Eterno visionario
di
Michele Placido
con
Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Federica Vincenti
Italia,
2024
genere:
drammatico, biografico
durata:
112’
Il
legame tra l'autore di un film e la materia narrata può essere la conseguenza
di diversi ragionamenti. Alcune volte può capitare che il regista senta il
bisogno di mettere in scena sé stesso, senza alcun infingimento, spinto da
un'urgenza di realtà che non può essere in nessun modo procrastinata; altre
invece, in cui gli elementi personali investono lo schermo opportunamente
trasfigurati, nella necessità di mettere la giusta distanza da un argomento che
può essere troppo doloroso e che per questo necessita di un determinato grado
di finzione. Pensiamo alla filmografia di Nanni Moretti in cui il sospetto di
un certo autobiografismo diventa a un certo punto palese quando dopo una serie
di pellicole incentrate su Michele Apicella, possibile alter ego del regista,
abbiamo due lungometraggi come "Caro Diario" e "Aprile" in
cui è lo stesso Moretti nella parte di sé stesso a raccontare vicissitudini e
punti di vista della sua vita privata.
In
questo ragionamento un film come "Eterno visionario" si pone agli
antipodi di quelli appena citati, tanto la presenza di una messinscena forte
sembra essere lì per creare un separé tra elementi di similitudine o
qualsivoglia collegamento tra Luigi Pirandello e il regista, Michele Placido:
il quale, giunto al suo quattordicesimo film, decide di raccontare il
drammaturgo siciliano come non era stato mai "visto", ovvero facendo
del privato del protagonista il proscenio dove assurgono a vita e si
giustificano le ossessioni e la poetica dei romanzi e delle pièce teatrali.
Invece che relegarlo a un riempitivo popolato da personaggi pensati come
funzioni narrative o come semplici appendici del racconto, lo spazio famigliare
prende vita attraverso una drammaturgia che di moglie e figli fa i veri
teatranti all'interno del film. Placido ne dà legittimazione nell'immagine
finale in cui la natura onirica del contesto, quando i familiari e Marta Abba -
musa e attrice nella quale Pirandello trovò una platonica via di fuga ai propri
tormenti esistenziali -, radunati attorno alla salma di Pirandello per un
ultimo saluto, sembrano svelare la loro doppia natura, quella di esseri umani
in carne e ossa e allo stesso tempo proiezioni fantasmatiche dei personaggi che
hanno popolato le opere dello scrittore.
Seguendo
questo pensiero non solo la sovrapposizione tra arte e vita raccontata in
"Eterno visionario" è un tema comune a Placido, così come a tutti
quegli autori che hanno provato a raccontarlo per averlo sperimentato sulla
propria pelle, ma diventa particolare nell'analogia che vede il regista alle
prese con dei figli (Violante, Brenno e Michelangelo Placido) che allo stesso
modo di quelli di Pirandello hanno intrapreso la carriera artistica sapendo di
avere come metro di paragone la carriera di un padre così famoso.
"Eterno
visionario" è un film di Michele Placido anche nella continuità con cui il
regista, a partire da "Un eroe borghese", ha deciso di rileggere la
storia italiana attraverso altrettanti biopic dedicati a figure divorate dalle
proprie ossessioni, eppure in grado di attraversare il limite fino a essere
precursori (non solo Caravaggio ma anche Renato Vallanzasca nel suo campo lo
fu) del proprio tempo. Per non dire delle lunghe e continue frequentazioni
pirandelliane avute da Placido nel corso della sua carriera teatrale.
Da questo punto di vista
la riuscita di "Eterno visionario" va oltre la puntualità delle
interpretazioni - oltre a quella di Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni
Tedeschi, bravi a dar vita alla follia del ménage matrimoniale, si distingue
anche Federica Vincenti nel ruolo della Abba - trovando motivo di interesse in
funzione didattica per la capacità di raccontare con chiarezza e semplicità i
meccanismi dell'arte e in particolare quelli che riguardano la genesi
dell'opera come pure di ragionare e far pensare alle similitudini tra la
teatralità dell'arte e quella della
vita. Caratteristiche queste che hanno come rovescio della medaglia il rischio
di una sintesi che deve dare conto di troppe cose (a cominciare dall'opera
omnia di Pirandello) e che così facendo ogni tanto trasforma la divulgazione in
un racconto didascalico. Come succede quando "Eterno visionario"
riflettendo sulla modernità dell'opera del drammaturgo siciliano lo fa
attraverso una serie di stereotipi (l'omosessualità, il travestitismo) che esplicano
il tema senza riuscire ad approfondirlo. Ciò detto "Eterno
visionario" è una delle opere migliori del regista pugliese e comunque
all'altezza dell'amore sempiterno di Placido per il suo protagonista.
Carlo Cerofolini
(recensione già pubblicata su ondacinema.it)