La volonta' di recuperare il tempo perduto, l'impossibilita' di coniugare sentimenti privati ed aspirazioni personali ma, soprattutto, l'ansia di assoluto che da sempre agita i sogni dell'uomo sono i temi del nuovo film di Francis Ford Coppola, giunto al termine di un'autosospensione autoriale prodotta da una voglia di fuga irrefrenabile e utopie rimaste tali (Megalopolis). Non smentendo la fama di grande visionario, il regista ci riprova con una storia che inizia come un episodio di x files, continua come una moderna lezione universitaria e finisce con l'ovvieta' di certo cinema televisivo. Come se non bastasse la rimpinza di tutto quanto e' stato gia' detto in termini di realta' parallele, teorie della reincarnazione e ricerca della pietra filosofale.
Insomma una vera e propria abbuffata cui si fa fatica a tener dietro, non solo per mancanza di istruzioni d'uso ma, soprattutto, per una costruzione lambiccata e pretenziosa che salta di palo in frasca, lasciando lo spettatore sbigottito di fronte a tanta confusione. In sede di presentazione Coppola non si e' scomposto di fronte alle perplessita' dei suoi interlocutori dichiarando che il film appartiene alla categoria dei tesori da riscoprire per la complessita' della posta in gioco. Senza nulla togliere al valore assoluto dell'artista, non si commette lesa maesta' affermando che, eccezion fatta per l'attrice romena, deliziosa quanto basta per farti dimenticare tutto il resto, l'ambizione coppoliana ha prodotto questa volta un'opera spuria, in cui semplicita' produttiva, voglia di rimettersi in gioco e sfida alle regole precostituite devono essere accostate al film nelle loro accezioni negative.
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