Ai confini del paradiso e' un film alla ricerca del tempo perduto nel tentativo di ricollocare l'uomo al centro dell'esistenza, spogliandolo di quel superfluo che gli impedisce di vivere pienamente la vita e permettendo l'espansione di quella dimensione interiore necessaria ad assaporarne il piacere. Il fatto poi che lo slancio dei protagonisti non sia ricompensato dal frutto agognato, che il paradiso del titolo sia vissuto per brevi momenti e che la fine del sogno avvenga anche in maniera drammatica, getta comunque un raggio di speranza nel
cammino di liberta' da loro intrapreso.
Akin dimostra che la Sposa Turca non era un episodio occasionale, grazie ad un linguaggio cinematografico che e' secondo solo al vitalismo ed alla passione che trasuda nell'opera e che qui viene tenuta a bada da una tecnica che riesce a diventare sangue e corpo della storia. Di fronte ai sentimenti di gioia e di dolore la telecamera sembra quasi fare un passo indietro, condividendo gli stati d'animo senza far l ricorso al voyeurismo imperante. Ne consegue un pudore che non cancella la capacita' di raccontare la vita fino al termine della notte ma restituisce dignita' ad una condizione continuamente offesa dall'invadenza Orwelliana. La scelta degli attori, bravi e sconosciuti, la fotografia che diventa il barometro della situazione, la capacita' di restituire un momento storico senza intaccare la fluidita' della narrazione sono la conferma definitiva di una maturita' precocemente raggiunta.
Nessun commento:
Posta un commento