Hammamet
di Gianni Amelio
con Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Alberto Paradossi
Italia, 2020
genere, biografico, drammatico
durata, 126’
“Hammamet” non è solo una città della Tunisia, ma anche il titolo del nuovo film di Gianni Amelio che vede uno straordinario Pierfrancesco Favino nel ruolo tutt’altro che semplice di Bettino Craxi.
Il film ripercorre gli ultimi mesi di vita del leader socialista, divenuto anche presidente del consiglio e poi accusato, a seguito del processo Mani Pulite e costretto a fuggire. Craxi, fatta eccezione per la prima sequenza, coincidente con un comizio, è ad Hammamet con la famiglia, come indica la didascalia. Grazie alla lontananza dall’Italia e all’ormai mancato impegno politico, l’ex leader socialista può dedicarsi alla famiglia e agli affetti. Ed è proprio in questa direzione che la regia e il racconto di Gianni Amelio intendono andare. Il regista calabrese riesce a realizzare un film che esula quasi del tutto dalla figura politica e da ciò che essa ha significato per chiunque, concentrandosi, invece, sulla figura dell’essere umano. Non si parla più di presidente (anche se sono in molti ad appellarsi a lui in questo modo nel corso della narrazione), non si parla più di leader, non si parla più di politico. Adesso c’è solo l’uomo, il marito, il padre, il nonno. Nonostante sia impossibile, sia dal punto di vista tecnico del film, sia da quello del personaggio stesso che non può mai scindersi completamente, il risultato dell’opera di Amelio è quello di aver cercato di umanizzare una figura quasi agli antipodi di questo stesso termine.
Odiato praticamente da tutti (aspetto che si evince dai dialoghi con alcuni personaggi che non risparmiano battute al leader politico), è, però, amato e anche idolatrato fino quasi al limite dell’assurdo dalla figlia che continua impassibilmente a giustificare l’operato del padre, qualsiasi esso sia e accetta anche brontolate da parte del genitore seppur insensato.
Al di là dell’aspetto tecnico e della geniale costruzione quasi circolare del racconto, un aspetto interessante è la paradossale e totale assenza del nome del protagonista. Chiaramente deducibile dalle azioni e dalle situazioni descritte e mostrate sullo schermo, il nome Bettino Craxi non viene mai fatto, né attraverso uno pseudonimo, né attraverso un’abbreviazione. Il protagonista, costantemente presente in scena, non viene mai nominato, un po’ per paura, un po’ per la situazione in cui vive, quasi si volesse mantenere una sorta di anonimato. Ma la versione più accreditata è probabilmente quella legata all’umanizzazione del personaggio. Volendo uscire dalla sfera politico e concentrandosi solamente sull’essere umano, non avrebbe avuto senso fornire nome e cognome. Un eccellente Pierfrancesco Favino, truccatissimo e praticamente identico all’originale, fornisce l’ennesima prova attoriale di tutto rispetto che funge da vero e proprio perno della pellicola. Spicca, oltre a Favino, Livia Rossi, interprete della figlia di Craxi che regge bene la parte non sempre semplice. Però, al di là del personaggio e dell’ottima performance, non rimane molto di più della storia, un po’ spenta nei momenti di assenza del protagonista.
Veronica Ranocchi
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