mercoledì, aprile 08, 2015

FRENCH CONNECTION

French connection
di C.Jimenez.
con: J.Dujardin, G.Lellouche, B.Magimel, C.Sallette.
Francia, Belgio, 2014
genere, thriller
durata135'



Talune apparenti banalità rivelano interessanti risvolti se si dimostra quella sagacia minima e quella pazienza utili ad inquadrarle da punti di vista appena più eccentrici rispetto a quelli usuali. Affermare, in tal senso, che un arco di tempo teso fra due opposti distanti più o meno un decennio emette una vibrazione e produce uno slancio differente a seconda che si consumi nella cornice febbrile del Crimine o in quella - quantomeno esteriormente - solenne, compartimentata e fitta di procedure, della Legge, rasenta l'ovvio solo se si evita di considerare l'impatto, ad esempio, emotivo che i fatti, le circostanze, il caso hanno sulle rispettive visioni-del-mondo. Ecco, quindi, che dieci anni bastano appena - segnandone spesso l'epilogo - a circoscrivere il primato violento di un potentato malavitoso; o, d'altro canto, sembrano non tanto non passare, quanto non produrre mai risultati soddisfacenti in campo investigativo - per opacità del Sistema, intoppi burocratici, ritardi o deviazioni più o meno pilotate, mera incapacità, lassismo - a fronte di sforzi, non di rado a carico di singoli invisi o negletti, sovrumani.

Simile parallelismo rivive - ed e' il pregio maggiore, almeno fintanto che le tensioni innescate dalla prossimità dei due universi alternativi per statuto (Crimine/Legalità) generano frizioni tali da provocare ripercussioni nei rispettivi ambiti - in "French connection", di C.Jimenez, che del semi-leggendario omonimo di Friedkin (1971) oltre al titolo (quello originale e' comunque "La French") conserva l'attenzione minuta alla ricostruzione del dettaglio (qui, retrospettivamente, quello d'epoca: abbigliamento, arredamenti, suppellettili, mezzi di trasporto, armi), come l'evidenza di certi esiti d'indagine (l'eroina suddivisa in panetti plastificati stipati nei pertugi metallici delle automobili destinate all'esportazione o semplicemente imbarcate per il trasporto oltreoceano).

 
Dieci anni, si diceva, in via approssimativa dall'alba degli anni '70 agli esordi del primo settennato di Mitterrand, restituito attraverso il percorso professionale e privato del giudice Pierre Michel/J.Dujardin (figura estratta dalla viva cronaca), uomo integerrimo eppure pragmatico capace di applicarsi fino all'ossessione per ottenere un risultato (da profondo conoscitore delle lusinghe subdole del poker quale era), promosso da una sezione del Tribunale dei Minori all'Anticrimine, ossia messo faccia a faccia con l'impero stupefacente dei Marsigliesi - La French, appunto, organizzazione eterogenea formata da francesi, corsi e italiani trapiantati, con solidi agganci nella Polizia stessa come nelle Istituzioni, tratteggiata, per dire, e in via pressoché definitiva, dalla penna di uno come J.-C.Izzo - in specie con l'indiscusso, ai tempi, burattinaio, il transalpino di origine napoletana Gaetan Zampa/G.Lellouche, detto Tany, tipo guascone e charmant, quanto, all'occorrenza, spietato.

 
 
Con disponibilità di mezzi e apprezzabile disinvoltura, Jimenez riannoda fili (impossibili da recidere) di rimembranze cinematografiche disparate, non ultime quelle del già ricordato Friedkin, altre ancora di chiara ascendenza scorsesiana - i suoi bravi ragazzi, i suoi casino - per lo più nella resa enfatica di alcune sottolineature di montaggio, che isolando particolari caldi ne esaltano al tempo la consistenza materica e la valenza simbolica (una siringa in uso; una mazzetta di banconote; una pistola, et.): stesso dicasi per l'uso circostanziale e storico-narrativo della colonna sonora, nonché per una qual tendenza ad impostare il racconto come l'avvicendarsi fatale delle tappe di una grande epopea negativa. Nel rispetto di cromie complementari - la luce radente fra le pietre calcinate e i vecchi lastricati di Marsiglia, sullo sfondo di un azzurro impassibile; la pienezza avvolgente e vistosa delle tonalità nei locali notturni o di singoli sfarzi da rotocalco - distribuite come miraggi seducenti ad avvolgere altrettanti crudeli disinganni, il regista piega altresì l'inesorabilità feroce del (neo-)polar ad un andamento cronachistico (quindi giocoforza fluttuante sulla superficie d'intrecci fin troppo ramificati) che si mantiene efficace se cadenzato sulla brutalità episodica dei vis-a-vis, delle esecuzioni, dei regolamenti di conti ma che dilata e diluisce l'incalzare degli eventi, oltreché buona parte delle loro istanze nobili (il desiderio di giustizia, la ribellione alla rassegnazione, et.), al momento d'indulgere entro il perimetro umano/personale dei personaggi/contendenti, chi alle prese con le ovvie incomprensioni maturate durante il decorso di un mestiere che le vicissitudini rende via via pericoloso, chi furente di scoraggiamento al cospetto del progressivo sgretolarsi della propria egemonia.

Pierre e Tany si sfidano, allora, come figure emblematiche di una realtà - il traffico di droga su vasta scala, la corruzione, le connivenze inconfessabili - data per scontata o solo lambita da un vaglio analitico centrato ma parziale, diligente nello stabilire i limiti morali di inconciliabili codici di comportamento ma come prudentemente equanime nella sua programmatica allusivita' al momento di ridistribuire le responsabilità a quei comportamenti sottese, fino ad un bel mattino di Ottobre, quando sarà lo schiocco secco di una calibro 9 a spezzare quell'arco, quei dieci anni e ad imporre il silenzio tra le scaglie di sole e di mare di una città della bassa Provenza.
TFK

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