venerdì, febbraio 25, 2011

Amore ed altri rimedi

Metamorfosi di un attrice. La voglia di cambiar pelle si infrange negli esiti di un film che non mantiene le sue promesse. Le sventure sentimentali unite all’età anagrafica sembrano aver convinto Anne Hathaway ad accettare ruoli più rischiosi, non solo per la ricerca di un realismo che riesce a fare a meno dei paraventi Hollywoodiani- si pensi al personaggio di Kym in “Rachel sta per sposarsi” di J Demme-, ma anche per il coinvolgimento molto fisico e quasi carnale nell’adesione al personaggio. Beninteso nulla di sconvolgente se si pensa alla disinvoltura di certe sue colleghe, ma abbastanza per una paese dalla morale vittoriana. In questo senso l’esuberanza di Maggie unita all’autostima che quasi sempre accompagna le persone disposte ad accettarsi sembrava un ulteriore segno di maturità dell’attrice americana.

Hard Sell: The Evolution of a Viagra Salesman di J. Reidy il film racconta l’incontro di due personalità apparentemente diverse come Jamie (un Jake Gyllenahall in versione salutista), diviso tra il lavoro di rappresentante farmaceutico e la passione per le donne ed appunto Maggie, decisamente indipendente e riottosa a qualsiasi tipo di legame. Ad unirli è inizialmente l’intesa sessuale poi, anche l’amore: il tutto complicato dalle condizioni di salute di lei, affetta dal morbo di parkinson, e dalle oscillazioni del mercato farmaceutico preso d’assalto dalle spasmodiche richieste del Viagra, di cui Jamie è il fortunato venditore e che in qualche modo sembra condizionare gli umori dei due amanti.

Sulla scia di un film come “Amore al 90°” in cui gli alti e bassi di una coppia dipendevano dai risultati della squadra del cuore del protagonista anche qui l’originalità del testo consiste soprattutto nel mettere in relazione le alchimie del cuore con la chimica del medicinale, contrapponendo il vitalismo naturale dei due amanti con quello artificiale ed un po’ forzato derivato dal Viagra. Ed è soprattutto nella sua fase più sbarazzina, quella in cui gli opposti stentano a conciliarsi, in cui le ritrosie fanno a gara con l’attrazione che il film e gli attori danno il meglio di sé: così se da una parte l’accostamento di due attori che si erano già sfiorati nell’ormai famoso Brokeback Mountain risulta credibile soprattutto perché riesce a trasmettere il divertimento ed il piacere di quelle situazioni e nonostante Edward Zick, regista d’attori, sia bravo a raffreddare l’ atmosfera, inserendo momenti di puro pragmatismo se non di cinismo legati ai tentativi di Jamie e dei suoi colleghi di vendere il prodotto anche a costo di immani sacrifici (come quello di andare a letto con una segretaria bruttina ma indispensabile per arrivare all’obiettivo), il film non riesce ad andare fino in fondo, ad esplorare quel rapporto con uno sguardo svincolato dalle convenzioni del cinema mainstream. Sarà per la voglia di strafare o forse per evitare di offendere il pubblico pagante con un eccesso di libertinaggio (per l’occasione la Hathaway esibisce un topless diventato materiale di culto per gli internauti) la storia ad un certo punto fa marcia indietro, precipitando nel cinema dei sensi di colpa e del dolore, un po’ sul modello di Love story, un po’ assecondando la moda dei telefilm ospedalieri, con Maggie resa inabile dal morbo e Jamie distrutto dal dolore e dai tentativi di salvarla da un destino senza futuro. Tra inserti che alla maniera del cinema verità (peraltro ricercata anche nella scelta di una location come Pittsburgh famosa per le sue tradizioni in campo medico) illustrano il decorso della malattia e lasciano spazio alle testimonianze di persone realmente malate il film sembra quasi volerci far sentire le conseguenze di una vita presa con leggerezza e fuori dagli schemi, come se la libertà sessuale manifestata dalla coppia fosse la causa di questo triste conclusione. L’epilogo finale, con un aggiustamento in corso d’opera che sembra voler salvare capra e cavoli, della serie fate pure le vostre cose ma con una certa moderazione, non serve a farci passare la sensazione di un tradimento consumato a mente fredda. Più che un brutto film “Amore ed altri rimedi” è un occasione mancata, un'altra commedia da mettere nell’archivio di un anonimato di cui si può facilmente fare a meno.

2 commenti:

Cineserialteam ha detto...

Invece a me è piaciuto. Finale a parte, l'ho trovato con buon ritmo, brio e situazioni divertenti. Consigliato.

Anonimo ha detto...

..il film non e' un prodotto di nicchia ma si presenta con un cast e degli attori che lo collocano in pieno cinema mainstream..insomma e' un film che non fa fatica a trovare il suo pubblico, basta vedere gli incassi realizzati in Italia..detto questo Amore e altri rimedi fa cilecca perche' vorrebbe essere qualcosa di diverso da quello che e' in realta'...e poi un finale del genere nell'economia del film non e' cosa da poco...

nickoftime