venerdì, ottobre 04, 2024

FAMILIA

Familia

di Francesco Costabile

con Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Barbara Ronchi

Italia, 2024

genere: drammatico

durata: 120’

Dopo il debutto forte e impegnato con il suo “Una femmina” Francesco Costabile torna a parlare di tematiche d’impatto con il suo “Familia”.

Un film che dà valore alla vita, (di)mostrando come guardare e rapportarsi con il mondo che si è disposti a creare nella propria esistenza.

La storia di Luigi Celeste inizia quando lui, ancora piccolo, è con il fratello Alessandro ed entrambi sono costretti ad assistere, seppur al di là di una porta a vetri, alla violenza domestica che ha luogo nella loro casa per mano del padre. Franco Celeste (un bravo e detestabile Francesco Di Leva) è accecato da una gelosia morbosa a tal punto da non permettere alla moglie Licia (una dimessa, ma sempre efficace Barbara Ronchi) di condurre una vita normale come tutti. Possessivo al punto da costringerla a dire e fare tutto quello che vuole lui, nel momento in cui lei prova a ribellarsi, la violenza verbale si trasforma in violenza fisica. Queste scene, sempre più frequenti e sempre più spaventose, iniziano a uscire dalle mura domestiche tramite i figli che ne scrivono nei temi scolastici. Una denuncia e un allontanamento forzato del padre portano, però, alla separazione dei due figli dalla madre che, per proteggerli, si trova costretta ad accettare il fatto compiuto. Così i fratelli crescono, prendendo strade diverse, pur rimanendo uniti da quel piccolo-grande segreto familiare, il più grande, Alessandro, interpretato da Marco Cicalese, e il più piccolo, Luigi “Gigi”, interpretato dal giovane talento Francesco Gheghi (premiato a Venezia come miglior attore della sezione Orizzonti).

I sospiri concitati, carichi di preoccupazione e terrore, che si sentono fin dall’inizio, si trasformano nel corso del film, di pari passo con la crescita dei due fratelli, soprattutto di Gigi che, dopo aver millantato nella X MAS, è il primo a cercare una via d’uscita, seppur estrema, dalla situazione in cui lui, Alessandro e la madre si trovano.

Se la Familia del titolo vuole richiamare l’idea di famiglia normale intesa come equilibrata, in realtà quello che il regista vuole suggerire allo spettatore è che ne esistono diversi tipi, non tutti corretti, non tutti uguali, non tutti con le stesse regole. La riflessione è molto più ampia e inizia immediatamente. Due contesti e due rapporti diversi. La madre che evita di toccare l’argomento, cambia serratura e cerca di ovviare al problema non affrontandolo. Il padre che va a prendere i due figli e li porta al parco giochi, li fa (apparentemente) divertire, sperando di trasformarli in burattini nelle sue mani. E proprio dal contrasto di questi due rapporti nasceranno approcci diversi da parte dei due figli, in grado entrambi di reagire, ma non allo stesso modo. Il già più maturo Alessandro, in grado di comprendere fin dalla tenera età, la gravità della situazione cercherà, per quanto possibile, di dimenticare, a differenza di un agguerrito Gigi, in cerca più che altro di un suo posto nel mondo e di un suo autentico concetto di famiglia.

Il suo millantare all’interno del gruppo fascista è soprattutto una ricerca di un’identità che probabilmente non ha mai avuto a casa. Non è un caso, infatti, che solo in quel momento Gigi si senta un figlio, capito (almeno in parte) e aiutato, e non un padre o comunque qualcuno con la responsabilità di dover mandare avanti una famiglia. Ed è sempre lì che incontra Giulia (Tecla Insolia) con la quale sperimenta una sorta di relazione, provando a mettere in pratica insegnamenti che ha appreso autonomamente. Un tira e molla continuo che non sfocia, però, mai nella violenza fisica (fatta eccezione per una spinta). Un tira e molla al quale entrambi cercano di appigliarsi con le unghie e con i denti per non dover affrontare il resto del mondo, ma provando a rimanere nel proprio “caldo” nido come quello di un uccellino che dà vita ai suoi piccoli, covandoli e aspettando che l’uovo si schiuda.

Io non posso più aspettare.

L’impazienza e la determinazione di Luigi evolvono nel corso della narrazione, mostrando una crescita a tratti necessaria, a tratti pericolosa che ben si amalgama non solo con l’interpretazione di Francesco Gheghi che si concede anima e corpo al suo personaggio, ma anche e soprattutto con una regia onnipresente e mai ridondante. Dai continui cambi di sguardi dei personaggi ai movimenti lenti della macchina da presa nei momenti più conviviali e, quindi, notoriamente, più familiari, la regia di Francesco Costabile invita lo spettatore a prestare molta attenzione a ogni singolo elemento in scena. O fuori scena, come la corsa, apparentemente senza confini e senza meta del piccolo Luigi.


Veronica Ranocchi

1 commento:

Anonimo ha detto...

ottimarecensione