lunedì, agosto 31, 2020

EMA


Ema
di Pablo Larraín
con Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal, Santiago Cabrera
Cile, 2019
genere: drammatico
durata: 102’
Presentato alla mostra di Venezia 2019, “Ema” è l’ultimo film del regista cileno Pablo Larraín. Dopo “Jackie” l’autore torna ad analizzare e a mettere al centro di tutto una figura femminile.
La storia ruota attorno a Ema, una giovane ballerina che divorzia da Gastón, il direttore della compagnia per la quale la protagonista si esibisce, perché incapace di andare oltre la “perdita” di Polo. I due, infatti, a causa della sterilità di lui avevano deciso di adottare un bambino, Polo, appunto. Questi, però, è stato riportato in orfanotrofio a seguito di un incidente causato dalla piromania del piccolo.
Una trama semplice e lineare, ma sviscerata sotto ogni aspetto. Quello su cui si sofferma il regista non è tanto il susseguirsi degli eventi, ma la presa di coscienza del personaggio. E’ l’introspezione di Ema il fulcro dell’intera vicenda. Ema che è un fuoco (e da qui nasce il parallelismo con il figlio e la piromania), come ci suggerisce l’immagine di apertura del film: una lunga e statica inquadratura su di un semaforo che prende fuoco.
Il senso di colpa che invade lentamente la figura della donna è un senso di colpa che fa nascere in lei una reazione contraria. La separazione dal figlio, al quale giustifica qualsiasi azione e decisione proprio perché figlio, porta la donna a compiere scelte che si possono considerare anche fuori dall’ordinario. In realtà niente è lasciato al caso perché tutto è stato ben congegnato ed ha uno scopo ben preciso che Ema ha immaginato in ogni minimo particolare.
Quello che lo spettatore vede è un flusso di coscienza che scorre sullo schermo perché prima vengono presentate alcune situazioni e solo in un secondo momento viene mostrato l’antefatto che permette di comprendere le ragioni di certe scelte. Non conosciamo la storia così come la conosce Ema o come la conoscono gli altri personaggi. Veniamo inseriti all’interno della vicenda per gradi e anche in maniera non continuativa. Nonostante questo si riesce ad arrivare alla comprensione del film e a capire il perché di determinate situazioni.
Una storia tutta al femminile, ma al tempo stesso anche universale, nella quale Ema si interroga su sé stessa e su ciò che la circonda. Si tratta di una serie di interrogativi che la donna si pone e ai quali non riesce a trovare una vera e propria risposta. Attraverso la creazione di un piano meticoloso e studiato nei minimi particolari per arrivare al solo e unico scopo che la protagonista si prefigge, entriamo in contatto con delle dinamiche particolari. Interrogarsi su sé stessa, porta Ema a mettersi costantemente in dubbio e in discussione, sotto tutti i punti di vista. E senza arrivare mai ad una risposta vera e propria. Insoddisfatta della propria vita fa ricadere le proprie insicurezze e le proprie frustrazioni su chi la circonda, sia il marito, siano le amiche, sia addirittura il figlio che esprime, a sua volta, il suo disagio esternandolo al mondo e ricorrendo a mezzi non proprio adeguati.
Una giovane donna che regge sulle proprie spalle l’intera narrazione e lo fa nel migliore dei modi, con un’interpretazione intensa e struggente.

Veronica Ranocchi

Nessun commento: