martedì, agosto 30, 2011

Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato

Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato

Chick flick all'italiana.
Mentre oltreoceano impazza il fenomeno bad girls con Kristene Wiig e Cameron Diaz a capeggiare un ondata di ragazze che in quanto a sfacciataggine non avrebbero nulla da invidiare a quelle di Tarantino (quest'anno le danze erano iniziate con Bicht Slap e Sucker punch) dalle nostre parti il cinema al femminile in versione mainstream è ancora lasciato alla commedia romantica tout court, moderne versioni dei romanzi di Jane Austin declinate secondo le mode del momento.

In questo caso, la tendenza è quella di mischiare il cinema "Manuale" di Giovanni Veronesi, con la voce fuori campo a supportare i vari snodi della storia, con il romanticismo spiegato e paragrafato di Federico Moccia, quello suddiviso per capitoli evidenziati sullo schermo per meglio esplicitare le varie fasi del racconto.

Una struttura adottata per sintonizzarsi sui recenti successi del cinema italiano (anche l'uso di attori prettamente televisivi lo conferma) ma poco fluida per un film che invece necessiterebbe di maggior scioltezza per bilanciare la scarsa vena dei dialoghi. Incentrato sulle vicissitudini amorose di Sofia, eternamente delusa dagli uomini ma non per questo decisa ad abdicare, e delle sue amiche, Penelope, sempre in cerca della prossima conquista ed Alice, sposata ad un uomo distratto, il film è pure incerto nello stile che passa da carrellate circolari modello Ozpetek, ad un accenno di immagini sfocate a sottolineare forse lo stress di una situazione, ed ancora, riprese concentrate all'inizio del film e poi abbandonate, in cui l'uso del grand'angolo vorrebbe sottolineare il disagio del soggetto.

A parte la trovata del titolo, alambiccato quanto basta per attirare l'attenzione dello spettatore ma in fin dei conti irrilevante rispetto alla storia, ed ancora l'espediente utilizzato per creare analogie tra il comportamento animale e quello umano, ricavato dalla studi di Sofia, "Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato" non riesce a trovare una sua identità.

Peccato perchè la presenza di un attrice come Francesca Inaudi, a dire il vero molto simile a quella del tormentone catodico Tutti pazzi per amore, e di Enrico Silvestrin, redivivo ma efficace nel tratteggiare lo spaccone sciupafemmine meritavano qualcosa in più.

(pubblicata su Roma giorno e notte)

lunedì, agosto 29, 2011

Fright night

Fright night

Charley è un ragazzo alle prese con i problemi della sua età: ragazze di cui innamorarsi ed una reputazione da costruire evitando di frequentare amici poco cool. La misteriosa sparizione di quest’ultimi ed il contemporaneo arrivo di un inquietante vicino lo trasformeranno in un novello Van Helsing.

Girato con la sobrietà di mezzi che si conviene ad un prodotto le cui ambizioni sono legate al passaparola ed allo sfruttamento home video, Fright Night assomiglia ad un teen ager movie per la presenza di tutti quegli elementi, la sfrontatezza di un ambiente scolastico con le sue dinamiche di odio ed amore, di conformismo e diversità, la guerra dei sessi intesa come conquista della bella di turno ed anche un dose di malinconia fornita dall’immancabile presenza nerds, che da sempre lo caratterizzano, se non fosse per la componente horror rappresentata da Jerry, il vampiro interpretato, con poco fascino e molta cattiveria, da Colin Farell.

In realtà, pur nella costante di questo dualismo, la storia del giovane Charley obbligato a crescere in fretta per poter difendere le persone che ama, altro non è che il solito percorso di iniziazione alla vita di un personaggio che fino ad allora l’aveva soltanto sognata.
Così, se all’inizio lo stesso si dimostra piuttosto insicuro tanto con l’avvenente vicina di casa, che lo snobba a favore dell’inquietante vampiro, quanto con la propria ragazza, costretta a rimandare la fatidica prima volta, mano a mano che la vicenda si dipana, questa tendenza lascia il posto ad una scoperta di sé (la decisione di trasformarsi da preda a cacciatore) e del mondo (soprattutto della sua parte più malvagia) capace di trasformarlo in un uomo vero (indicativa l’ultima scena con il protagonista finalmente disinvolto ed intento ad amoreggiare con la sua amata). Il tutto condito con la giostra di spanventoveli espedienti legati alla cultura filmica del genere.

Tra Disturbia, altro prodotto Dreamworks di cui replica il rapporto di wojeurismo sul tipo de la finestra del cortile, e lo scetticismo che circonda la scorcentante scoperta di Charlie, Fright Night è in realtà il remake di un film degli anni 80, Ammazzavampiri di Tom Holland per l’appunto, di cui invero non si sentiva la mancanza. Nondimeno si confà a questo scampolo di calura estiva per la voglia di aria condizionata e di disimpegno che spesso quest’atmosfera porta con sé.

(pubblicata su Roma giorno e notte)

giovedì, agosto 25, 2011

The Mechanic

The Mechanic
di Simon West


Dopo The Transporter ed ora con the Mechanic gli appellativi proletari stanno diventando il cromosoma di riferimento per un corpo attoriale come quello di Jason Statham, duro tra i duri consacrato da un ciambellano d’eccezione come Silvester Stallone, che l’ha chiamato a far parte di quel gruppo di "Tamarri senza gloria" dal nome che assomiglia ad un avviso di scadenza.
Eppure sono proprio questi nomi, scolpiti nella faccia ed anche nei muscoli senza sorpresa dell’attore inglese, a delineare dinamiche di lotta fatte di carne e lavoro fisico, lontano dalle sofisticherie tecnologiche e visionarie di tanto cinema d’azione contemporanee.
Qui il pane bisogna guadagnarselo con il sudore della pelle e senza tener conto dell’acconciatura dei capelli.
Si bada al sodo, nonostante i mimetismi messi in atto per confondere le acque facendo finta di essere qualcos'altro, non solo un film costruito su un'unica ossessiva idea, quella della vendetta a tutti i costi, ma anche una storia di solitudine e di amicizia (virile), di figure putative ed addirittura di amori impossibili.

Insomma quasi una visione del mondo se non fosse che la regia è di Simon West, un tipo che non conosce sfumature.

La prima scena a questo proposito può essere indicativa: ci troviamo in una casa non meglio specificata ed assistiamo all’uccisione di un uomo che sta nuotando nella sua piscina. La dinamica ricorda quella di una scena de Lo squalo con il corpo della vittima trascinato verso il fondo nonostante il tentativo di liberarsi da quella morsa.
Ad ammazzarlo è un sub killer venuto da chissà dovè.
Segue fuga impossibile con tanto di nuotata del morto simulata dal suo assassino per evitare di essere scoperto dagli uomini che sorvegliano la casa.

Ecco, in questi primi concitati minuti c’è tutta l’essenza di un film che non riesce a regolarsi, schizofrenicamente diviso tra il tentativo di prendersi sul serio, come la faccia tenebrosa e corruciata del suo interprete, e la tendenza ad un weirdo che l'invenzione acquatica - ammesso che di questo si possa parlare per una pellicola che ruba a destra ed a manca - sintetizza in maniera emblematica.

Il resto come dicevamo è una lenta discesa nel solito bagno di sangue e giustizia privata ( il film potrebbe addirittura essere un remake di quello di Charles Bronson, ma poco cambia ), a cui partecipa anche un secondo incomodo, interpretato da Ben Foster, il quale per adeguarsi all'ambiente sfodera anche lui lo stesso sguardo per l'intera durata della pellicola.

(15 marzo 2011)

Film in sala dal 26 agosto 2011

Dancing Dreams – Sui passi di Pina Bausch
GENERE: Documentario
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Germania
REGIA: Anne Linsel, Rainer Hoffmann

Kung Fu Panda 2
(Kung Fu Panda: The Kaboom of Doom)
GENERE: Animazione, Azione, Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Jennifer Yuh

Professione Assassino
(The Mechanic)
GENERE: Azione, Thriller
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Simon West

Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato
(Come trovare nel modo giusto l'uomo sbagliato)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Daniela Cursi Masella, Salvatore Allocca

Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma
(Di Renjie)
GENERE: Storico, Thriller
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Cina, Hong Kong
REGIA: Tsui Hark

Fright Night
(Fright Night)
GENERE: Commedia, Horror
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Craig Gillespie

Le regole della truffa
(Flypaper)
GENERE: Commedia, Poliziesco
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Rob Minkoff

Student services
(Mes chères études)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Francia
REGIA: Emmanuelle Bercot

This is England
(This is England)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2006
NAZIONALITÀ: Gran Bretagna
REGIA: Shane Meadows

lunedì, agosto 22, 2011

L'art d'aimer

L'art d'aimer
regia di Emmanuel Mouret


Dal primo film apparso in Italia, Emmanuel Mouret ci ha abituato a frequentare i bradisismi dell’amore. Insondabile per elezione, e forse per questo oggetto di tanta attenzione, la chimica del cuore è diventata nel cinema del regista francese qualcosa di più di un semplice divertissment, arrivando addirittura a rappresentare la prospettiva privilegiata con cui rivolgersi all’esistenza.

Da Cambio di indirizzo i plots di questo regista, fuori dal set svaghito e distratto come i personaggi delle sue storie, sono diventati sempre più essenziali ed esclusivamente dedicati alle coordinate dell’innamoramento.

A cominciare dall’ambiente, presente nei primi film come istanza di un realismo altrimenti messo all’angolo dall’atmosfera volatile dell’intreccio, e successivamente relegato a semplice contenitore delle storie, il cinema di Mouret ha accentuato sempre di più le caratteristiche emotive dei personaggi a discapito di tutto il resto.

I caratteri, d’apprima attraenti ed attratti, anche per questioni fisiche (nel capo d’opera Cambio d'indirizzo la bellezza femminile delle due protagoniste è talmente evidente ed affasciante da giustificare qualisiasi conseguenza) diventano in questo l’Arte d’amare corpi che amano, ripresi nella loro funzione senziente ed amante, quasi dimentichi della loro concretezza corporea.

Suddiviso in diversi episodi che moltiplicano all’ennesima potenza le contraddizioni dei comportamenti, l’espediente del corteggiamento è destinato a ritornare su se stesso con scambi di persona ed appuntamenti per interposta persona, il film, in maniera delicata ma anche un po’ ripetitiva, ci rivela un mondo sempre in moto e continuamente in tensione, disposto a sacrificarsi per una promessa di paradiso che assomiglia ad un illusione.

Mouret continua ad amare troppo i suoi personaggi ed è forse per questo che a volte questi gli scappano di mano finendo per far scomparire gli altri, pensiamo per esempio a quelli appenna accennati di Ariane Ascaride e dello stesso regista, come se fosse l’ arrembante sentimento amoroso a scegliere su chi posarsi, a distribuire l'importanza e la voglia di raccontarsi.

In questo caso poi si ha l'impressione di un respiro un pò corto, da sit com televisiva, con trovate e situazioni il cui divertimento è destinato a durare il tempo della prossima scena. Interpretato da una schiera d’attori vecchie e nuovi come Francois Cluzet a Julie Depardieu e Gaspard Ulliel e molti altri, L’arte d’amare vede anche la presenza dell’attrice feticcio Frederique Bel.

Presentato in anteprima come evento speciale all’ultimo festival di Locarno L’arte d’amare è un film oltre il quale non si può andare. Questo lo sa anche Mouret.

domenica, agosto 21, 2011

HANNA

HANNA
di Joe Wright


Hanna è un’adolescente forte ed intelligente che vive con il padre Erik isolata dal mondo, in una foresta perennemente innevata.
Sotto la guida del padre la ragazzina apprende tecniche di difesa e di attacco, impara ad usare diverse armi, e acquisisce la conoscenza di diverse lingue.
Tutto questo perché Erik è un ex agente della CIA che ha dovuto far perdere le proprie tracce e vuole che la figlia sappia come difendersi e sopravvivere in caso di situazioni critiche legate all'inevitabile rientro nella società.

Nel deserto della programmazione estiva, trova spazio questa spy-story più volte annunciata durante la stagione primaverile e sempre rimandata.
Come da copione consolidato, con l’arrivo dell'estate, si assiste al prosciugamento dell’offerta di titoli un minimo interessanti e quindi l’arrivo in sala nel mese di agosto dell’ultimo lavoro di Joe Wright spicca sulle per niente attraenti alternative.
Hanna è una pellicola che si lascia guardare a patto che non si cerchi linearità e coerenza in una sceneggiatura non priva di incongruenze non giustificabili a certi livelli.
Se poi aggiungiamo papà Erik che lascia il suo rifugio ai confini del polo nord durante una tormenta di neve in giacchetta e cravatta per poi raggiungere le coste tedesche a nuoto, l'inverosimile e il comico involontario rischiano di oscurare quanto di buono (che comunque c'è) la pellicola ci offre.
Punto di forza del film è l'ottimo cast con una brava Cate Blanchett e una promettente Saoirse Ronan oltre ad alcune buone trovate come l'accecante impatto visivo con il passaggio dalle gallerie della struttura della CIA (che però sembrano una discoteca) al deserto marocchino.
Per il resto un pò di Nikita, una spruzzata di Leon, una dose di psicologia da fiera di paese ( il parco a tema dei fratelli Grimm a Berlino dove Hanna si libera dei "grandi" per ritrovare la sua purezza adolescenziale) ed alcuni esperimenti più degni di Mengele che di un Paese democratico come gli Stati Uniti.
Hanna funziona più sui singoli momenti che nella sua interezza.
Consigliato armarsi di pop corn.

ADDIO JACOPETTI

ADDIO JACOPETTI
di Fabrizio Luperto


Mercoledì 17 agosto è morto a Roma all'età di 91 anni Gualtiero Jacopetti.

Censurato, messo al bando, ferocemente criticato, Gualtiero Jacopetti, provocatore estremo nella vita come nel suo modo di fare cinema, non sembrava curarsene, anzi pareva quasi compiacersi della sua situazione di ghettizzato del cinema.

Pioniere dell'inchiesta ad effetto, della verità manipolata, instancabile provocatore, conobbe il carcere per questioni di sesso con una minorenne e visse una turbolenta storia d'amore con la stupenda Belinda Lee.

Toscanaccio duro e puro, face il suo ingresso nel mondo della celluloide con Mondo Cane (1961) assemblando immagini choc, violenza, nudi e torture che ovviamente suscitarono critiche spietate e reazioni furibonde.

Jacopetti, quasi compiacendosi della ferocia delle critiche, continuò sulla stessa strada, quella della morbosità voyeuristica, portando sullo schermo Mondo cane 2 (1962); La donna nel mondo (1963); Africa Addio (1966); Addio Zio Tom (1971); Mondo Candido (1974).

Chissà se oggi, a pochi giorni dalla sua morte, qualche critico cinematografico ricorderà che Mondo Cane fu presentato al Festival di Cannes; che Riz Ortolani fu candidato all'Oscar per le musiche e che vinse un David di Donatello per la miglior produzione (Cineriz di Angelo Rizzoli).

Chissà se qualcuno ricorderà che se oggi esiste un genere cinematografico chiamato mondo-movie lo si deve a Gualtiero Jacopetti.

Chissà se i tanti giovani registi di cinema horror che amano classificare i loro lavori come "Shockumentary" rivolgeranno un pensiero pregno di gratitudine a Gualtiero Jacopetti, terrorista dello schermo che visse la sua avventura cinematografica tra ostracismo e sberleffi.

giovedì, agosto 18, 2011

Film in sala dal 19 agosto 2011

Come ammazzare il capo ...e vivere felici
(Horrible Bosses)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Seth Gordon

Horror Movie
(Horror Movie)
GENERE: Commedia, Horror
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Canada, USA
REGIA: Bo Zenga

Conan il Barbaro
(Conan The Barbarian)
GENERE: Azione, Fantasy, Avventura
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Marcus Nispel

Le Amiche della Sposa
(Bridesmaids)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Paul Feig

domenica, agosto 14, 2011

Coming soon: Red State di Kevin Smith

Direttamente dal Festival di Locarno e prossimamente su queste pagine, il nuovo film di Kevin Smith, Red State.




sabato, agosto 13, 2011

I pinguini di Mr Popper

I pinguini di Mr Popper

Che Jim Carrey fosse a suo agio con gli animali non è una novità, basterebbe il dittico di Ace Ventura a ricordarcelo, ma il fatto che l’attore canadese abbia scelto di ritornare sul grande schermo con un film monopolizzato dalla presenza dei simpatici uccelli acquatici la dice lunga su una predilezione prima di tutto artistica e poi forse anche sentimentale.
Se è vero infatti che il successo di critica gli deriva da film impegnati e d’autore come quelli interpretati per conto di Peter Weir e Milos Forman, è altrettanto evidente che la verve surreale ed escatologica di questo attore trovi materia per i propri denti quando viene impegnata da soggetti e situazioni al di fuori della convenzione e possibilmente del normale linguaggio del corpo.
Un concentrato di sberleffo e di nevrosi pronta a deflagrare quando meno te lo aspetti e soprattutto nelle condizioni più impensate, come quelle che accadono al Signor Popper, manager di successo che ha sacrificato la famiglia alla carriera, quando riceve dal defunto genitore una squadra di Pinguini destinata a sparigliare con effetti esilaranti gli equilibri di una vita apparentemente felice.

Pur in presenza di una storia edificante, costruita su valori familiari mai messi in discussione anche quando la storia autorizzerebbe a farlo (il padre assente è la causa del disagio psicologico del protagonista) e nella mancanza di originalità di un plot costruito secondo un procedimento che mira a ribaltare le posizioni di partenza, il carattere anaffettivo di Popper e l’atteggiamento ostile dello stesso nei confronti dei coprotagonisti del film, i Pinguini di Mr Popper riserva il piacere di vedere all’opera un attore che non smette di divertirsi e di divertire. La pellicola in questo senso gli offre su un piatto d’argento l’occasione per applicare la sua comicità surreale quando l’elemento umano viene sostituito da quello animale ( la famiglia dei Pinguini costituirà una sorta di apprendistato per riconquistare quella anagrafica) e Carrey si trova ad organizzare la propria esistenza in funzione dei sorprendenti visitatori: dall’appartamento adattato per la circostanza alle temperatura polare alle riunioni lavorative sconvolte dall’irruzione degli uccelli, tutto sembra volgere ad una normalità che è invece eccezionale.
Ed in questa baraonda fantasmagorica ma rassicurante l’attore lascia anche intravedere un pizzico di velata malinconia, quasi di irriverenza contenuta, che se da un lato si addice ad uno spettacolo per famiglie ( basti pensare che gli escremeti dei Pinguini sono resi con un bianco virginale) dall’altra potrebbe essere l’indice di una maturità soffertamene raggiunta.

Uscito negli Stati Uniti con un successo al di sotto delle aspettative "I pinguini di Mr Popper" si affaccia nel nostro continente con le incognite di un film che deve ancora esprimere le proprie potenzialità. Staremo e vedere.

(pubblicata su ondacinema.it)

giovedì, agosto 11, 2011

Film in sala dal 12 agosto 2011

Almeno Tu nell'Universo
(Almeno Tu nell'Universo)
GENERE: Commedia, Romantico
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Luca Biglione

Hanna
(Hanna)
GENERE: Drammatico, Thriller
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Joe Wright

I Pinguini di Mr. Popper
(Mr. Popper's Penguins)
GENERE: Commedia
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: USA
REGIA: Mark Waters

martedì, agosto 09, 2011

Capitan America: il primo vendicatore


Capitan America il fumetto ha dovuto sempre combattere la retorica insita nell’essenza stessa del suo essere eroe. Creato dal governo americano per combattere il nemico hitleriano il supersoldato della Marvel, anche da punto di vista estetico, si deve confrontare con i cascami di un concetto, “l’americanità”, che soprattutto in tempi di guerra, del secolo scorso e di quella attuale, rischia di richiamare i peggiori istinti patriottici e conseguentemente i soliti stereotipi propagandistici. In più c’è un personaggio che così com’è stato concepito poteva risultare monolitico nella suo continuo pendolare tra political correct e fiducia nelle umane sorti. Sempre presente a se stesso ed immune da scivoloni psicologici, il ragazzo costituiva il prototipo del buon comandante, quello capace di risolvere il problema e di sacrificarsi per i suoi ragazzi. Insomma esattamente il contrario dell’eroe del nuovo millennio, quello che dopo Watchmen ha scoperto i suoi lati più oscuri e schizofrenici. Sul piano filmico la paura era quella non solo di un film scontato, quasi un ovvietà per una casa di produzione decisa a confermare in maniera pedissequa le caratteristiche della matrice cartacea, ma anche noioso per il controllo temperamentale del suo personaggio. Ed invece questo nuovo capitolo supereroistico, pur non essendo nulla di trascendentale dal punto di vista della trama, che paga ovviamente il dovere di dover presentare il personaggio e le sue origini, ci regala una trasposizione capace di ricreare un epoca guardandola attraverso una lente di ingrandimento ludica ed avventurosa. Così dopo averci fatto conoscere Steve Rogers mingherlino ed averlo trasformato in una macchina da guerra, Joe Johnston ci porta in prima linea, trasformando il film in un puzzle che si richiama ai migliori film del genere e non, Dove osano le aquile tanto per fare un nome ma anche Mission Impossible per la similitudine tra le capacità acrobatiche del capitano e quelle di Ethan Hunt, dando vita ad uno scenario dove l’azione non eccede mai il fattore umano e dà modo ai personaggi di esprimere un minimo di psicologia che li renda tali. C’è anche il tempo per una tenzone amorosa in questo Capitan America e poi c’è persino un amicizia, quella con Bucky, che muore troppo presto. Insomma c’è anche un po’ di cuore. Di più non si può pretendere.

sabato, agosto 06, 2011

Annate d'attore: Ryan Gosling

Gli attori si sa sono come il vino, risentono di condizioni che non dipendono da loro, e come quello, soggetti ad annate discontinue. A volte sulla cresta dell’onda, altre in un oblio senza alcuna spiegazione, gli attori sono come i gatti, capaci di sopravvivere alle sventure ed a loro stessi. Così è accaduto anche a Ryan Gosling, trentunenne attore americano assurto a massima tendenza in quest’ultimo scorcio di stagione (3 film in uscita, di cui uno, Le idi di marzo di George Clooney in corcorso ed in apertura nell’imminente festival veneziano), dopo che, prima una lunga pausa, tre anni son passati tra Lars ed una ragazza tutta sua e Blue Valentine, poi due film variamente non distribuiti, Blue Valentine e All good things, ce ne avevano fatto dimenticare persino l’esistenza. Eppure fin dal suo primo film come protagonista, il bellissimo The Believer, dramma contemporaneo sulla condizione ebraica, il nostro aveva mostrato di fare sul serio, riuscendo a rendere in maniera misurata l’overdose emozionale di un ribelle tout court, in un film destinato a scomparire per eccesso di onestà. Ad aspettarlo, dopo quell’inizio, ci furono fuochi fatui, produzioni di variegato intrattenimento, fatte per incrementare il conto in banca e la presentabilità, fino ad un altro colpo basso, quell’ Half Nelson che gli fece guadagnare una nomination all’Oscar del 2006. In esso Gosling vi interpreta un insegnante equamente diviso tra la dipendenza dalla droga, e la passione per un lavoro in cui tenta di emancipare i suoi studenti da un destino di emarginazione e di violenza. Dimagrito e sincopato, l’attore da seguito a capacità recitative che fondono impercettibili variazioni dello sguardo, e soprattutto del corpo, mostrato e trasformato ad ogni apparizione. Ed è proprio l’accostamento tra questi due fattori, lo sguardo, da bravo ragazzo, ed il corpo, da wild boy, a fare di Gosling un oggetto deflagrante, destinato ad infuocare le fasi successive, quelle di una maturità consolidata da altri due ruoli metropolitani non meno drammatici, ed ancora serviti a registi scommessa (quella di recitare con semi esordienti è un'altra caratteristica della casa): il primo Blue Valentine, tranche de vie su un amore giunto al termine, e poi All good things, il capolavoro dell’ultima ora, il quarto per l’esattezza se si considera anche Lars, film spartiacque per l’inedita presenza di elementi che avvicinano l’attore ai meccanismi della commedia e del grottesco, per raccontare la vicenda di un uomo innamorato di una bambola gonfiabile. Al contrario nel film di Andrew Jareki, Gosling torna al dramma a forti tinte ed assume i panni realmente indossati da David Marks, un uomo che nel 1982 fu al centro di un caso mediatico legato alla scomparsa della moglie e al conseguente processo che cercò di legittimare un uxoricidio mai provato. Immerso in un atmosfera da tragedia shakespeariana, e costruito su cadenze simili a quelle di un romanzo letterario, All good things sancisce definitivamente la presenza attoriale di Ryan Gosling, capace di attraversare la storia modulando sentimenti e maniere che riflettono non solo i cambiamenti di stato di un uomo che ad un certo punto assunse persino identità femminile, ma anche la capacità dell’attore di aderire alle esigenze del personaggio. Il resto è storia recente, dal clamore cannense suscitato per Drive, noir visuale e visionario, e poi ancora, il film di Clooney, in cui Gosling torna alla versione bravo ragazzo in un cuore di tenebra di natura politica. Insomma una specie di prova del nove in termini di popolarità e spendibilità commerciale. Li attendiamo con fiducia ed intanto continuiamo a puntare su di lui, come sempre da queste parti.

Filmografia Principale

The believer di Henry Bean Usa 2001
Half Nelson di Ryan Fleck Usa 2006
Lars ed una ragazza tutta sua di Craig Gillespie Usa 2007
Blue Valentine di Derek Cianfrance Usa 2010
All good Things di Andrew Jareki Usa 2010
Drive di Nicolas Winding Refn Usa 2011
Le idi di marzo di George Clooney Usa 2011



mercoledì, agosto 03, 2011

Film in sala sal 5 agosto 2011

In the Market
(In the Market)
GENERE: Horror
ANNO: 2009
NAZIONALITÀ: Italia
REGIA: Lorenzo Lombardi

Tekken
(Tekken)
GENERE: Azione, Fantascienza, Avventura
ANNO: 2011
NAZIONALITÀ: Giappone, USA
REGIA: Dwight H. Little

lunedì, agosto 01, 2011

Biutiful

Navigare a vista.
Echi di vite gia vissute ma presenti nel cuore e nei gesti di chi è rimasto.
Un uomo si avvicina ad un corpo senza vita e si mette ad ascoltarlo.
Un padre vaga per la città con il dolore di chi sa di essere morto all’arrivo.
Incede con fatica ma in modo deciso. Passi laterali, fuori dalla mischia, striscianti per il peso di un dolore che non si può raccontare.
Il tempo scandito dalla città insonne parla diuna prossimità sul punto di arrivare.
Mettere le cose a posto, guardarle dall’esternoper comprenderle meglio, assicurandogli un futuro migliore.
I rimorsi di un presente che poteva essere migliore ed insieme l’impotenza di non poter essere più. Cielo e terra raccolte in un umanità imperfetta ma commossa, partecipata.
E poi infine il distacco, sussurrato. “Papà, papà”.
Una nave salpa lasciandosi indietro un orizzonte di anime salve. Davanti lo spazio definito dalla sua infinitezza.
Accettazione di un esistenza che ricomincia in un altrove sconosciuto.
Un attore in stato di grazia ed un regista pronto a girare pagina scommettendo su se stesso.
Biutiful è la bellezza della verità con cui bisogna fare i conti, è cinema per anime in cerca di se stesse.
Un bicchiere d’acqua nell’arsura della sera.