mercoledì, dicembre 28, 2016

“Hokusai, il monte Fuji, i luoghi e i volti del Giappone”: ASCENT

Ascent
di Fiona Tan
Olanda, Giappone 2016
genere, documentario
durata, 80’



In occasione della mostra “Hokusai, Hiroshige, Utamaro” a Palazzo Reale di Milano fino al 29 gennaio 2017, la Fondazione Cineteca Italiana ha organizzato una rassegna cinematografica presso lo Spazio Oberdan con al centro il monte Fuji come icona della cultura giapponese.

Saranno in programma, oltre a pellicole già note come “La foresta dei sogni” di Gus Van Sant, “Sogni” di Akira Kurosawa, “Vita di O-Haru, donna galante” di Kenji Mizoguchi, “La storia della principessa splendente” di Isaho Takahata, anche due anteprime assolute per le sale italiane: “Ascent” di Fiona Tan e “Miss Hokusai” di Keiichi Hara”.

Passato nella sezione “Signs of Life” del Festival del Film di Locarno dell’agosto scorso, “Ascent” è un sentito omaggio alla cultura giapponese, alla sua storia spirituale e terrena, con al centro il monte Fuji, montagna sacra per eccellenza per la religione shintoista. Composto da quasi 4.500 fotografie che coprono 150 anni di storia, l’artista Fiona Tan racconta una storia d’amore per un paese e un concetto, quello del vuoto, che non vuol dire assenza, ma luogo perfetto, dove riempiere il proprio spirito di bellezza assoluta. Ciò che lega la proiezione delle molteplici foto è un’immaginaria storia a due, raccontata in voice over, dalla stessa Tan e da Hiroki Hasegawa, che interpretano una coppia, dove viene esplicitato il ricordo di lui, morto, attraverso le fotografie che lei mette in ordine. Ecco che allora, oltre a tantissime immagini dell’ascesa del protagonista sul monte Fuji durante il nostro tempo, si possono ammirare foto d’epoca Meiji, subito dopo che il Giappone si aprì all’Occidente, lasciandosi dietro le spalle secoli di isolamento volontario. È anche una rappresentazione dell’affermazione del shintoismo, fede panteista legata alla natura, come religione di stato con l’imperatore trasformato in divinità e oggetto di culto.


I percorsi immaginati dallo spettatore possono essere molteplici ed è indubbio la bellezza compositiva di “Ascent”, tanto più che il monte Fuji è costantemente presente nelle immagini in un continuum spazio-temporale senza soluzione di continuità. Ed è chiaro allora l’omaggio esplicito ai grandi pittori alla corrente artistica Ukiyoe, il mondo fluttuante, legato al periodo Tokugawa che copre due secoli della storia giapponese, e di cui gli artisti più famosi sono proprio Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Sono loro che utilizzeranno le stampe in bianco e nero o a colori per rappresentare la vita quotidiana, quella contadina e quella della nascente borghesia cortigiana, le bellezze naturali, la flora e la fauna. “Ascent” con le sue immagini del monte Fuji non fa altro che rendere contemporanee le “36 vedute del Monte Fuji” (1830) e il libro illustrato “Le 100 vedute del monte Fuji”, ultima opera di Hokusai, stampata in diverse edizioni anche dopo la sua morte.
Nata in Indonesia nel 1966 e cresciuta in Olanda, Fiona Tan è soprattutto un’affermata artista multimediale che vive e lavora ad Amsterdam. Nel 2009 ha rappresentato il suo paese alla Biennale di Venezia e le sue opere sono presenti in numerose gallerie internazionali come il Tate Modern di Londra, Stedelijk Museum Amsterdam, Neue Nationalgalerie di Berlino, il New Museum a New York e il Centre Georges Pompidou a Parigi.


Sottolineiamo la biografia e l’opera di Fiona Tan proprio per la sua presa di posizione all’interno di “Ascent”: in due occasioni il personaggio, interpretata da lei stessa, dichiara che non esiste una incompatibilità tra cinema e fotografia e che quest’ultima è cinema. Una dichiarazione di intenti e di manifesto artistico personale che ci vede costretti fortemente a dissentire. È superfluo citare gli innumerevoli saggi di Bazin oppure di Metz ma soprattutto Deleuze, con la sua fondamentale opera in due volumi “Immagine-Movimento” e “Immagine-Tempo”, in cui hanno ampiamente assodato che cosa è il cinema come forma d’arte e che esso si differenzia non solo dalla fotografia, ma ingloba la pittura, la narrativa, la poesia, la danza, l’architettura, la scultura, il canto, la musica. Soprattutto il cinema è immagine in movimento, composto da un suo linguaggio specifico fatto di elementi basici come le inquadrature, dal montaggio, dai movimenti di macchina, dalla composizione della scena.
In “Ascent” tutto questo non c’è, volutamente. Proprio come affermazione che solo la fotografia può fermare il tempo, essere espressione di memento mori, dimenticandosi che il cinema ripete in ogni opera in controllo del tempo e dello spazio e del suo movimento che può essere anche fissità, fermo-immagine. “Ascent”, lo ripetiamo, è un’affascinante opera multimediale (e del resto già a novembre ha avuto una sua esposizione presso l’Hangar Bicocca, come a ribadire il luogo aduso per un’opera di arte contemporanea), e d’interesse per chi vuole conoscere aspetti importanti per la cultura giapponese. Ma proiettare una serie di fotografie con musica, delle voci over di commento e inserti sonori, non sono sufficienti per definire “Ascent” un’opera cinematografica in alcun senso, mancando di un solo elemento del linguaggio cinematografico, ma più video-arte.
Antonio Pettierre
“Hokusai, il monte Fuji, i luoghi e i volti del Giappone”, Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, Sala Alda Merini a Milano dal 26 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017.

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