giovedì, maggio 15, 2014

GRACE DI MONACO

Grace di Monaco
di Oliver Dahan
con Nicole Kidman, Tim Roth 
Usa, Belgio, Italia, Francia

genere, biografico, drammatico
durata,103'

Come film di apertura per il festival di Cannes, Grace di Monaco, viste le polemiche (scatenate dalla famiglia reale) che ne antecedono la visione, risulta perfetto. Oliver Dahan (regista de “La vie en rose”) narra un lasso di tempo molto breve (sei mesi dell’anno 1962) incentrato sulla figura di Grace Kelly, star di Hollywood che, avendo sposato il principe Ranieri III, diventa principessa di Monaco.

Se il tentativo di sfuggire al classico biopic è mirabile, ed in parte riuscito, tutto il resto viene meno (eccezion fatta che per l’interpretazione magnifica di Nicole Kidman); a partire dalla fotografia edulcorata e mielosa, passando per una regia che non sembra avere una destinazione precisa (primissimi piani e dettagli insistiti sul volto della Kidman ottengono il risultato opposto a quello sperato), e infine una sceneggiatura alle quali si possono addossare tutte le colpe precedentemente scritte. 

Assordante la retorica con cui avviene l’evoluzione del personaggio, rimarcata dai dialoghi e/o monologhi, per non parlare del tentativo di quasi plagio storico, per cui la principessa si troverà non solo a piegare al suo disvelarsi regale la volontà dei maggiori esponenti politici europei, ma anche ad insinuare i danni provocati al mondo dalla mentalità europea (le grandi dittature), che sarebbero venute a mancare invece con una limpida mentalità americana (e qui, è evidente, allo sceneggiatore passano di mente alcuni piccoli fatti storici sui quali, ne siamo sicuri, non c’è alcun bisogno di soffermarsi). Altra scelta incomprensibile risulta il tentativo thriller, nel quale la sorella di Ranieri tenta di sovvertire il trono intavolando delle trattative con Charles De Gaulle, che invece si troverà ad applaudire il discorso, assurdamente tirato troppo per le lunghe, di una Grace salvatrice d’Europa, che nel matrimonio regale sposa il suo più grande ruolo cinematografico.


Alla fin dei conti, come dicevamo in apertura, si ha di fronte un film che si presta benissimo alla “croisette” francese per le polemiche che ha destato e il chiacchiericcio che ha scatenato ma, in realtà, non fa altro che far schiantare le aspettative che, bisogna dirlo, già volavano rasoterra.
 
Antonio Romagnoli 
(pubblicato su dreamingcinema.it)

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