15 maggio
Angeli e Demoni
( Angels and Demons )
GENERE: Thriller
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Ron Howard
I Love You, Man
( I Love You, Man )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: John Hamburg
Seventeen again
( 17 again )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Burr Steers
Soffocare
( Choke )
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Clark Gregg
( Angels and Demons )
GENERE: Thriller
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Ron Howard
I Love You, Man
( I Love You, Man )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: John Hamburg
Seventeen again
( 17 again )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Burr Steers
Soffocare
( Choke )
GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Clark Gregg
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film in uscita 2009
62esima edizione del Festival di Cannes
(AGI) - Cannes, 13 mag 2009 - Prende ufficialmente il via la 62.ma edizione del Festival di Cannes. Le star di tutto il mondo hanno calcato il celebre tappeto rosso per entrare nel Palazzo del Festival dove si si è svolta la prima serata del concorso.
Quest'anno e' toccato al cantautore francese, Charles Aznavour, aprire la cerimonia prima della proiezione di "Up", il film di animazione della Disney-Pixar diretto da Pete Docter.
La storia di Carl Fredricksen ha stregato pubblico e critica: l'anziano protagonista, per realizzare il sogno della moglie defunta, attacca una miriade di palloncini colorati alla sua casa, che si libra nel cielo e lo porta in Sud America. In sua compagnia c’è il piccolo Russell, un bimbo simpatico e grassottello che si è intrufolato in casa prima della partenza, e che si rivelerà un prezioso compagno di viaggio. Ma nel corso della loro avventura i due protagonisti dovranno vedersela con il cattivo di turno, l’esploratore Charles Muntz. (excite)
A capitanare la giuria, l'attrice francese Isabelle Huppert, molto amata in patria, che il prossimo 24 maggio designera' quale tra i 20 film in gara si aggiudichera' l'ambitissima Palma d'Oro: "I cineasti ci dicono chi siamo e, forse, chi saremo", ha detto l'attrice-presidentessa.
Davanti alle ovazioni di Up, la Huppert è rimasta la lady di ferro di sempre: "La mia emozione - ha spiegato - è dovuta al fatto che in questo luogo la forza del cinema è così evidente e marcata. Sono felice di essere ancora una volta al Festival, in un ruolo che mi onora moltissimo".
Huppert promette di far prevalere su tutto le emozioni: "Nessuna diplomazia, non siamo il ministero degli Esteri, il verdetto finale sarà un po’ come il precipitato chimico della sensibilità di ogni membro della giuria".
Più dei ragionamenti conterà la passione: "Non si tratta di giudicare, ma di amare oppure no dei film. E questo è molto difficile perché spesso una storia ci piace, ma non siamo in grado di dire che cosa ci ha toccato e perché così profondamente" (la Stampa).
Molto atteso sara' certamente Pedro Almodovar, accompagnato da Penelope Cruz, che presenterà la sua ultima "pelicula" Los abrazos rotos.
Tra i registi in concorso ci sarà anche Ken Loach, già vincitore della Palma d’oro, che porterà Looking for Eric, che vede protagonista l'ex calciatore Eric Cantona. E poi Lars von Trier, con l'horror Anticristo, l'austriaco Michael Haneke, con The White Ribbon, e l’italiano Marco Bellocchio con Vincere (con Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi).
http://www.festival-cannes.com/
... Due righe di introduzione sommaria per proporvi un post tutto dedicato al Festival di Cannes, dove poter commentare liberamente e inserire le vostre riflessioni su questa appena iniziata edizione del festival dei festival.
Quest'anno e' toccato al cantautore francese, Charles Aznavour, aprire la cerimonia prima della proiezione di "Up", il film di animazione della Disney-Pixar diretto da Pete Docter.
La storia di Carl Fredricksen ha stregato pubblico e critica: l'anziano protagonista, per realizzare il sogno della moglie defunta, attacca una miriade di palloncini colorati alla sua casa, che si libra nel cielo e lo porta in Sud America. In sua compagnia c’è il piccolo Russell, un bimbo simpatico e grassottello che si è intrufolato in casa prima della partenza, e che si rivelerà un prezioso compagno di viaggio. Ma nel corso della loro avventura i due protagonisti dovranno vedersela con il cattivo di turno, l’esploratore Charles Muntz. (excite)
A capitanare la giuria, l'attrice francese Isabelle Huppert, molto amata in patria, che il prossimo 24 maggio designera' quale tra i 20 film in gara si aggiudichera' l'ambitissima Palma d'Oro: "I cineasti ci dicono chi siamo e, forse, chi saremo", ha detto l'attrice-presidentessa.
Davanti alle ovazioni di Up, la Huppert è rimasta la lady di ferro di sempre: "La mia emozione - ha spiegato - è dovuta al fatto che in questo luogo la forza del cinema è così evidente e marcata. Sono felice di essere ancora una volta al Festival, in un ruolo che mi onora moltissimo".
Huppert promette di far prevalere su tutto le emozioni: "Nessuna diplomazia, non siamo il ministero degli Esteri, il verdetto finale sarà un po’ come il precipitato chimico della sensibilità di ogni membro della giuria".
Più dei ragionamenti conterà la passione: "Non si tratta di giudicare, ma di amare oppure no dei film. E questo è molto difficile perché spesso una storia ci piace, ma non siamo in grado di dire che cosa ci ha toccato e perché così profondamente" (la Stampa).
Molto atteso sara' certamente Pedro Almodovar, accompagnato da Penelope Cruz, che presenterà la sua ultima "pelicula" Los abrazos rotos.
Tra i registi in concorso ci sarà anche Ken Loach, già vincitore della Palma d’oro, che porterà Looking for Eric, che vede protagonista l'ex calciatore Eric Cantona. E poi Lars von Trier, con l'horror Anticristo, l'austriaco Michael Haneke, con The White Ribbon, e l’italiano Marco Bellocchio con Vincere (con Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi).
http://www.festival-cannes.com/
... Due righe di introduzione sommaria per proporvi un post tutto dedicato al Festival di Cannes, dove poter commentare liberamente e inserire le vostre riflessioni su questa appena iniziata edizione del festival dei festival.
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film in uscita 2009,
popcorn
mercoledì, maggio 13, 2009
STAR TREK
Qui non è questione di essere cultori o meno della celebre serie e neanche di stabilire se abbia senso o meno reinverdirne le origini con un film che vuole conquistare il pubblico dei giovanissimi senza perdere quello dei numerosi aficionados: in realtà si tratta di provare ad esprimere un giudizio su uno dei blockbuster più attesi dell’estate e sugli eventuali meriti di un regista che dopo aver riscritto la formula dell’intrattenimento televisivo con i naufraghi più famosi del momento viene accreditato di un talento paragonabile a quello di Steven Spielberg: raffronti che lasciano il tempo che trovano, simili alle disquisizioni senza uscita che tormentano gli appassionati della racchetta, chiamati a designare il tennista più forte di tutti i tempi.
Paragoni improponibili - io la penso come Tommasi e Clerici e quindi dico che non esiste un numero uno di tutti i tempi ma ogni epoca ha il suo protagonista - che nulla tolgono alla fama di J.J. Abrams, il guru chiamato al
capezzale di pazienti un pò bolliti (prima il format sull’agente Hunt ed ora la saga dei navigatori spaziali) per eccessivo sfruttamento, che ha dalla sua dimestichezza con i ferri del mestiere (sul set di Caserta, Tom Cruise era filmato in maniera simultanea da telecamere posizionate nelle posizioni più svariate) e la capacità di sapere coniugare angosce da nuovo mondo a regole di cinema vecchio stampo.
In questo caso si trattava di riscrivere un universo senza dare l'impressione di farlo: cambiare per restare sempre uguali.
E questo a mio avviso è il limite di questo nuovo episodio di Star Trek - un prequel, un sequel o forse il punto di partenza di una nuova progenie? Paradosso vivente, rispetto a quello che rappresenta ed all'industria che lo produce, simile a quello che il film ripropone nella scena centrale, quando il vecchio Mr Spock viaggia a ritroso nel proprio passato per suggerire il da farsi al futuro capitano Kirk? Ma allora quello che ne consegue è frutto di una manipolazione temporale o di colui a cui sono ascritte le vicende che abbiamo conosciuto prima di questa nuova scoperta.
Importante per i cultori della serie o per i "tecnici" della fantascienza, il passaggio fondamentale per l’economia della storia (l'enfasi è accentuata dalla presenza di Leonard Nimoy che interpretò il Vulcaniano negli episodi precedenti) diventa quasi un macigno per chi sta aspettando il famoso colpo di coda di un film che fino ad allora è stato solo chiacchere e distintivo, con il solito mirabolante dinamismo riproponibile da qualsiasi pischello presente nella fabbrica dei sogni ed una serie di variazioni sul tema che, a detta degli esperti, hanno cambiato un poco il carattere dei vari componenti dell’Enterprise, ma agli occhi del neofita risultano null'altro che bozzetti, forse destinati a prendere vita con una successiva eventuale trilogia, ma per ora corredo di una fauna tutt'altro che indimenticabile
Tra Top Gun e Star War il giovane Kirk ha la faccia senza carisma di uno dei tanti volti televisivi ( e neanche dei più convincenti) che attraversano il nostro etere televisivo, giovane scavezzacolo pieno di talento che si redime sulla via di damasco e che trova nell'altrettando giovane Mr Spock una dualità destinata a normalizzarsi prima ancora di nascere.
Per il resto c'è tutto il repertorio che si conviene al cinema da grande incasso: suono roboante ed inseguimenti a perdifiato, odi atavici ed amicizia sconfinata, mondi che scompaiono ed altri recuperati grazie ad un parco di effetti speciali che non fanno meraviglia per la povertà di quello che gli sta intorno.
Lo schermo sfruttato in tutta la sua lunghezza ed una fotografia ipervitaminizzata, che ricorda il cinema di Tony Scott, completano l'ennesimo prodotto di merchandising destinato a deludere le attese di chi credeva alla storia del salvatore della patria.
Paragoni improponibili - io la penso come Tommasi e Clerici e quindi dico che non esiste un numero uno di tutti i tempi ma ogni epoca ha il suo protagonista - che nulla tolgono alla fama di J.J. Abrams, il guru chiamato al
capezzale di pazienti un pò bolliti (prima il format sull’agente Hunt ed ora la saga dei navigatori spaziali) per eccessivo sfruttamento, che ha dalla sua dimestichezza con i ferri del mestiere (sul set di Caserta, Tom Cruise era filmato in maniera simultanea da telecamere posizionate nelle posizioni più svariate) e la capacità di sapere coniugare angosce da nuovo mondo a regole di cinema vecchio stampo.
In questo caso si trattava di riscrivere un universo senza dare l'impressione di farlo: cambiare per restare sempre uguali.
E questo a mio avviso è il limite di questo nuovo episodio di Star Trek - un prequel, un sequel o forse il punto di partenza di una nuova progenie? Paradosso vivente, rispetto a quello che rappresenta ed all'industria che lo produce, simile a quello che il film ripropone nella scena centrale, quando il vecchio Mr Spock viaggia a ritroso nel proprio passato per suggerire il da farsi al futuro capitano Kirk? Ma allora quello che ne consegue è frutto di una manipolazione temporale o di colui a cui sono ascritte le vicende che abbiamo conosciuto prima di questa nuova scoperta.
Importante per i cultori della serie o per i "tecnici" della fantascienza, il passaggio fondamentale per l’economia della storia (l'enfasi è accentuata dalla presenza di Leonard Nimoy che interpretò il Vulcaniano negli episodi precedenti) diventa quasi un macigno per chi sta aspettando il famoso colpo di coda di un film che fino ad allora è stato solo chiacchere e distintivo, con il solito mirabolante dinamismo riproponibile da qualsiasi pischello presente nella fabbrica dei sogni ed una serie di variazioni sul tema che, a detta degli esperti, hanno cambiato un poco il carattere dei vari componenti dell’Enterprise, ma agli occhi del neofita risultano null'altro che bozzetti, forse destinati a prendere vita con una successiva eventuale trilogia, ma per ora corredo di una fauna tutt'altro che indimenticabile
Tra Top Gun e Star War il giovane Kirk ha la faccia senza carisma di uno dei tanti volti televisivi ( e neanche dei più convincenti) che attraversano il nostro etere televisivo, giovane scavezzacolo pieno di talento che si redime sulla via di damasco e che trova nell'altrettando giovane Mr Spock una dualità destinata a normalizzarsi prima ancora di nascere.
Per il resto c'è tutto il repertorio che si conviene al cinema da grande incasso: suono roboante ed inseguimenti a perdifiato, odi atavici ed amicizia sconfinata, mondi che scompaiono ed altri recuperati grazie ad un parco di effetti speciali che non fanno meraviglia per la povertà di quello che gli sta intorno.
Lo schermo sfruttato in tutta la sua lunghezza ed una fotografia ipervitaminizzata, che ricorda il cinema di Tony Scott, completano l'ennesimo prodotto di merchandising destinato a deludere le attese di chi credeva alla storia del salvatore della patria.
Fuori menu'
Fuori menu' , dello spagnolo Nacho G. Velilla, è stato lanciato come un film dissacrante, quasi più di Almodovar.
Il Gambero Rosso l'ha promosso per la presenza massiccia della gastronomia. Esagerazioni. A mio avviso Fuori menù è una graziosa commedia politimanete corretta, che racconta una storia sui generis in una Spagna certamente più pronta del nostro Paese alle coppie gay ed alle unioni di fatto. E la gastronomia è solo un pretesto ben sfruttato.
Maxi crede che la sua vita sia perfetta: è un cuoco di prestigio, proprietario di un ristorante di moda nel quartiere gay di Madrid e vive la sua omosessualità senza complessi. Tuttavia, la comparsa dei suoi figli, frutto di un precedente matrimonio di facciata, e di un nuovo vicino di casa, un ex calciatore argentino molto attraente, scombussoleranno la sua vita e lo costringeranno a ribaltare la sua scala di valori.
L'unica trasgressione che può rinvenirsi sono i baci e le carezze tra Maxi e il suo amato ex calciatore. Regna su tutto un clima divertito e leggero, che però non perde l'attenzione verso temi importanti quali la famgilia, le coppie di fatto, il rapporto padre-figlio.
Il rimo non è ottimale, la commedia langue un poco soprattutto all'inizio, con toni un po' smorzati e non molto coinvolgenti.
la second parte prende un po' ossigeno e si riesce a raggiungere un certo climax, anche se mi sarei aspettata di meglio. tuttavia la visione vale il prezzo del biglietto.
Ottimo cast.
Il Gambero Rosso l'ha promosso per la presenza massiccia della gastronomia. Esagerazioni. A mio avviso Fuori menù è una graziosa commedia politimanete corretta, che racconta una storia sui generis in una Spagna certamente più pronta del nostro Paese alle coppie gay ed alle unioni di fatto. E la gastronomia è solo un pretesto ben sfruttato.
Maxi crede che la sua vita sia perfetta: è un cuoco di prestigio, proprietario di un ristorante di moda nel quartiere gay di Madrid e vive la sua omosessualità senza complessi. Tuttavia, la comparsa dei suoi figli, frutto di un precedente matrimonio di facciata, e di un nuovo vicino di casa, un ex calciatore argentino molto attraente, scombussoleranno la sua vita e lo costringeranno a ribaltare la sua scala di valori.
L'unica trasgressione che può rinvenirsi sono i baci e le carezze tra Maxi e il suo amato ex calciatore. Regna su tutto un clima divertito e leggero, che però non perde l'attenzione verso temi importanti quali la famgilia, le coppie di fatto, il rapporto padre-figlio.
Il rimo non è ottimale, la commedia langue un poco soprattutto all'inizio, con toni un po' smorzati e non molto coinvolgenti.
la second parte prende un po' ossigeno e si riesce a raggiungere un certo climax, anche se mi sarei aspettata di meglio. tuttavia la visione vale il prezzo del biglietto.
Ottimo cast.
3 donne al verde (Mad Money)
una delle commedie piu' divertenti che ho visto negli ultimi anni, 3 donne al verde unisce con successo tre volti famosi ed amati del cinema leggero hollywoodiano: la sempre divertente e di gran classe Diana Keaton, la bella e sorprendentemente simpatica Katie Holmes e la bomba di simpatia Queen Latifah.
la commedia si rivela fin da subito leggera, fresca e ritmata, con un tocco di femminilità che la rende davvero godibile.
Il film è del 2008, non lo troverete in sala, ma se non sapete cosa affittare per una serata home made, bhè, continuate a leggere..
La casalinga Bridget (Keaton), la mamma single Nina (Latifah) e l'esuberante Jackie (Holmes) hanno in comune un piano che cambierà per sempre le loro vite. Quando scoprono che una gran quantità di denaro sta per essere mandata all'inceneritore, decidono di unire le loro forze per organizzare un colpo milionario alla banca piú sicura degli Stati Uniti d'America.
Una sorta di criminali da strapazzo ma al femminile, con però una marcia in più.
Un canuto Ted Danson completa il cast di attori davvero riuscito. Tutti sono nella parte e non cedono a momenti morti o di uorismo a denti stretti.
La trama non è niente di molto orgininale, non vi aspettate un film esilarante, solo una buona commedia ben scritta e diretta, con in più i camei attoriali di cui sopra.
Callie Khouri mette in scena con naturalezza debolezze umane, furberie e graziosi colpi di scena.
Consigliato vivamente per una serata col sorriso e per riprendersi da tanta commedia di basso livello, ormai dilagante in Italia e all'estero.
la commedia si rivela fin da subito leggera, fresca e ritmata, con un tocco di femminilità che la rende davvero godibile.
Il film è del 2008, non lo troverete in sala, ma se non sapete cosa affittare per una serata home made, bhè, continuate a leggere..
La casalinga Bridget (Keaton), la mamma single Nina (Latifah) e l'esuberante Jackie (Holmes) hanno in comune un piano che cambierà per sempre le loro vite. Quando scoprono che una gran quantità di denaro sta per essere mandata all'inceneritore, decidono di unire le loro forze per organizzare un colpo milionario alla banca piú sicura degli Stati Uniti d'America.
Una sorta di criminali da strapazzo ma al femminile, con però una marcia in più.
Un canuto Ted Danson completa il cast di attori davvero riuscito. Tutti sono nella parte e non cedono a momenti morti o di uorismo a denti stretti.
La trama non è niente di molto orgininale, non vi aspettate un film esilarante, solo una buona commedia ben scritta e diretta, con in più i camei attoriali di cui sopra.
Callie Khouri mette in scena con naturalezza debolezze umane, furberie e graziosi colpi di scena.
Consigliato vivamente per una serata col sorriso e per riprendersi da tanta commedia di basso livello, ormai dilagante in Italia e all'estero.
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recensioni
martedì, maggio 12, 2009
Questione di cuore
Nella stessa notte lo sceneggiatore Alberto (A. Albanese) e il carrozziere Angelo (K. Rossi Stuart) vengono colpiti da infarto.
Si ritroveranno ricoverati uno accanto all'altro nello stesso ospedale romano.
Benchè l'intellettuale nato al nord e il coatto romano non abbiano nulla in comune, nasce tra di loro una intensa amicizia che porterà a sviluppi (im)prevedibili.
Francesca Archibugi (Il grande cocomero, L'albero delle pere) gira una commedia al tempo stesso leggera ed amara tratta dal romanzo autobiografico dello sceneggiatore Alberto Contariello.
QUESTIONE DI CUORE ricorda non poco IL GRANDE COCOMERO (i legami che nascono a causa della malattia) ha dialoghi a tratti brillanti e la coppia Kim Rossi Stuart - Antonio Albanese che merita applausi per come riesce a dare credibilità ai personaggi e sopratutto per il tocco leggero della loro interpretazione.
Il film però non è esente da inciampi e stonature, prima tra tutte la visita di gruppo degli amici vip (Sorrentino, Virzì, Verdone, Sandrelli) al capezzale di Alberto.
Da sottolineare negativamente anche il personaggio di Paolo Villaggio, che oltre ad essere ridotto a macchietta, non ha nessuna influenza nell'economia del film.
Brave Micaela Ramazzotti e sopratutto Chiara Noschese, attrice di teatro che il cinema dovrebbe utilizzare più spesso.
Si ritroveranno ricoverati uno accanto all'altro nello stesso ospedale romano.
Benchè l'intellettuale nato al nord e il coatto romano non abbiano nulla in comune, nasce tra di loro una intensa amicizia che porterà a sviluppi (im)prevedibili.
Francesca Archibugi (Il grande cocomero, L'albero delle pere) gira una commedia al tempo stesso leggera ed amara tratta dal romanzo autobiografico dello sceneggiatore Alberto Contariello.
QUESTIONE DI CUORE ricorda non poco IL GRANDE COCOMERO (i legami che nascono a causa della malattia) ha dialoghi a tratti brillanti e la coppia Kim Rossi Stuart - Antonio Albanese che merita applausi per come riesce a dare credibilità ai personaggi e sopratutto per il tocco leggero della loro interpretazione.
Il film però non è esente da inciampi e stonature, prima tra tutte la visita di gruppo degli amici vip (Sorrentino, Virzì, Verdone, Sandrelli) al capezzale di Alberto.
Da sottolineare negativamente anche il personaggio di Paolo Villaggio, che oltre ad essere ridotto a macchietta, non ha nessuna influenza nell'economia del film.
Brave Micaela Ramazzotti e sopratutto Chiara Noschese, attrice di teatro che il cinema dovrebbe utilizzare più spesso.
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italia,
recensioni
giovedì, maggio 07, 2009
Film in sala dall'8 maggio
Française
( Française )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Francia, Marocco
REGIA: Souad El-Bouhati
La casa sulle nuvole
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Claudio Giovannesi
L'artista
( El Artista )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia, Argentina
REGIA: Mariano Cohn, Gaston Duprat
San Valentino di sangue in 3D
( My Bloody Valentine 3D )
GENERE: Horror, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Patrick Lussier
Star System - Se non ci sei non esisti
( How to Lose Friends & Alienate People )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Gran Bretagna
REGIA: Robert B. Weide
Star Trek
( Star Trek )
GENERE: Fantascienza
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: J.J. Abrams
Terra madre
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Ermanno Olmi
Young People Fucking
( Young People Fucking )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2007
NAZIONALITÀ Canada
REGIA: Martin Gero
( Française )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Francia, Marocco
REGIA: Souad El-Bouhati
La casa sulle nuvole
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Claudio Giovannesi
L'artista
( El Artista )
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia, Argentina
REGIA: Mariano Cohn, Gaston Duprat
San Valentino di sangue in 3D
( My Bloody Valentine 3D )
GENERE: Horror, Thriller
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ USA
REGIA: Patrick Lussier
Star System - Se non ci sei non esisti
( How to Lose Friends & Alienate People )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Gran Bretagna
REGIA: Robert B. Weide
Star Trek
( Star Trek )
GENERE: Fantascienza
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ USA
REGIA: J.J. Abrams
Terra madre
GENERE: Documentario
ANNO PROD: 2008
NAZIONALITÀ Italia
REGIA: Ermanno Olmi
Young People Fucking
( Young People Fucking )
GENERE: Commedia
ANNO PROD: 2007
NAZIONALITÀ Canada
REGIA: Martin Gero
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film in uscita 2009
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