mercoledì, febbraio 27, 2008

Sweeney Todd


Tornato a Londra per vendicarsi del giudice Turpin che lo ha separato dall'amatissima moglie e da una figlia appena nata, Sweeney Todd, (alter ego dell'uomo che prima dell'efferato evento fu Benjamin Barker, interpretato da un Depp tornato a livelli d'eccellenza dopo un periodo di odiose faccette), un barbiere che usa i rasoi come fossero un appendice naturale delle mani (Burton ha nostalgia di Edward?), si allea con una donna dal fascino perverso ed ambiguo, sinceramente innamorata dello scapigliato protagonista, il cui truce aspetto e la postura in perenne agitazione ricorda i ritratti dell'uomo di penna Vittorio- volli sempre volli fortissimamente volli- Alfieri , afflitto dalla stessa ansia esistenziale e sempre sul punto di esplodere in maniera definitiva (il paragone spiacerebbe alla sua nuova compagna che parlando di poeti, ma anche gli attori definiti già bolliti non sono da meno, afferma la loro tendenza ad essere morti prima del tempo), e decisa ad aiutarlo nella sua voglia di rivalsa.
Premendo l'acceleratore sul genere musical in costune (siamo in pieno ottocento)di assoli e duetti canterini (La fabbrica del cioccolato al confronto era solo un tentativo) che lo dotano di un apparato emotivo altrimenti latitante ma cosa più importante, decide di rompere con il passato per quanto riguarda i toni, che si colorano di un pessimismo mai visto in un film burtoniano, con esecuzioni sommarie surreali ma crudeli, enfatizzate dalla carne delle vittime, messa in bella mostra, analizzata da ogni parte, quasi concupita allo scopo di deturparla per poi darla in pasto ai golosi avventori nella topaia divenuta un ristorante alla moda (suprema ironia nei riguardi di un consumismo privo di gusto e senza spirito critico), che i due gestiscono sotto la Barberia (una vera e propria camera della morte ) in cui , con un organizzazione che almeno nella meccanica precisione sembra rifarsi a certe pratiche di sterminio nazista, il barbiere uccide i malcapitati clienti. Talmente alto è il tasso di negatività e di sangue che scorre davanti ai nostri occhi , con la telecamera che ci costringe a guardare il fluido che schizza (estetica tarantiniana desunta dal carton manga inserito in Kill Bill) dalle gole tagliate come l'acqua di una fontana impazzita, che sembra quasi di assistere ad un esagerazione figlia della provocazione di un artista arrivato al bivio, coscientedel manierismo di chi ripete se stesso ad oltranzae desideroso di esplorare nuovi terrtori. Solo così, accettando questo punto di vista si può promuovere un film come Sweeney Todd, che rimane comunque un prodotto del "vecchio Burton" per quanto riguarda il solito apparato delle meraviglie: dalle scenografie dell'oscarizzato Dante Ferretti(ma perchè anche io come altri continuo a citarlo da solo, senza aggiungere il nome di Francesca Lo Schiavo, anch'essa artefice di tanta beltà? Forse, mi rispondo, perchè la sua freakkittudine farebbe a pugnicon la bellezza assoluta delle loro creazioni), così bravo da far sembrare la città ed i suoi recessi come il prodotto di una patologia malata, alle soluzioni visive (dal sogno di una vita impossibile riassunto da quadretti gioiosamente surreali e così stranularti da desiderare un altro film che sviluppi solo quelli, con Deep, marionetta senza fili trascinato catatonico sull'altare dall'intrepida compagna, per finire con gli stratagemmi che ruotano intornoa ai malaffarri del protagonista), alla fotografia che riflette le pulsioni del personaggi, con i colori desaturati a far prevalere i grigi ed i neri e dove il sangue che sembra vernice sembra la classica ciliegia sulla torta, a quelli caldamente impastati e decisamente dorati di chi ancora ha da chiedere alla vita. I temi esistenziali (l'amore declinatro inm tutte le sue forme e la vendetta) insieme a quelli di schietta attualità (la giustizia , incarnata dall'odiato avversario è un leviatano superficiale e meschino che colpisce a casaccio ed assicura il mantenimento dello status quo ma nache la sopraffazione, vista come forma di cannibalismo sociale che non risparmia nessuno secondo il motto "Homo Homini Lupus") non sono supportati dall'impianto narrativo che gira per quasi tutto il film attorno ad un idea fissa (L'ossesione di Todd nei riguardi del Giudice), e poi di colpo la esplica i maniera frettolosoa, annullando tutta l'enfasi preparatoria con un finale che sembra quasi rubarci un altro pezzo di storia, quello in cui si dà il tempoi la feroce assassino di riprendersi dall'ebbrezza di sangue, oppure di conoscere qualcosa di più della figlia, a sua insaputa miracolosamente ritrovata, e del di lei salvatore, un giovane cavaliere con la faccia da cherubino, così innamorato da spezzare le redini del male e, perchè nò, cercare di comprendere un pò meglio il comportamento della stregosa dark lady interpretata dalla Carter (uguale alla Marla di Fight Club e finalmente tornata a far splendere il suo fascino perverso) che ci viene portata via, in una delle scene più belle del film, sull'entusiasmo di un valzer inaspettato e tristemente lugubre

3 commenti:

Anonimo ha detto...

alcune sequenze sono notevoli, anche se l'eccesso di effetti speciali (l'ambientazione digitale) rende tutto un po' piatto e diminuisce il senso di pericolo e di paura. sempre meglio di altre scarrozzate digitale. piuttosto credibile l'interpretazione di depp anche se preferisco quelle di h. bonham e a. rickman. buona colonna sonora. durante la proiezione ho mostrato una certa apatia.

Anonimo ha detto...

Si in fondo credo che il problema dell'ultimo Burton sia questa sovrabbondanza di effetti che finisce per annullare la sorpresa..ed anestetizzare le emozioni...la Carter è veramente stimolante..ti segnalo su my movie la rece di Caprara e della Vallan..sono assolutamente da leggere
MICKOFTIME

Anonimo ha detto...

grazie nicko per la segnalazione. buon cinema