martedì, marzo 04, 2014

THE SQUARE-INSIDE THE REVOLUTION

The square- inside the revolution
Jehane Noujaim
Egitto, Usa 2013
durata, 108'
 


Dopo aver riscosso successo al Sundance Festival e a Toronto, è approddato nelle anche nelle sale italiane The square- into the revolution, negli stessi giorni in cui concorre per l'Oscar. Il documentario racconta gli ultimi tre anni di rivolte in Egitto, quelle cominciate nel 2011 con i 18 giorni di occupazione di piazza Tahrir che portarono alle dimissioni di Mubarak e poi alla destuituzione del regime militare di Morsi. La regista Jehane Noujaim segue gli eventi nel loro farsi, racconta i fatti prima che diventino storia, con il distacco della cronista e la partecipazione di chi ha vissuto piazza Tahrir come fosse l'ombelico del mondo. La macchina in presa diretta sempre puntata sulla piazza, rende perfettamente questi due diversi, forse opposti punti di vista che sembrano completarsi e arricchirsi vicendevolmente. Così duplice è l'effetto suscitato nello spettatore che pur avendo l'impressione di assistere ad un telegiornale si sente inspiegabilmente e inevitabilmente coinvolto negli eventi che vede scorrer davanti a sé, quasi ne fosse partecipe. Il documentario non porta solo “inside the revolution” ma invita a prendervi parte, a sentire quella lotta per la democrazia come propria, come improvvisamente urgente e necessaria. 

A moltiplicare un tale effetto di coinvolgimento contribuisce non poco la scelta di affidare la narrazione a chi è protagonista della rivolta. Non un solo protagonista (anche se il filo conduttore sembra tenuto da Ahmed Hassan) ma più co-protagonisti chiamati a rappresentare le diverse anime della rivoluzione. Punti di vista diversi, a volte contrastanti ma tutti diretti verso un'unica meta, la democrazia: quello di cui ha bisogno l'Egitto non è una nuova guida ma una nuova coscienza politica. L'obiettivo potrà essere raggiunto soltanto unendo le tante menti, le centinaia di volti in “una sola mano”, quel tutto che pur essendo molteplice si fa uno. La telecamera rende perfettamente il conflitto tra le diverse individualità e la collettività. Si muove continuamente tra riprese dall'alto che inquadrano la molteplicità e la varietà delle presenze nella piazza, puntando sull'impressione che produce la quantità, e le inquadrature sui singoli, l'attenzione sulle loro riflessioni, sui loro volti. Le une quanto le altre testimoniano la pluralità di questa rivolta, la sua complessa tragicità. Il punto di vista è nello stesso tempo quello di chi sta dentro la piazza, animandola e di chi la racconta, la guardandola dall'alto. C'è insieme il coinvolgimento e il distacco. Chi è protagonista degli eventi ne diviene anche narratore quasi che il partecipare produca come conseguenza necessaria l'esigenza di raccontare. Ben presto questi giovani comprendono l'importanza di filmare tutto quello che accade per poi diffonderlo, per farlo conoscere al mondo. Raccontare diventa un modo per riflettere sugli eventi, per comprenderli meglio. Così i graffiti, sui quali più volte la macchina si sofferma, diventano una sintesi icastica di quanto accaduto, un raccordo con quanto deve ancora accadere, un vero e proprio memento, per non dimenticare.

Il documentario attraversa la lunga notte in cui sembra immerso l'Egitto, in attesa di un'alba che quanto più diventa vicina tanto più sembra allontanarsi per sprofondare poi nuovamente in un buio, ancor più profondo. L’oscurità del regime militare che segue alla caduta di quello di Mubarak. Nel corso di questi tre anni la sola vera protagonista rimane Piazza Tahrir che simile ad una moderna agorà rappresenta l'unica concreta possibilità di democrazia, l'unico luogo in cui la speranza diventa realtà.
Nella piazza c'è prima l'entusiasmo, la determinazione, la volontà di ottenere la democrazia, poi il sangue dei feriti e dei morti di una guerra crudele perché fratricida; ed ancora il dolore, la disperazione, la disillusione ma anche la rabbia e la speranza. Ogni centimetro di piazza conquistato è un centimetro in più di democrazia acquistato dall'Egitto.
Senza mai essere retorico il documentario realizzato da Jehane Noujaim  ha l'urgenza di una cronaca di guerra, la necessità della verità, la concretezza di una lotta intensa e condivisibile, quella per la libertà e la democrazia.
Aretina Bellizzi

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