martedì, ottobre 15, 2019

AT THE MATINEE. CONVERSAZIONE CON GIANGIACOMO DE STEFANO



Con At the matinée di Giangiacomo De Stefano torniamo ai tempi del CBGB, celebre ritrovo sulla Bowery snodo cruciale della scena hardcore di New York a metà degli anni Ottanta, crocevia dei fermenti musicali, delle aspirazioni e dei progetti che animavano il mondo giovanile del periodo




E’ uno dei rari luoghi comuni non così stucchevoli quello in base al quale la musica abbatte le barriere. Nel tuo lavoro tale assunto emerge inquadratura dopo inquadratura. E a maggior ragione, verrebbe da dire, l’energia indomabile della scena hardcore che hai deciso di descrivere - quella della New York di metà anni ’80 - ribadisce e rivendica quella che potremmo definire una schietta indole proletaria, peculiarità già vista, tra le altre, in un’opera come About the young idea di Smeaton, circa la parabola dei britannici Jam. Cosa ne pensi ?

Sono d’accordo. L’hardcore di New York è uno di quei pochi filoni di questo genere che ha avuto una genesi prevalentemente proletaria. Ci sono state eccezioni come per i membri dei Beastie Boys, ma non si può non sottolineare come la maggior parte dei componenti della prima scena newyorkese provenga decisamente dalla strada. Nelle vicine Washington o Boston le cose sono andate in modo diverso: i ragazzi qui provenivano da ambienti dell’alta borghesia. Questo peccato originale l’hardcore di New York se lo è portato addosso sempre. Anche nel periodo d’oro dei matinée, dove ai concerti andavano persone di ogni ceto sociale, in buona parte provenienti dal Queens, le stigmate poco rassicuranti di chi ha dato vita a quella scena sono state un marchio di fabbrica indelebile.


Il CBGB (Country Blues Grass Blues), sulla Bowery nel Lower East Side, è il locale centro catalizzatore di questa - soprattutto se ricordiamo i tempi - non marginale epopea artistica dal basso. Con pochi soldi e un po’ di idee, cioè, era possibile esprimersi pressoché senza filtri ma più di tutto incontrarsi, scambiarsi suggestioni e propositi.

Il CBGB è stato un luogo unico. Probabilmente il più famoso rock club al mondo. In At the matinée abbiamo sfruttato e fatto nostra questa fama e il valore iconico del club, ma allo stesso tempo credo che si debba essere onesti quando si afferma che non tutto quello che è passato al suo interno ha avuto la stessa rilevanza del punk degli anni 70 o della scena hardcore. Quando nel ’93 andai per la prima volta al CBGB, vidi un gruppo abbastanza anonimo chiamato Falafel Mafia suonare di fronte a, forse, una decina di persone. Insomma, non certo una serata interessante. Nonostante questo mio approccio decisamente dissacratorio, penso che il CBGB abbia incarnato la creatività malata del rock che è stato generato a New York per quasi due decadi. La sua sporcizia, pericolosità ed energia, ha svelato e dato spazio a grandissime forme di arte e musica.


Una della osservazioni a mio avviso dirimenti contenute nel film riporta: “Era (la scena musicale) una affermazione disfunzionale della vita”. Sei d’accordo e, nel dettaglio, come valuti questo pensiero ?

Questa frase di Craig Setari dei Sick of it all spiega benissimo, per chi non ne ha fatto parte, l’essenza dell’hardcore di New York. Un mondo parallelo nel quale crei la tua forma espressiva, la veicoli con i tuo mezzi e alla fine riesci a riconoscerti in una comunità trovando persone che come te sono a loro modo disfunzionali rispetto al mondo che li circonda. Non male se ci pensi.

Tra i riferimenti presenti nel documento troviamo la figura di Walter Schreifels (Youth of TodayGorilla Biscuits), musicista e autore che ha vissuto in prima persona i diversi stadi evolutivi della scena e qui narratore e testimone vivente. Posso chiederti cosa vi ha avvicinato e in base a quale logica avete deciso di collaborare ?

Walter è un musicista di talento che ha avuto e ha ancora un suo percorso anche fuori del punk. Quando la sua esperienza nella scena hardcore si è conclusa all’alba dei ’90, ha continuato a calcare palchi anche più importanti di quelli del CBGB. In tempi relativamente recenti ha scritto un paio di brani sui matinée hardcore e sui suoi protagonisti. Questa visone mi è piaciuta e allora ho chiesto se poteva aiutarmi in questa avventura. Nonostante tutte le difficoltà produttive ce l’abbiamo fatta. Non posso che ringraziarlo ancora.

Mi piacerebbe conoscere il tuo personale rapporto con questo particolare genere musicale: preferenze, idiosincrasie, perplessità, oggi come oggi, volendo, persino nostalgie.

L’hardcore è stato fondamentale per me. Per attitudine e anche dal punto di vista sonoro, lo sento ancora come ciò che mi rappresenta di più musicalmente, nonostante abbia sempre ascoltato tantissimi altri generi. At the matinée è il mio primo lavoro dove davvero racconto una cosa che amo e che è mia sotto molteplici punti di vista. Questo per dire che per quanto mi riguarda c’è stata molta attenzione nel cercare di non scadere nell’autoreferenzialità di chi affronta un lavoro del genere. Spero di esserci riuscito.

Tornando al film, dopo la descrizione di alcune stagioni notevoli per entusiasmo e creatività - teniamo a mente che per il CBGB passano band decisive per la codificazione di uno stile preciso per ciò che attiene l’hardcore, e non solo della costa Est: dai già citati Youth of Today e Gorilla Biscuits, agli Agnostic Front, con il loro fondamentale Victim in pain da te prontamente sottolineato, passando per i Cro-Mags, i Warzone, i Murphy’s Law, solo per citarne alcune - notiamo nello svolgersi delle sequenze che qualcosa comincia a deperire, a incattivirsi, addirittura. Cambiano i tempi, cambia New York. Le immagini da te proposte sembrano adombrare una sorta di combinato disposto tra un progressivo imporsi della cosiddetta gentrificazione (termine che avvilisce solo a pronunciarlo) dei luoghi e una spinta verso un generico ristabilimento dell’ordine perseguito dalle autorità già a partire dall’era Koch, via via fino a Bloomberg. Ce ne vuoi parlare ?

In realtà, ragionandoci con attenzione, la scena si incattivisce quando arrivano altri protagonisti a renderla numericamente più grande. Elementi di scene non strettamente legate al punk che portano nell’hardcore una mentalità diversa e che di fatto scardina da dentro l’equilibrio della scena newyorkese. Nello stesso tempo il terreno sul quale si era poggiata questa scena (una New York pericolosa, ma anche accessibile dal basso) incomincia a mutare: la riqualificazione del Lower East Side e quindi la progressiva cacciata di ciò che non è allineato al nuovo che avanza.

Da un punto di vista strettamente cinematografico At the matinée consta di una mole notevole di materiali disparati: squarci intimi della New York più quotidiana; riprese amatoriali; foto di scena rubate alle esibizioni; gli strepitosi flyers; brevi animazioni, racconti in prima persona tra ricordo e asciutta celebrazione della giovinezza, tutto amalgamato secondo uno spirito prevalentemente orientato alla restituzione di un momento privilegiato, a suo modo irripetibile. Come hai, in concreto, affrontato e quindi sezionato/riorganizzato il problema di costruire le linee guida di una storia dai punti di vista potenzialmente infiniti ?

At the matinée è un documentario che, come regista, mi rappresenta al 100%, ma lasciami dire che con altri mezzi sarebbe stato diverso, Non nei temi, ma sicuramente in ciò che si vede sullo schermo. Questa capacità di sperimentare e inventare con quello che si ha a disposizione però, credo faccia parte dell’essere autore di documentari. Voglio dire: rammendiamo elementi diversi e costruiamo trame narrative attraverso questi. At the matinée racconta una scena musicale, le ragioni della sua ascesa e della sua caduta. Quello che desidero è che piaccia a un pubblico eterogeneo di non appassionati di hardcore.

Ray Barbieri (Warzone), nei suoi non isolati scambi dal palco con il pubblico, ripeteva spesso: “Non è importante perché sei qui. Sei qui”. Cosa resta, oggi, di questo invito alla condivisione, ossia della possibilità di incanalare l’energia vitale in un consapevole e non distruttivo discorso anti-sistema ?

Nel suo caso penso fosse un approccio assolutamente spontaneo. Raybeez è stato un personaggio contraddittorio e da alcuni non molto amato. Quello che dici è comunque vero: quando l’ho conosciuto, all’inizio degli anni ’90 a New York, a me e ai miei amici ci ha quasi adottato e invitato a concerti, indicato posti dove mangiare e presentato la sua crew. La cosa più divertente fu che prima ancora di dirci qualcosa, ci mostrò la sua Bibbia. Il primo approccio con lui fu un po’ strano…
TFK


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