giovedì, settembre 22, 2016

SPIRA MIRABILIS

Spira Mirabilis
di Massimo D'Anolfi, Martina Parenti
con Marina Vlady, Leola One Feather, Shin Kubota
Italia, 2016
genere, documentario
durata, 121'





Il primo film italiano in concorso alla Mostra del cinema non fa nulla per nascondere le proprie ambizioni rifacendosi fin dal titolo - "Spira Mirabilis", la spirale meravigliosa come venne definita dal matematico Jackob Bernoulli - a ideali di bellezza e di infinito che rasentano il divino. In realtà nel lavoro di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti ogni cosa ha origine da principi concreti e diremmo quasi matematici che sono il frutto di un agire umano incessante e propositivo. In questo senso "Spira Mirabilis" lungi dall'essere una racconto avulso dalla realtà si immerge nella contemporaneità per trascenderla attraverso un'esperienza (cinematografica) che impone allo spettatore il recupero di facoltà sensoriali - e i primis della vista - impigrite dall'overdose di immagini al quale quotidianamente è sottoposto. Rieducare lo sguardo per rieducare la nostra anima: sembra questo il significato ultimo di un film come "Spira Mirabilis" che arriva nel concorso con la sua anima aliena per portarci sulle tracce di ciò che non riusciamo più a vedere. Sarà forse per questo che l'immagine più significativa del film (attraverso la quale è possibile osservare la cellula di una medusa immortale), quella utilizzata per la campagna promozionale, è il risultato di un ingrandimento effettuato al microscopio in cui siamo in grado di cogliere ciò che di solito sfugge a occhio nudo. Di certo "Spira Mirabilis" ha bisogno di un atto di fiducia da parte di chi lo guarda, al quale viene richiesto di accettarne lo forma anti narrativa per poter entrare in sintonia con il flusso di immagini e informazioni proiettate sullo schermo. Meno organico de "L'infinita fabbrica del Duomo" che a suo tempo fu girato in un unico luogo e maggiormente poliedrico per il fatto di seguire più filoni narrativi (cinque come gli elementi che formano la terra) ambientati in diversi angoli del mondo, "Spira Mirabilis" è ancora una volta la risultante di un puzzle dove il Tutto deriva dall'insieme delle singole parti, tenute insieme da un montaggio che fa ricorso ad assonanze poetiche ed a suggestioni impercettibili.

Abbiamo quindi l'inserto dedicato alla terra in cui i registi ritornano sull'episodio relativo alla fabbricazione delle statue del Duomo di Milano già documentata nel lungometraggio precedente; e poi l'acqua messa in campo per illustrare le diverse fasi che sono necessarie a uno scienziato per generare esemplari di una medusa dotata del dono dell'immortalità, l'aria, contemplata nello strumento costruito e suonato da due musicisti artigiani, il fuoco, ripreso negli esponenti di un'antichissima comunità che cerca di sopravvivere al sopravanzare della modernità e ancora l'etere, rappresentato dalla voce di Marina Vlady che riprende le parole dell' "Immortale" di Borges.



Strutturato in maniera classica con le sezioni dedicate ai diversi argomenti che si incrociano alla maniera dei film ad episodi "Spira Mirabilis" procede attraverso una coerenza che non è solo quella di sincronizzarsi su una progressione che procede per tutti nella stessa direzione cronologica e con un minutaggio assegnato in maniera equilibrata. Esiste infatti - ed è la cosa più bella del film - una corrispondenza tra la meraviglia che è propria della ricerca di assoluto di cui si rende artefice "Spira Mirabilis" e quella che invece appartiene allo sguardo dello spettatore; il quale è portato a cogliere il senso ultimo di ciò che sta vedendo in maniera tutt'altro che immediata ma attraverso una serie di disvelamenti successivi e di piccole epifanie (una su tutti quella del puntino rossastro che altri non è che la medusa capace di ringiovanire) che pur aggiungendo qualcosa alla sua conoscenza rimandano continuamente l'appuntamento con una piena comprensione delle cose. Un po' come succede nel corso della vita di cui "Spira Mirabilis" è splendido simulacro. All'anteprima della stampa avvenuta alla Mostra di Venezia sono stati molti i posti lasciati vuoti anzitempo. Il che non è sempre un segno negativo.
(pubblicato su ondacinema.it)

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