mercoledì, gennaio 15, 2020

RICHARD JEWELL

Richard Jewell
di Clint Eastwood
con Paul Walter Hauser, Sam Rockwell, Kathy Bates, Olivia Wilde
USA, 2020
genere, drammatico
durata, 129'
Prima che il film entri nel vivo, raccontando di “Richard Jewell" e della cospirazione orchestrata nei suoi confronti da media e autorità c’è una scena che più di altre aiuta a capire il senso della storia. In essa l’avvocato interpretato da Sam Rockwell congeda il protagonista augurandogli di restare se stesso senza fare  dell’autorità che gli darà il prossimo incarico strumento di abuso e prevaricazione. L’intimità di quel colloquio, sottolineata dall’isolamento ambientale e dalla scarsa illuminazione degli interni in cui si svolge l’azione è destinata a essere il cuore della riflessione eastwoodiana, sulla scia di “Sully”, impegnato a ragionare sul concetto di eroismo e sulle sue implicazioni rispetto alle vite del singolo così come dell’intera collettività, alla luce delle manipolazioni operata dai detentori del potere. 

Se, da li in poi, quello che segue è la cronaca dell’attentato terroristico e della battaglia legale volta a dimostrare l’innocenza del protagonista rispetto all’accusa di aver piazzato il pacco bomba esploso durante un evento collaterale alle Olimpiadi di Atlanta, Eastwood non perde l’occasione per costruire il ritratto di uomini - del protagonista così come dei suoi interlocutori - travolti dalle contraddizioni della proprie fragilità e per questo destinati a un’esistenza senza gloria ne successo, anche nel momento in cui le condizioni sembrerebbero favorevoli a un inversione di tendenza.
In questa ottica e più di altre occasioni Eastwood destabilizza la centralità del personaggio, così come intesa dagli espedienti formali del cinema classico del quale è diventato ultimo alfiere, depotenziandola non solo nei contenuti, attraverso scene tese a evidenziarne l’immaturità emotiva e la dipendenza dalla figura materna ma, più in generale, togliendole quelle caratteristiche fisiche e fattuali che di norma spingono lo spettatore ad identificarsi  con i protagonisti dei film hollywoodiani. Senza contare che nel mettere in scena l’incostituzionalità della macchina investigativa, determinata a fare del protagonista il capro espiatorio necessario a coprire le inefficienze del sistema, Eastwood fa di “Richard Jewell” una esemplare trasfigurazione della politica e della retorica trumpiana. A sottolineare il primato dell’umano - sulle ideologie e sugli interessi di parte - che del cinema di Eastwood costituisce uno dei marchi di fabbrica.
Carlo Cerofolini

1 commento:

عبده العمراوى ha detto...
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