lunedì, giugno 24, 2024

INSIDE OUT 2

Inside out 2

di Kelsey Mann

USA, 2024

genere: animazione

durata: 96’

C’è sempre un po’ di timore quando si parla di sequel. Se poi il sequel in questione va a toccare uno dei film di maggiore successo la paura si fa ancora più concreta. Non è, però, il caso di “Inside out 2” che, a distanza di 9 anni, torna sul grande schermo per scavare ancora di più nella mente (dello spettatore e della “piccola” Riley) tirando fuori dal cilindro nuove emozioni pronte a fornire ulteriori sfaccettature alla protagonista e a tutti coloro che la circondano. E, infatti, “Inside out 2” complica ancora di più le dinamiche della nostra mente, aggiungendo complessità e difficoltà anche e soprattutto nelle azioni e nelle situazioni apparentemente più semplici.

Ritroviamo Riley, in piena adolescenza, che, all’età di 13 anni, viene scelta, insieme alle sue due migliori amiche, per un campus speciale di tre giorni in quello che potrebbe diventare il suo futuro college. Qui deve dare prova di sé e dimostrare alla coach che l’ha selezionata e alle eventuali future compagne di squadra di essere all’altezza delle aspettative.

In parallelo, ad aiutarla, e, talvolta, a metterle i bastoni tra le ruote, ci sono Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto. Le cinque emozioni primarie sono convinte di aver trovato un equilibrio perfetto e la chiave giusta per “governare” Riley. Non hanno, però, fatto i conti con le nuove emozioni che si sviluppano durante la pubertà: Ansia, Invidia, Imbarazzo, Ennui (“quella che voi chiamate Noia”) e, con qualche sporadica apparizione, anche Nostalgia.

La convivenza tra le emozioni primarie e secondarie diventa il fulcro di questo secondo capitolo che, pur viaggiando sugli stessi binari del primo e riprendendone, almeno in parte, la struttura, complica il tutto creando legami (di amicizia e distacco) tra i vari personaggi. Sono le emozioni, così come nel primo film, le protagoniste a tutti gli effetti. Emozioni, come sempre, ben caratterizzate con un’attenzione maniacale ai dettagli, dai colori, alle espressioni, passando per le parole usate e per il modo di rapportarsi.

La mente di Riley si apre sempre più e si fa più complessa con tante zone nascoste, sconosciute, ancora inesplorate, ma che verranno varcate e, in qualche modo, contaminate dalle emozioni che cercheranno di riportare la giovanissima sulla retta via.

Come tutti i film Pixar, e come soprattutto “Inside Out” ha insegnato, non c’è una formula ben precisa o sempre uguale che possa fornire la soluzione corretta. Le uniche cose certe sono collaborare, unire le forze e provare a mettersi l’uno nei panni dell’altro in modo da arrivare a una conclusione che possa mettere d’accordo tutti e fare il meglio per il diretto/la diretta interessato/a.

Una formula ormai consolidata nell’universo Pixar e che, anche la Disney, ha preso in prestito negli ultimi anni, un po’ cavalcando l’onda del politicamente corretto, cercando di togliersi di dosso la maschera della classicità che prevedeva il salvataggio della fanciulla da parte dell’eroe. E se anche “Frozen”, tanto per dirne uno, punta sulla forza delle sorelle, “Inside out 2” punta sulla forza e sull’eterogeneità del gruppo, addirittura pronto ad accogliere eventuali nuove e ulteriori novità.

A far storcere il naso, però, c’è il “problema” che purtroppo le emozioni secondarie sembrano essere solo e soltanto negative. La riflessione che emerge, quindi, è quella di una pubertà come evoluzione negativa dell’infanzia. Perché di fatto i nuovi protagonisti sembrano essere gli antagonisti del solido gruppo già formato. È vero che il campo adolescenziale è talmente vasto che una direzione andava presa, a discapito di altre importanti allo stesso modo, ma indirizzare il tutto solo e soltanto su questo versante significa convincere i più piccoli, ma non del tutto i più grandi.

Tra Easter Eggs, citazioni e richiami (dai videogiochi ai cartoni animati, passando anche per i cult del cinema), il secondo capitolo del film Pixar, stavolta diretto da Kelsey Mann, va ancora più a fondo nella mente della ragazzina protagonista, ma non scava nei meandri di quello che, come detto, è forse il periodo più complesso e denso di sfaccettature in generale: l’adolescenza. Ed è forse proprio questa complessità a tarpare le ali al film. Un film che potrebbe librarsi tranquillamente in aria, è, in parte, troppo ancorato a terra e, forse per la materia trattata o per l’incredibile cura nei dettagli o per entrambe le cose, dimentica di sviluppare alcuni aspetti (o magari ha intenzione di farlo in un terzo capitolo?). Se con l’avanzare dell’età le emozioni aumentano e la mente si fa sempre più complessa e piena di sfaccettature, perché gli unici adulti dei quali vediamo le emozioni (i genitori di Riley) hanno solo le emozioni primarie? Forse perché si adattano alla situazione del momento e, dovendo parlare con un’adolescente, nascondono e, quasi, reprimono quelle emozioni che complicherebbero ancora di più le carte in tavola e il rapporto che vorrebbero creare con la figlia? Magari questo potrà essere uno degli aspetti sui quali incentrare un terzo capitolo per il quale si aprono davvero tanti scenari.

Intanto non resta che godersi questo secondo capitolo, nuovamente campione di incassi, che con l’imbarazzo di essere dimenticato dopo 9 anni, l’invidia, in quanto sequel, di replicare il successo del primo, è tutt’altro che annoiato o noioso, ma in costante e perenne ansia da prestazione, così come la nuova “co-protagonista” arancione che ha conquistato chiunque fin dal primo istante, oltre a essere colei che dà origine a una delle sequenze più spaventose, ma allo stesso tempo magnifiche, di “Inside Out 2”, spiega a piccoli e grandi cosa vuol dire “provare emozioni”.


Veronica Ranocchi

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