mercoledì, febbraio 17, 2010

INVICTUS

INVICTUS
(regia di Clint Eastwood)


E’ difficile parlare dei maestri perché di loro si è detto già tutto, e quando lo si fa’ si rischia di parlare dell’ovvio, oppure di ledere l’aura di intoccabilità che li circonda quando il film non soddisfa le aspettative.
E’ questo il caso di Invictus, ultimo film di Clint Eastwood, un artista già in odore di santità, e che attraverso un episodio della vita del celebre Mandela si cimenta nuovamente con gli eventi della Storia, immergendoli all’interno di una poetica del quotidiano che fa i conti con la vita e misura la grandezza degli uomini dalla dignità dei loro gesti più che dal clamore dei resoconti cronachistici.

Anche nella scelta di raccontare attraverso un episodio minore la lungimiranza, per altri versi eclatante, del vecchio leader alle prese con i problemi di un paese ancora lacerato dalle tensioni razziali, ed in profonda crisi economica, (l’unificazione della Nazione passò anche attraverso al successo mondiale della nazionale di rugby sottratta all’esclusività dei soli Afrikaners e restituita alla popolazione nella sua totalità) Eastwood conferma la sua predilezione per una marginalità che racchiude l’essenza delle cose.
Ma anche qui, come già in passato gli era capitato, il regista è costretto a fare i conti con il passo della Storia, che concede molto in termini di fascinazione, ma esige anche un dimensione ufficiale che in qualche modo sembra togliere il respiro a quella privata e particolare del regista americano.
Così dopo un inizio folgorante, in cui il passaggio della scorta presidenziale, con le diverse reazioni dei ragazzi impegnati sui rispettivi campi di gioco è da solo significativo del momento storico, ed alcuni accenni al privato di Mandela alle prese con una paternità piena di rimorsi (un altro must del regista), il film inizia lentamente ma in maniera inesorabile a deragliare verso una narrazione che deve dare conto dei fatti e cede il passo al resoconto.
Insomma una sorta di prigione in cui rimane coinvolta la spontaneità di Morgan Freeman, imbrigliata da una performance interessata esclusivamente a replicare l’iconografia ufficiale del personaggio, ed il professionismo di Matt Damon, alle prese con un ruolo che non gli offre molte chance anche in termini di minutaggio.

Certo non mancano qua e là reminescenze di grande cinema, soprattutto negli spazi dedicati al rapporto tra Mandela ed il capitano della squadra (saranno proprio i suggerimenti del primo a ridare ossigeno ad un team senza identità e sull’orlo di essere disciolto), ma per il resto si cade nell’anneddotica sociale, con il bambino di colore che segue la partita insieme ai poliziotti che poco prima lo scacciavano, e sportiva, con inquadrature dello stadio stracolmo a simboleggiare la ritrovata unità ed una partita finale dilatata all’infinito dall’uso di un rallentì a rischio di maniera.
Insomma, per chi scrive si tratta di un film che non toglie niente alla fama del suo autore ma che neanche aggiunge nulla rispetto ad una carriera che non finisce di stupire, se è vera la notizia di un prossimo thriller soprannaturale (Hereafter) con Matt Demon protagonista.

3 commenti:

parsec ha detto...

@Nick: hai fatto un grande uso delle tue doti diplomatiche - ti farei ministro degli esteri – sei stato generoso ed educato nei confronti di un film piuttosto banale e noioso che sarebbe da liquidare con meno impegno di quanto ce ne hai messo tu. Ti stimo moltissimo per questo.
Il film, fosse firmato da uno sconosciuto qualunque o da un regista verso cui si ha minore timore reverenziale, sarebbe stato stroncato, ho invece letto da parte della critica ufficiale commenti per lo più indulgenti - La Repubblica ha pubblicato la recensione di un Saviano entusiasta della visione –e da parte del pubblico opinioni molto contrastanti tra loro – si va dall’adorazione al giudizio negativo.
Siccome non credo affatto che Eastwood si sia rincoglionito e continuo anzi a stimarlo e avere fiducia nella sua intelligenza e nel suo talento, semplicemente lo giustifico considerando questo film il pagamento di un debito, il mantenimento di una promessa fatta ad un amico.
Si sente subito che non è stato scritto da lui, ahimé non mi ero informata, ci avrei pensato due volte prima di andare al cinema.
Inoltre – e maggiormente in questo caso, considerando che Mandela è una figura storica e umana immensa – l'agiografia è sempre rischiosa, qui associata all'impresa sportiva – la vittoria dei mondiali in uno sport che è già epico di per se – complica doppiamente le cose, soprattutto se Clint non è ispirato: secondo me non gliene fregava niente di fare questo film, mi ha dato l'impressione di averlo girato come se dovesse un favore a qualcuno, mi ha dato la sensazione che l'abbia fatto nei ritagli di tempo mentre aveva cose più importanti da fare, tipo ritinteggiare casa, oppure mentre faceva parole crociate, così, en passant, o ancora meglio, mi ha dato l'idea di uno di quei bambini intelligenti e dotati che in 5 minuti riescono sommariamente a fare i compiti di cui non gliene frega niente, magari guardando la tele e contemporaneamente giocando al game boy, perché non vedono l'ora di fare qualcosa di più divertente che gli interessa veramente, tipo correre fuori a giocare con gli amici – e proprio per questo Clint mi è ancora più simpatico! Ha girato il film a occhi chiusi, con le mani legate dietro la schiena, in equilibrio sul monociclo… e gli è venuta fuori un'ottima fiction tv, solo un pò più costosa.
Del resto, la sceneggiatura di invictus è così limitante che sarebbe stata dura per chiunque cavarne un buon film, insomma, ci sono tutti i difetti della narrazione didascalica accompagnata da un tema musicale stucchevole (di Kyle Eastwood) e da momenti di enfasi pacchiana.
Cose da ricordare: Morgan Freeman che cerca di essere piccolo e non ci riesce. Le camicie di Mandela. Il boeing che ruggisce sull’Ellis Park Stadium. I pacchetti di mischia visti da dentro.

nickoftime ha detto...

@Parsec: in realta' Clint Eastwood non ha scritto nessuno dei suoi successi piu' recenti...da The Unforgiven a Million dollar baby, passando per Mystic River... soggetto e sceneggiatura appartengono ad altri...quindi la causa di questa defaillance deve essere ricercata altrove...probabilmente come dici tu nel legame di amicizia con Morgan Freeman...oppure in un intuizione che non ha portanto i frutti sperati...tante' ....Invictus rimane quello che e' indipendentemente dalla mia "diplomazia", dalla tua franchezza e dai giudizi del resto del mondo...un film che non sposta nulla rispetto alla fama del suo autore ma che neanche meriterebbe tutto questo clamore..pro e contro che sia...comunque il tuo resoconto spazza via qualsiasi political corretness e ci permette di "Guardare ad altro"...con buona pace delle fazioni che continuano a divinizzare il regista di turno...il re e' morto...viva il re...

veri paccheri ha detto...

ho visto INVICTUS e posso ora commentare la egregia rece di nick. non esagero, è davvero potente :-)
come sempre le tue rece sono per me più comprensibili solo dopo aver visto il film.
e vorrei dirti che la trovo davvero perfetta.
non aggiungo altro ai vostri esaustivi commenti: il film è bello da vedere, ma mi ha lasciata freddina.
eastwood sembra prorprio al servizio di qualcosa d'altro.
come dice parsec, ha fatto i compiti e li ha fatti bene.