giovedì, gennaio 10, 2008

Lussuria - Lust, Caution

Mai come in questo caso le definizioni risultano riduttive per esprimere cosa sia un film come Lust, caution: e questo non perché è difficile definire un opera siffatta e neanche per l’uso del termine melò, appropriato ad inquadrare la trama all’interno di quel codice, ma perché ci troviamo di fronte al miracolo del cinema alla massima potenza, quello che riesce a forzare la corazza del nostro cuore, quello capace di rapirci all’interno della storia e di rendere possibile l’esistenza di un'altra dimensione, fittizia ma reale come il personaggio che scende dallo schermo nella purpurea rosa del cairo di alleniana memoria. Di fronte a questo, ogni termine appare inappropriato, e non rende merito ad un regista che riesce a riproporsi al di là dei generi e delle produzioni, con una poetica di ambiguità e decoro, buone maniere ed impulsi primordiali, senza venir meno ad una forma che si mantiene sempre alta, grazie ad un apparato scenografico e di costumi che si inserisce nel quadro complessivo senza alterarne il significato ma anzi arricchendolo, ad una fotografia che sa di vero ma è capace di ricreare un mondo che non esiste più, quello di un Europa in guerra con se stessa e delle favole , anche nere, dei nostri genitori. Ang Lee non bada a spese e mette a dura prova la scorza emotiva armonizzando Bene e Male, riducendo le distanze, annullando differenze, demolendo certezze come se la realtà non fosse mai esistita e ci trovassimo davanti ad un mondo nuovo, una foresta di simboli e parole dove tutto è il contrario di tutto: eros, amore, attenzione, indifferenza, impegno e distrazione, tutto è inscatolato nel prisma del regista che orchestra un supremo balletto con il genio di una mente sopraffina, capace di leggere nell’animo degli uomini come un demiurgo onniscente, che nulla risparmia e tutto ci mostra, anche quando sembra nasconderlo dietro la bellezza dei suoi protagonisti, capaci di parlare attraverso le reticenze dei gesti, la volutta degli occhi e gli amplessi della carne. Visconti ma anche Cronemberg per quel senso di pericolo imminente, per il caos freddo che si lascia intravedere dietro le stanze eternamente chiuse come i corpi nelle molteplici identità. Siamo grati al cinema ed al suo ambasciatore.

3 commenti:

veri paccheri ha detto...

Prima di guardare il film ho volutamente evitato di leggere qualunque commento/recensine, come mio solito, per non esserne condizionata. Dopo la visione ho letto la tua recensione e mi mi ci si sono ritrovata appieno. Il film mi è piaciuto molto, mi ha investita con la sua forza emotiva e la sua bellezza. Lee Ang mette in scena un dramma d'amore lacerante, su sfondo storico, senza cadere nel clichè del melò, senza appesantire nè annoiare lo spetatore, dando vita a personaggi di profondo spessore e di grande forza espressiva. L'anticipo in Brokeback Mountain aveva gia' dato segni evidenti di questo talento registico, che in Lussuria trova spazio e mezzi approrpiati per rivelarsi. E' bello ritrovare un cinema che si spiega senza parole, che conduce lo spettatore nel sondare l'animo umano a piccoli sorsi, facendolo diventare per un attimo parte del racconto. Tony Leung ha lo stesso carisma di Humphrey Bogart in Casablanca, ma con in piu' un rimescolamento interno che lo divora come un cane rognoso, fino alla fine del racconto. Il protagonista di In the mood for love e' qui spietato, vendicativo, eppure molto passionale ed affascinante, capace di aprire il proprio cuore ad emozioni che aveva dimenticato o, piu' verosimilmente, tenuto al guinzaglio per esigenze operative e di sopravvivenza. Lee-Hom Wang seduce e commuove, soprattutto nella scena che personalmente ritengo la piu' intensa, quando cioè tenta di spiegare ai suoi capi di resistenza cosa significhi per lei e cosa sia diventato per lei ed il signor Yee la loro passione. "Non si sa piu' chi sia vittima o o carnefice..." dice, ed infatti i ruoli tra i due amanti si ribaltano continumente. Ragione e sentimento conducono una lotta continua, nella ricerca, dei protagonisti, di una giustizia, di un appagamento e di una felicita' così difficili da raggiungere. Lee Ang dischiude l'animo dei personaggi, li segue fedelmente, rebandone particolari, sguardi, movenze, indugi. La macchina da presa diventa quasi un tatuaggio sull'anima, sulla vitalità di ogni scena. E le sequenze dedicate agli incontri d'amore esplodono in tutta la loro passionalità. Joan Chen e' come sempre bellissima e perfetta. Da vedere assolutamente.

Anonimo ha detto...

Il problema del film è che nella sua bellezza stilistica, nelle sue soffuse atmosfere e nelle sue calibrate ricostruzioni (le scenografie, gli abiti, le stoffe e gli arredi tutti perfetti!) non sorprende e non emoziona mai.
Un film classico. Pure troppo...
e poi se ci aggiungiamo quel sottofondo reazionario...

Anonimo ha detto...

Ciao Claudio, benvenuto sul nostro blog.A proposito delle emozioni penso che siano volutamente fredde e quindi in contrasto con i toni del melo , per conferire quella sensazione di straniamento e malessere che pulsa all'interno del film.D'altronde, e te lo dico come considerazione su cui riflettere insieme, mi chiedo come mai lo stesso pubblico che disprezza Lust caution possa considerare "emozionanti" le belle immagini di Blueberry nights..o considerare l'ultimo allestimento di Cronemberg un esempio che soddisfa in pieno i codici del Noir
Ciao