domenica, settembre 07, 2008

Mostra del Cinema di Venezia 2008

La 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, organizzata dalla Biennale di Venezia, e diretta da Marco Muller, si svolgera' al Lido di Venezia dal 27 agosto al 6 settembre 2008.


Definiti i componenti delle giurie internazionali della 65. Mostra del Cinema:
Venezia 65: Wim Wenders (Presidente), Juriy Arabov, Valeria Golino, Douglas Gordon, John Landis, Lucrecia Martel e Johnnie To.
Orizzonti: Chantal Akerman (Presidente), Nicole Brenez, Barbara Cupisti, José Luis Guerin e Veiko Õunpuu.
Premio Luigi De Laurentiis per la migliore Opera Prima: Abdellatif Kechiche (Presidente), Alice Braga, Gregory Jacobs, Donald Ranvaud e Heidrun Schleef.
Corto Cortissimo: Amos Poe (Presidente), Gianni Rondolino e Joana Vicente.

La Mostra si aprira' quest'anno con Burn After Reading, scritto e diretto dai premi Oscar Joel e Ethan Coen.



PS: caro Ethan, questo post e' per te, una sorta di luogo-diario dove annotare tutto cio' che vedrai a Venezia. Raccontaci tutto cio' che potrai!

27 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie veri, mi hai fatto arrosire. un abbraccio.
ho prenotato la mia stanzetta dal trentuno agosto al sei settembre, dunque al mio ritorno sarò lieto di raccontarvi tutto e mandarvi qualche foto. scrivervi dal lido la vedo un pò dura, ma se capita volentieri. comunque penso di fare una scappatina anche il primo giorno e ovviamente vi farò sapere magari accompagnato da qualche foto. grazie e buona visione
p.s. nessuno di voi cinemaniaci verrà a farsi un giro?

Anonimo ha detto...

come ho letto in qualche cineblog: quest'anno il programma è molto cous cous che quattro salti in padella.

Anonimo ha detto...

ti ringrazio per le opinioni lasciate sul mio blog di cinema"appunti di cinema"...fra cinefili ci si intende ed apprezza..complimenti anche al tuo blog...ciao

Anonimo ha detto...

E' stato un piacere
nickoftime

Anonimo ha detto...

alla mia prima lettura del programma di venezia, ho evidenziato dei titoli che non volevo perdermeli. eccoli qua sotto:
1- SHIRIN di Abbas Kiarostami*
2- GIRARA NO GYAKUSHU / SAMITTO KIKI IPPATSU! (MONSTER X STRIKES BACK: ATTACK THE G8 SUMMIT!) di Minoru Kawasaki*
3- THE BURNING PLAIN di Guillermo Arriaga*
4- INJU, LA BÊTE DANS L’OMBRE di Barbet Schroeder*
5- ENCARNAÇÃO DO DEMÔNIO di José Mojica Marins*
6- Mamoru Oshii The Sky Crawler
7- Hayao Miyazaki Ponyo on Cliff by the Sea
8- Julio Bressane A Erva do Rato**
* verrano proiettati nei giorni che io non sarò alla mostra cioè il 28/29/30 agosto. argh!!!!!!
** grandi attese
- quest'anno penso che il programma della mostra sia molto promettente

M.S. ha detto...

conto alla rovescia per venezia 65. è un appuntamento fisso che adoro seguire, anche se a distanza. ci vorrebbe un leone d'oro come si deve, l'ultimo davvero splendido risale al 2002 (MAGDALENE).

Anonimo ha detto...

non sono d'accordo mario, penso il film russo del 2003 ritorno e still life siano un leone come si deve. l'anno scorso avrei premiato cous cous o il film di de palma.

Anonimo ha detto...

non potrò nemmeno vedere il film di Miyazaki perchè ha solo 2 proiezioni la domenica, dunque ci saranno code lunghissime per vederlo. domani mattina alle 4 0 5 parto per la mia giornatina veneziana. do visìvel ao invisìvel. dal visibile all'invisibile, in un titolo l'essenza del cinema. manoel de oliveira aprirà le danze veneziane. ciao buon cinema

Anonimo ha detto...

- burn after reading: un intrigo giallorosa grottesco surreale che si innerva rapidamente in un labirinto di equivoci e intersezioni nel quale i coen satireggiano anche a suon di sberleffi una sindrome paranoica insita in molte spy-stories specie posteriori all’undici settembre. Ritmo sostenuto, soprattutto nella parte finale dove comicità e violenza vanno a braccetto, e un cast molto duttile garantiscono la riuscita formale dell’operazione.
- Dal visibile all’invisibile di manoel de oliveira: scrivo la sua dichiarazione “ in questo piccolo film, improvvisato un po’ in fretta, ironizzo sull’artificialità della società e dei consumi esacerbati, oggi tanto in voga con il veloce progresso della tecnica (della quale riconosco tutta la straordinarietà), ma che ci sta rubando la nostra amata privacy e la non meno amata tranquillità. Inquina ogni giorno la terra, il mare e l’aria. Con la tacita e serena approvazione delle leggi internazionali in nome del cosiddetto progresso.
- 35 rhums: un piccolo film che lo si voleva in concorso. Narra la storia di un vedovo e sua figlia nel difficile alveare dei sobborghi parigine del nord. Un film d’amore, ma non solo di quello. Perché parla delle realtà sociali moderne, un mondo che può uccidere se ti toglie le sicurezze, come il pensionato che si sente perduto senza lavoro, il grande paradosso dei nostri tempi, una corazza e un’arma pericolosa da gestire. E’ un film di solitudine e di voglia a suo modo, di famiglia. Per la denis questo è un aspetto irrimediabilmente pericoloso: “ io odio la famiglia. Me ne sono andata di casa ancora giovane e con furia e ho ancora incubi di quel periodo. Vedo troppa infelicità nelle famiglie per credere in questa istituzione. Provo dolore nel vedere invecchiare i miei genitori giorno dopo giorno e credo sia lo stesso dolore che loro provano dal momento che io decisi di lasciarli. 35 rhums è un’usanza che si consuma nei momenti speciali della vita, è un film dolente penetrante, che parla di distacchi (il lavoro, la morte, l’abbandono, la solitudine) e desideri quasi inespressi, dove ognuno cerca di non deragliare, nell’intricata matasa di scambi, ferroviari e umani. La regista ci ricorda che si è ispirata a ozu e con gli occhi un po’ lucidi non si può applaudirla.

Anonimo ha detto...

- Il papà di giovanna: la rievocazione del fascismo un po’ all’acqua di rose nella bologna degli anni ’30 messa in piedi da pupi avati, dove i poliziotti di regime sono pezzi di pane e i veri assassini sono gli alleati coi loro bombardamenti o i partigiani con le loro esecuzioni, appare molto in linea con le tentazioni di revisione dell’italica contemporaneità. Il film è l’ennesima ricostruzione di un amacord casalingo, tra lacrimucce tagliatelle e buon vino, intorno a un fataccio peraltro sconvolgente: l’omicidio per gelosia della nipote di un senatore del fascio da parte della psicolabile e spaurita giovanna (notevole e brava rohrwacher), figlia 17enne di un modesto professore di storia dell’arte che colma di attenzioni iperprottetive e di un amore totalizzante, anche per comparare la dura, algida mancanza di affettività della madre che trascura il marito e preferisce far gli occhi dolci al vicino poliziotto , e amico di famiglia , ezio greggio, a sua volta sposato con una donna invalida (serena grandi). L’ostinazione amorosa di questo padre, mentre tutto crolla intorno alla sua famiglia, il processo subisce un tentativo di manipolazione politica da parte del regime e la ragazza viene segregata in un manicomio criminale, è l’elemento di forza del film, ma è l’unico: la dispersività di avati si fa addirittura irritante nella seconda parte, scandita da sequenze incocluse e separate dissolvenze in nero che suano molto “vintage” e la sceneggiatura che si accartoccia su se stessa. Un liete fine conclusivo che stempera la malinconia in un sorriso. Se vi accontentate…
- l’autre : questo vertiginoso ritratto di una pulsione amorosa trasformata in follia sarebbe l’effetto di un capolavoro, ma il film, tratto dal romanzo “l’occupation” di ernaux, vale comunque per se stesso. Vi campeggia un’attrice (meritato il premio) meravigliosa e inquietante come dominique blanc nei panni di anne-marie, una donna di mezza età che dopo la separazione del suo uomo è divorata dalla gelosia fino a sprofondare in un processo di sdoppiamento patologico. Notturno e non esente da venature horror , persino troppo compiaciuto negli stilemi, è uno studio impeccabile e spietato sull’autodistruzione ma anche di cinema come specchio deformante e minaccioso delle nostre ossessioni. (questo passaggio lo capirete quando lo vedrete).

Anonimo ha detto...

Grazie del reportage Ethan.
Fabrizio

Anonimo ha detto...

- In paraguay: visto in orizzonti, di ross mcelwee, è un oggetto difficilmente catagolabile. Il regista riprende, con la 16 mm, la realtà mentre essa accade, ed è ciò che accade allo stesso regista e alla sua famiglia che ha deciso di adottare una bambina del Paraguay e passa parecchie settimane ad asuncion ad aspettare che il lentissimo sistema giuridico latino-americano comprovi l’adozione. È un documentario sull’adozione, un ritratto di famiglia, una storia narrata, o analisi sociologicopolitica? “In Paraguay” è tutto insieme e con leggerezza scivola tra i generi affrontando ora i sentimenti personali, ora la presa di coscienza di un cittadino americano verso un paese che ha subito (in negativo) la politica usa, o svelando il sussulto morale di chi salva una sola vita di fronte ad un mare di vite da salvare.
- voy a explotar: un film che prende il via con toni grotteschi nella descrizione delle bassezze della media borghesia messicana e, piano, piano, scivola verso il road-movie, la commedia esistenziale, il flusso interiore di due ragazzini che hanno deciso di ribellarsi al mondo, amanti non riconciliati. Lo si voleva in concorso
- vicino al colosseo c’è monti: in 22 minuti di visita guidata dal venerabile mario monicelli, onnipresente senza essere invadente, il quartiere che sta tra via nazionale, i fori e l’anfiteatro flavio mi ha rivelato i suoi segreti: strade da paesone, scorci panoramici, botteghe accoglienti, la banda comunale. L’accademia del jazz e l’andare e venire di una folla da romanzo popolare. Bello
- vegas: based on a true story: amir naderi èra uno dei nomi “speciali” di questa mostra, conosciuto in italia per i suoi passaggi frequenti a fuori orario e in qualche festival. Un film molto indipendente con un’idea potentissima, che mette insieme tecnica, storia e alterità stilistica in un’unica irresistibile risultante. Siamo nei paraggi della capitale del gioco d’azzardo in nevada, in una periferia piatta e desolante che l’opzione del digitale rende ancora più algidae anonima; sullo sfondo torreggiano, giorno e notte, i grattacieli dove si consuma l’attività prevalente della zona, rilanciata dalle tv locali, tarlo e attrazione fatale per molti. Tra questi l’operaio eddie, che vive appena decorosamente con moglie e figlio in un lindo prefabbricato; lei innamorata del suo giardino, il ragazzo studioso, dedito ai suoi pappagallini e ai primi sommovimenti ormonali dell’adolescenza, sotto sotto tuttavia desideroso di un’altra vita, il capofamiglia tentato dal demone del gioco ma senza i mezzi per lanciarvisi. Un giorno irrompe a sua volta un sedicente marine, a sua volta scommettitore , il quale fa credere alla famigliola che nel suo giardino sia sepolto un milione di dollari frutto di una rapina di 40 anni prima. Un colpo troppo grosso per poterci non credere, ma in quel buco sempre più grande, sempre più devastante, sempre più inutile che verrà scavato finirà per essere demolita e inghiottita non solo la casa di eddie ma tutta la sua vita, disgregata la sua famiglia, annientata ogni sua possibilità di futuro tranne che per il ragazzino, unico a resistere alla follia progressiva innescata dall’avidità e dalla ricerca di un tesoro sognato e inesistente. Ottima la capacità di modulare la tensione senza nessuna forzatura , limitandosi a contemplare la progressiva, martellante, inesorabile (e reale) distruzione del set e autodistruzione dei protagonisti, con la fotografia che dai registri limpidi e coloratissimi iniziali si sporca via via di terra, di polvere e di disfatta: offuscamento delle luci sempre più lontane dalla città incantata, ribadendone la sostanza illusoria, e componendo un ritratto americano di raro, essenzialismo e lirico pessimismo.

Anonimo ha detto...

-Birdwatchers:il regista italo-cileno con il cuore e el radici nel sudamerica e negli orrori che questo continente ha dovuto subire nei secoli ad opera dei conquistadores, oppressori e dittatori. Che sono poi gli indios del brasile, confinate in riserve ai margini delle sterminate fattorie dei bianchi, usati come attrazioni turistiche e condannati all’estinzione dall’abuso dell’alcol o dal dilagare di suicidi per disperazione. Ed è un gruppo di questi, capitanato dal titanico nadio, a ribellarsi accampandosi nella proprietà di un fazendeiro, un tempo terra degli indios, e rivendicando radici e riti del passato nonché diritto ad un futuro contro ogni minaccia dell’auorità costituita. Lo scontro tra le due civiltà, indigeni e coloni, non è esenti da momenti lievi (l’incontro erotico tra il guardiano santamaria e una guarnì, l’adescamento di 2 adolescenti bianche nei confronti di un loro coetaneo indio) ma si concluderà necessariamente nel sangue e nella violenza, unico metodo con cui gli oppressori hanno sempre “dialogato” con gli oppressi. Nobile e asciutto anche nella partecipazione emotiva, senza retorica, con suggestivi momenti visionari e paesaggistici. Ci si aspettava di più da bechis
- sut: parte centrale di una trilogia. Un giovane lattaio costretto con la giovane e bella madre ad una vita rurale che non accetta, ma incapace di prendere una decisione. E incapace anche il film di scrollarsi di dosso l’aura di un’autorialità fasulla, inchiodata a silenzi vuoti, inquadrature e sguardi fissi, peregrinazioni del nulla e depressioni a perdere: il peggio della nouvelle vague turca senza il meglio dei suoi picchi d’autore.

Anonimo ha detto...

a erva do rato: saggio estetico e filosofico su arte e morte fuso da due racconti di machado de assis. un uomo, forseimpotente, una donna che desidera molto più che essere oggetto di rappresentazione, un topo che rosicchia le fotografie del corpo della donna e divenmta l'incubo di lui e il piacere notturno di lei. il tutto impacchettato benissimo, con eleganza per dirci che l'arte non ama la vita ma la morte (o che l'arte fissa la morte) e che il vero antidoto per il veleno della rappresentazione sta ... nella rappresentazione stessa. brasiliano, regista sperimentale e figura centrale del cinema marginal, bressane prosegue la sua ricerca di un cinema complesso, non privo di intellettualismi ma mitigati da una sapiente messa in scena.

Anonimo ha detto...

teza: un film fiammeggiante, accorato e tragico affresco storico lungo oltre vent'anni di martirio , violenze e travagli politico-sociali del proprio paese. rivissuti dall'intelettuale e medico anberber che negli anni '80fa ritorno al villaggio natale recando nel corpo i pesantissimi segni di un'aggressione neonazista subita in germania dove ha compiuto gli studi; è un ritorno doloroso ma pieno di sparanza, perché anberber spera di potersi rendere utile alla rinascita di un paese oppresso prima dal colonialismo fascista poi dall'impero medioevale del negus. invece lo ritrova in mano alla dittatura lennista di menghistu e poi dilaniato dalla ferocia dei signori della guerra. è un calvario per gerima percorre con lucidità tragica ma anche con immenso amore per la propria terra econ una sapiente mescolanza di passato e presente, allo scopo di entrare senza mezzi termini nelle contradizioni storiche e ideologiche di un'utopia. violento, coloratissimo, emozionante nella ricostruzione della vita rurale. film contro tutti i razzismi e regimi totalitari.

Anonimo ha detto...

-bumazhny sodat: siamo nel kazakhistan dei primi anni '60, alla vigilia del primo lancio di uomo nello spazio, e daniel è l'ufficiale che insieme alla moglie deve preparare i giovani cosmonauti all'impresa. l'atroce morte di uno di loro, incenerito in una camera iperbarica, scatena nell'uomo conflitti e interrogativi che la sua anima aveva solo tentato di sopire, e aggrava oltretutto i suoi gravi problemi di salute. finirà per soccombere. siamo nei primi anni del dopo stalin e il disgelo è ancora lontano. daniel è dunque il simbolo stesso di quanto ardua e perdente fosse, anche dopo la morte del dittatore, una critica al modello sovietico da parte di chi si trova nella condizione di doverlo servire addirittura dichiarando "idonei" e tendenzialmente mandando amorire giovani soldati di carta. il regista utilizza la strada della metafora, dei simboli, mutuando dal padre quell'horror vacui che trasforma il set invernale e fangoso in un mercato pulsante e a tratti grottesco, dove sfilano cammelli e ritratti di stalin, carri armati e biciclette scassate. il film peca troppo nei dialoghi spesso surreali tra il protagonista e la moglie e così facendo di disperde molto nella fase comunicativa.
- nuit de chien: il tema del film è la guerra e il disadattamento dell'individuo. il film è banale e rozzo, materialistico, malgrado la guerra sia immaginaria; è quella che trova un uomo rientrando nella sua città sotto assedio, infestata dalla corruzione, presidiata dell'esercito e lacerata dalle lotte tra fazioni rivali. tratto da un romanzo di carlos onetti, il film ambisce ad alzarsi come parabola contemporanea sul potere ma finisce per esserne solo un'involontaria caricatura del genere, per giunta aggravata dall'utilizzo molto snob e molto inutile di una colonna sonora "colta" cha spazia da wagner a bach alla callas. fischi in sala, è piaciuto solo a roberto silvestri de il manifesto.

veri paccheri ha detto...

ethan 6 un mito! grazie! :-)

Anonimo ha detto...

below sea level: pare impossibile che 40 metri sotto il livello del mare, a poche ore da los angeles e vicino al messico, viva accampata una comunità di senza fissa dimora, ribelli, anarchici individualisti, poeti, filosofi, ubriaconi, senza luce e acqua corrente. vivono in autoaubus, roulette, macchine vecchie e ogni tanto ne approfittano per andare in messico a farsi curare a buon mercato. il regista ha vissuto con loro per 4 anni: 2 mesi alla volta. incontriamo wayne, il pazzo. ken che ha scelto quella vita perchè nella commedia umana non vuole trovare posto. la borghese lily che pratica medicina cinese, fuggita lì perchè il marito le ha tolto il figlio e lei ha speso tutti i soldi nelle cause legali (l'unica che vorrebbe tornare indietro). mike che scrive canzoni e ha perso la figlia in un incidente d'auto. carol, il cui figlio si è preso una palottola destinata a lei. il trans cindy, veterano del vietnam che ha avuto sei mogli e due figli, e che vive lì facendo la parrucchiera. sterling che non è del gruppo, ma che li frequenta e gli porta l'acqua potabile. all'inizio si ride e poi le storie si mettono a fuoco e allora c'è poco da ridere. un ottimo documetario emozionante che non ha trovato un distributore italiano, a quanto sembra.

Anonimo ha detto...

il primo giorno d'inverno: brutto film. è la storia tormantata di un giovane solitario, che, quasi certamente gay (ma non è mai esplicito, nemmeno nel finale), scopre due compagni di nuoto in intimità sotto la doccia. e comincia a riccatarli. sono ricatti ridicoli, tipo farsi imprestare il motorino. locatelli immerge il film in una luce olivastra, che dovrebbe esprimere la solitudine e il tormento del protagonista, e sembrerebbe optare per una soluzione astratta (strade deserte), ma oltre a perdersi in inutili parentesi (le prove tìeatrali dei bambini e la passione per i conigli della sorella, imbarazzante), non crea vera tensione dinamica, nè prograssione narrativa, nè vero interrogativo sulla precarietà omosessuale, a maggiore ragione perchè si affretta a dare una morosa a chi è stato colto in fragante. (??forse si accenava alla bisessualita??). finale più ridicolo che tragico.

Anonimo ha detto...

rachel getting married: un film agrodolce che ricorda "un matrimonio" di altman e soprattutto "festen" di vinterberg. scritto dalla figlia di sidney lumet. svetta un'inedita e determinata anne hathaway in versione drammatica dal carattere ribelle, ma lo dimostra solo nei poster dei sex pistols appesi in camera da letto. ne esce un dramma un pò confuso a metà tra una commedia sofisticata e un teatrino della crudeltà adire il vero poco credibile, destinato a sfociare in baci e abbracci lacrime e "i love you", mentre la camera a mano di demme (l'unica cosa buona) cerca un immediatezza e un pedinamento delle anime reso possibile solo dalla perfetta risposta di tutto (non celeberrimo) cast. ci si aspettava di più.

Anonimo ha detto...

the sky crawlers: oshii presenta un'opera introspettiva, graficamente ineccepibile e carica di simbolismo. la vicenda è ambientata in un mondo apparentemente pacifico in cui l'aggressivita umana viene subliminata attraverso spettacolari combattimenti aerei tra giovani piloti professionisti, i kildren. questi, infinite repliche di esseri umani, vengono immolati da multinazionali senza scrupoli in nome di un ipocrita pace mondiale. il film è visivamente sopredente, ma peca nel non rispondere a tutti gli interrogativi che ci vengono posti. da vedere

Anonimo ha detto...

les plages d'agnès:bellissima agnes varda, donna ottantenne, brillante, appassionata, per niente alla moda e ancora dannatamente ribelle. in due ore la regista francese ripercorre un'appassionata cavalcata della sua vita, dall'infanzia in belgio al suo legame con jacques demy, dell'esperienza della nouvelle vague. ama la vita. una donna forte, intelligente, curiosa che ha attraversato i grandi mutamenti sociali, dal femminismo all'aborto, dal vietnam a cuba.invita le donne a lottare oggi come non mai. grande

Anonimo ha detto...

the hurt locker è prima di tutto un film sulla paura di morire, o il rovescio patologico sulla sua totale assenza. una dipendenza dal rischio che può diventare droga , al punto di spingere il sergente william james, artificere spaccone e sprezzante che disinesca quantità impressionanti di esplosivo sfilandosi la tuta prottetiva. scritto dal reporter mark boal. è costruito secondo una scansione precisa, intorno al cambio di turni di una squadra di artificieri incaricata appunto di togliere di mezzo le trappole di morte disseminate per bagdad, sotto lo sguardo indifferente, o divertito, o palesamente ostile della popolazione locale che (ovviamente) li percepisce come esercito d'occupazione e li combatte. dinamismo in soggettiva, montaggio da cardiopalma e saettante uso dello zoom, che sono gli stilemi abituali della bigelow, la quale pedina questi uomini nella quotidianità del loro pazzesco lavoro e negli intermezzi in cui sfogano scazzottate e bevute. non c'è tempo per riflettere sulle cause o sulla politica, dando per scontato che questi ragazzi sono mandati lì per morire e uccidere per disegni altrui. la suspance soffoca ogni sentimento, la tensione è adrenalina, ma c'è spazio per due soli momenti rilevanti per la solidarietà della regista verso le vittime dimenticate di questa sciagurata guerra. il film è un viaggio nella mente del combattente e negli automatismi perversi che l'abitudine della guerra produce, restituiti nell'ultima inquadratura che non vi racconto. un film di genere, a volte "imperialista", preferisco redacted dell'anno scorso.

Anonimo ha detto...

gabbla: è un film sperimentale nel tentativo di tracciare un ritratto dell'algeria dopo la guerra e il confklitto con gli islamici. questo avviene tramite un viaggio con vari mezzi di un topografo che tradisce l'incarico di fare certe rivelazione per una linea elettrica per attraversare il paese con una ragazza nera che ha deciso che non vuole più partire per la spagna.natura, terre aride, esplosioni,una donna sequestrata. il viaggio ogni tanto interroto da un gruppo di intelettuali che discutono al caffè. girato con la macchina fissa, con scarsi dialoghi, il film mette alla prova (140 minuti) ma alla fine lascia molto fascino.

Anonimo ha detto...

the wrestler: il film di aronofsky è una sorpresa, che non so bene come valutare; il cerebrale, indipendente e metafisico autore dello splendido "requiem for a dream" e dell'inquardabile "the fountain" sembra infatti di volersi far dimenticare scegliendo un genere e una tipologia di racconto canonici fino alla piattezza, tradizionali e prevedibili sino a resettare lo stile televisivo. giganteggia la tragica maschera, gonfia di vita di alcol di botte e di chissà che altro, di un mickey rourke bellissimo nel ruolo di un campione di wrestling ormai malandato e vecchieggainte, che tenta di lasciare il ring e d'inseguire il suo amore per una spogliarellista (una stupensa marisa tomei) nonchè di riacchiappare il rapporto con la figlia lesbica (una bella e brava rachel wood) che lo odi; ma alla fine scopre che tutto il suo mondo è sul ring; ed è lì che tornerà... il film è il calvario di questo guerriero ferito dentro e fuori dal ring, non tocca più di tanto salvo nrendercelo irresistibile simpatico quando rourke, cuffietta e grembiulino, fa il commesso di alimentari che stenta a trattenersi. chi l'avrebbe detto? in aronofsky sonnecchia forse un regista convenzionale, malinconico ma anche capace di sorridere. chissàò se si sveglierà completamente.

Anonimo ha detto...

il seme della discordia: un film che è piaciuto a tutti sia al pubblico che alla critica tranne a me e pochi altri. prendete un frullatore mette dentro un montaggio televisivo, programmi di mtv tipo very victoria, un film softporno di qualche rete regionale ed esce il film. si conosce il finale dopo 10 minuti, imbarazzante, ridicolo e tratta temi molti forti come aborto, violenza sulle donne, fecondazione artificiale con estrema facilità. brutto

Anonimo ha detto...

vi ho recensito una buona parte di film che ho visto, vi ringrazio per lo spazio che mi avete concesso. mito? non esageriamo veri, comunque garzie
note:
1- almeno il 20% di persone in meno, ma non è colpa di muller
2- cibi e bevante vendute come oro
3- ragazzini/e che chiedevano autografi a qualsiasi persona camminava sul tappeto rosso
4- una signora di mezza età che ha confuso avati con bechis
5- una ragazza che ha confuso Emmanuelle Béart per deneuve
6- tutti gli accreditati che sono usciti dalla sala ai primi titoli di coda del film di oshii non accorgendosi che le luci in sala erano spente. alla fine di questi c'era ancora dieci minuti di film
7- le persone venivano richiamate per l'uso del cellulare sono nei film statunitesi
8- essermi invaghito di agnes varda
9- mostra partita maluccio e poi ha recuperato in qualità verso la fine
10- non ho visto capolavori