martedì, febbraio 15, 2022

GLI OCCHI DI TAMMY FAYE

Gli occhi di Tammy Faye

di Michael Showalter

con Jessica Chastain, Andrew Garfield, Cherry Jones

USA, Canada, 2021

genere: biografico, drammatico

durata: 126’

La vera storia della telepredicatrice Tammy Faye e del suo ruolo nell’America degli anni 70/80 a fianco del marito Jim Bakker è al centro del film di Michael Showalter “Gli occhi di Tammy Faye”.

La donna in questione viene presentata fin dall’infanzia non troppo semplice in una numerosa famiglia allargata a seguito del secondo matrimonio della madre. Tammy è l’unica figlia nata dal primo matrimonio e deve continuamente “combattere” con questa situazione. Addirittura non può nemmeno entrare in chiesa, a detta della madre, perché ricorderebbe ai fedeli e ai presenti in generale, il “cattivo passato” della donna. Ma questo non ferma Tammy che, da sempre determinata, decide di sfidare tutto e tutti e di entrare in un luogo sacro nel quale riceve una sorta di vocazione (resa come un attacco di panico). Da quel momento la vita della giovane sembra essere segnata. Durante gli studi universitari la giovane conosce Jim che decide di sposare immediatamente, abbandonando gli studi e tornando a vivere a casa con i genitori.

I due, nonostante la non convinzione della madre di lei, iniziano a muoversi attraverso gli States per predicare e ispirare le comunità cristiane. Nello specifico, mentre Jim si occupa della predicazione, Tammy intrattiene il pubblico, soprattutto quello più giovane con dei giochi e dei simpatici siparietti usando dei pupazzi. Non passa molto tempo che i due sono notati dal Christian Broadcasting Network (CBN) di Pat Robertson. Nel giro di pochissimo la coppia diventa presentatrice di un popolare spettacolo per bambini: Jim e Tammy. Ma da quel momento qualcosa si incrina, sia nel loro rapporto che nel loro pensiero e nel loro modo di fare e di porsi nei confronti degli altri e del proprio pubblico.

“Gli occhi di Tammy Faye”, come suggerisce il titolo, è un film che va visto percorrendo due binari: quello narrativo e quello visivo. Gli occhi di Tammy Faye sono sia quelli che guardano la propria storia e, quindi, la relazione con Jim, la nascita dei figli, l’evolversi del proprio credo e la diffusione delle proprie idee attraverso il mezzo televisivo, ma sono anche gli occhi “critici” dello spettatore che è come se entrasse in quelli della protagonista. Appropriandosi del senso principale della donna, che basa gran parte della propria esistenza sull’apparenza, il pubblico ha la reale percezione di quello che sta accadendo e sa come reagire e come comportarsi. Ecco che il personaggio della madre, seppur talvolta in maniera esagerata, contrastando la figlia in tutto e per tutto, è quello più facilmente comprensibile e quello con il quale empatizzare fin dall’inizio.

Occhi che non sono solo protagonisti come mezzo attraverso il quale osservare la “scena”, ma sono anche elemento portante della vicenda. Essi sono, infatti, sia costante che evoluzione della storia.  Sono la costante perché rimangono impressi come caratteristica propria del personaggio, ma sono, al tempo stesso, anche l’evoluzione perché continuamente trasformati e mutevoli, arricchiti da un trucco spesso eccessivo che li mette in mostra. Come a sottolinearne l’autenticità. Nonostante tutte le vicissitudini, realmente e cinematograficamente accadute, Tammy Faye risulta, a conti fatti, il personaggio deciso e autentico mostrato fin dalla prima scena. Forse l’unico che non nasconde segreti, se non quello di non essere mai abbastanza apprezzata e valorizzata.

Al di là, però, di questa considerazione, il film di Showalter non scava a fondo. Si ferma in superficie, puntando tutto sull’interpretazione davvero ottima di Jessica Chastain che veste i panni della protagonista e che, soprattutto grazie a un trucco incredibile, sembra talvolta irriconoscibile. Molto nella parte, anche se non in maniera impeccabile. Accompagnata da un Andrew Garfield nel complesso convincente. Una coppia, quella di Faye e Bakker, che ha e avrebbe molto da dire, ma il cui potenziale non è stato sfruttato a sufficienza. Manca l’approfondimento vero e reale dei personaggi. Lo spettatore deve intuire, deve dedurre e non viene spinto troppo oltre. Deve immaginare un po’ tutto, anche i personaggi stessi che arrivano quasi a scomparire, come i figli.

Sicuramente un make up degno di nota e di riconoscimenti, vero elemento degno di rimanere in mente al termine della visione.


Veronica Ranocchi

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