giovedì, novembre 14, 2024

ETERNO VISIONARIO

Eterno visionario

di Michele Placido

con Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Federica Vincenti

Italia, 2024

genere: drammatico, biografico

durata: 112’

Il legame tra l'autore di un film e la materia narrata può essere la conseguenza di diversi ragionamenti. Alcune volte può capitare che il regista senta il bisogno di mettere in scena sé stesso, senza alcun infingimento, spinto da un'urgenza di realtà che non può essere in nessun modo procrastinata; altre invece, in cui gli elementi personali investono lo schermo opportunamente trasfigurati, nella necessità di mettere la giusta distanza da un argomento che può essere troppo doloroso e che per questo necessita di un determinato grado di finzione. Pensiamo alla filmografia di Nanni Moretti in cui il sospetto di un certo autobiografismo diventa a un certo punto palese quando dopo una serie di pellicole incentrate su Michele Apicella, possibile alter ego del regista, abbiamo due lungometraggi come "Caro Diario" e "Aprile" in cui è lo stesso Moretti nella parte di sé stesso a raccontare vicissitudini e punti di vista della sua vita privata.

In questo ragionamento un film come "Eterno visionario" si pone agli antipodi di quelli appena citati, tanto la presenza di una messinscena forte sembra essere lì per creare un separé tra elementi di similitudine o qualsivoglia collegamento tra Luigi Pirandello e il regista, Michele Placido: il quale, giunto al suo quattordicesimo film, decide di raccontare il drammaturgo siciliano come non era stato mai "visto", ovvero facendo del privato del protagonista il proscenio dove assurgono a vita e si giustificano le ossessioni e la poetica dei romanzi e delle pièce teatrali. Invece che relegarlo a un riempitivo popolato da personaggi pensati come funzioni narrative o come semplici appendici del racconto, lo spazio famigliare prende vita attraverso una drammaturgia che di moglie e figli fa i veri teatranti all'interno del film. Placido ne dà legittimazione nell'immagine finale in cui la natura onirica del contesto, quando i familiari e Marta Abba - musa e attrice nella quale Pirandello trovò una platonica via di fuga ai propri tormenti esistenziali -, radunati attorno alla salma di Pirandello per un ultimo saluto, sembrano svelare la loro doppia natura, quella di esseri umani in carne e ossa e allo stesso tempo proiezioni fantasmatiche dei personaggi che hanno popolato le opere dello scrittore.

Seguendo questo pensiero non solo la sovrapposizione tra arte e vita raccontata in "Eterno visionario" è un tema comune a Placido, così come a tutti quegli autori che hanno provato a raccontarlo per averlo sperimentato sulla propria pelle, ma diventa particolare nell'analogia che vede il regista alle prese con dei figli (Violante, Brenno e Michelangelo Placido) che allo stesso modo di quelli di Pirandello hanno intrapreso la carriera artistica sapendo di avere come metro di paragone la carriera di un padre così famoso.

"Eterno visionario" è un film di Michele Placido anche nella continuità con cui il regista, a partire da "Un eroe borghese", ha deciso di rileggere la storia italiana attraverso altrettanti biopic dedicati a figure divorate dalle proprie ossessioni, eppure in grado di attraversare il limite fino a essere precursori (non solo Caravaggio ma anche Renato Vallanzasca nel suo campo lo fu) del proprio tempo. Per non dire delle lunghe e continue frequentazioni pirandelliane avute da Placido nel corso della sua carriera teatrale.

Da questo punto di vista la riuscita di "Eterno visionario" va oltre la puntualità delle interpretazioni - oltre a quella di Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi, bravi a dar vita alla follia del ménage matrimoniale, si distingue anche Federica Vincenti nel ruolo della Abba - trovando motivo di interesse in funzione didattica per la capacità di raccontare con chiarezza e semplicità i meccanismi dell'arte e in particolare quelli che riguardano la genesi dell'opera come pure di ragionare e far pensare alle similitudini tra la teatralità dell'arte e quella  della vita. Caratteristiche queste che hanno come rovescio della medaglia il rischio di una sintesi che deve dare conto di troppe cose (a cominciare dall'opera omnia di Pirandello) e che così facendo ogni tanto trasforma la divulgazione in un racconto didascalico. Come succede quando "Eterno visionario" riflettendo sulla modernità dell'opera del drammaturgo siciliano lo fa attraverso una serie di stereotipi (l'omosessualità, il travestitismo) che esplicano il tema senza riuscire ad approfondirlo. Ciò detto "Eterno visionario" è una delle opere migliori del regista pugliese e comunque all'altezza dell'amore sempiterno di Placido per il suo protagonista.


Carlo Cerofolini

(recensione già pubblicata su ondacinema.it)