giovedì, novembre 21, 2024

MARKO POLO

Marko Polo

di Elisa Fuksas

con Elisa Fuksas, Lavinia Fuksas, Iaia Forte

Italia, 2024

genere: docufiction

durata: 78’

A metà strada tra finzione e realtà, Elisa Fuksas dà vita a Marko Polo, film che racconta (o almeno prova) il viaggio che lei, insieme alla sorella, alla sceneggiatrice e a una figura pseudo misteriosa, compie per arrivare a Medjugorje.

È la stessa regista a introdurre la storia spiegando come il film che stava preparando sia stato interrotto e come lei si sia trovata, in qualche modo, costretta a girare questo per raccontare quella che lei a volte definisce conversione, ma che è semplicemente la sua decisione di diventare cattolica.

Credere in qualcosa è cercare di stare.

Un assunto importante alla base della storia che prende il nome dalla nave che dovrebbe trasportare i protagonisti verso la loro destinazione, fisica, ma anche metaforica.

Con uno stile unico e una serie di sperimentazioni a livello registico la Fuksas ci immerge completamente in questo viaggio facendoci diventare il quinto personaggio che viaggia insieme a loro, tra fragilità e punti di forza. Al procedere della loro traversata si alternano delle interviste fatte ad alcuni personaggi a proposito della religione, il grande tema al centro del lavoro di Elisa Fuksas. Le risposte sono le più disparate e fanno tornare al discorso del documentario, a differenza di quanto invece fanno le (dis)avventure dei protagonisti, tra una sorella talvolta ingombrante, una sceneggiatrice che decide di non pronunciare più alcuna parola e un personaggio che, in parte, dovrebbe richiamare la coscienza, ma che, in realtà, sembra quasi essere un omaggio/citazione, a metà strada tra il Grillo Parlante di Pinocchio e l’Armadillo di Zerocalcare.

Se prendiamo per vero che Successo e fallimento possono essere la stessa cosa, come ci suggerisce la stessa regista e protagonista, comprendiamo bene l’intento di un documentario tanto reale quanto ironico. Ogni punto di vista è unico in una continua sperimentazione e mescolanza di generi, definizioni e certezze.

Alla base di Marko Polo è indubbio che ci sia il discorso relativo non tanto alla fede quanto alla credenza e al credere in generale. Credere in sé stessi, credere negli altri, credere nei propri mezzi e credere in qualcosa di altro e di indefinito.

Credere è come avere due sguardi.

E la Fuksas ci mette abilmente di fronte a entrambi. In un esperimento nel quale si respira metacinema, anche noi spettatori ci domandiamo costantemente chi siamo e cosa stiamo vedendo. Il dubbio che quello che ci viene mostrato sullo schermo sia reale o frutto della sua o della nostra immaginazione aleggia sul pubblico per tutta la durata, seppur breve, del film. A suggellare, poi, tutto quanto il disvelamento della maschera, la risposta alle mille domande che sorgono spontanee fin dall’inizio.

Seppur nella sua sperimentazione e nella sua (voluta) imperfezione Marko Polo riesce a trovare un modo per tenere insieme i pezzi e regala più di una riflessione allo spettatore, spaesato, disilluso e spaventato, costretto a lasciare la sala con più domande che risposte.


Veronica Ranocchi

Nessun commento: