mercoledì, dicembre 12, 2018

SANTIAGO, ITALIA


Santiago, Italia 
di Nanni Moretti 
con Nanni Moretti 
Italia, 2018
genere, documentario 
durata, 80’

Tre anni dopo “Mia madre”, Nanni Moretti gira un documentario sul ruolo che ha giocato l'Italia nel colpo di Stato di Pinochet in Cile, nel settembre del 1973.
Realizzato a partire da immagini d'archivio e da testimonianze, “Santiago, Italia” racconta i mesi che seguirono il golpe del dittatore che mise fine al sogno democratico di Salvador Allende. Il film mette l'accento sul ruolo encomiabile dell'ambasciata italiana basata a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime, permettendo loro di raggiungere l'Italia. 
Lezione di storia narrata da chi ha vissuto la caduta e la morte di Allende, presidente apertamente marxista e democraticamente eletto nel 1970, “Santiago, Italia” è un documentario "partecipato": Moretti interviene durante le testimonianze, le interroga, dona la replica, polemizza, registrando una lunga deposizione corale, la confidenza pubblica di una condizione intima. Il punto di vista, però, è quello delle vittime.

Avvocati, registi, musicisti, operai, imprenditori, artigiani, giornalisti, insegnanti, medici, traduttori, cardinali, diplomatici sono i testimoni privilegiati, che sono scampati alle fucilazioni sommarie scavalcando i muri delle ambasciate. Frontali al pubblico esprimono, le ragioni che secondo loro hanno condotto al golpe, raccontano i primi anni, euforici e prosperi, dell'Unidad Popular, l'ombra della Guerra Fredda, le tensioni esercitate su un paese felice, la dittatura durata diciassette anni che causerà più di tremila morti e dispersi, migliaia di torturati, imprigionati, esiliati. A ogni conversazione, Moretti rinnova la sua capacità incredibile di suggerire nell'organizzazione concreta delle situazioni uno straripamento emotivo, il tracimare dell'interiorità dei personaggi e delle persone senza alcun altro linguaggio che la grammatica semplice dei piani. 

Nessun passaggio oltraggiosamente retorico, nessun effetto d'atmosfera. In “Santiago, Italia” l’atmosfera è sobria, essenziale e coniuga con un gesto netto la durezza dell'atrocità subita con la dolcezza di un'emozione rievocata, che traccia una linea ben definita tra i militanti e gli assassini, che non si costituiscono come persone nella misura in cui rifiutano di riconoscere che non sono vittime ma responsabili delle circostanze in cui si sono trovati. 
Moretti rintraccia e incontra rifugiati politici cileni e li accompagna risalendo il tempo oltre i muri dell'ambasciata italiana in Cile, dove cominciava un'Italia solidale e partecipe, pronta ad accoglierli, desiderosa di accogliere. Un Paese davvero senza limiti, i limiti del diritto d'asilo, dove l'evento dell'altro, sempre inatteso, introduceva possibilità inaspettate. Un laboratorio, come il Cile, di sperimentazioni politiche socialiste in cui la solidarietà non era un delitto e in cui si era chiamati in ogni istante a rispondere dell'altro e per l'altro. Ode all'intelligenza collettiva che fu, “Santiago, Italia” torna a casa con un salvacondotto che spalanca le porte su un Paese bellissimo e vigile custode dell'umanità dell'umano. Un Paese oggi irriconoscibile e raffreddato dall'inverno della dittatura qualunquista. 

Moretti non smette di urlare il suo dolore per il mancato incontro con l'altro, come tra Omar Sharif e Julie Christie ne “Il dottor Živago”. La storia è nota, il regista sa che non c'è più niente da fare ma non si arrende. 
Riccardo Supino

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