venerdì, agosto 12, 2016

69 FESTIVAL DI LOCARNO: BY THE TIME IT GETS DARK


By the Time It Gets Dark
di Anocha Swicharnpong
con Arak Amornsupasiri
Tailandia 2016
genere, drammatico
durata, 105'



Nell'approccio alla visione di " By the Time It Gets Dark" della tailandese Anocha Swicharnpong la dimestichezza con il cinema proveniente da quel paese - e pensiamo a lungometraggi come "Tropical Malady", "Lo zio Boonmee chiesi ricorda le vite precedenti" - può tornare utile nella decifrazione delle immagini e dei significati contenute all'interno del film e, allo stesso tempo, potrebbe essere il limite per cui si finisce di non apprezzare in pieno il lavoro della nostra autrice. Incrociando le vite di più personaggi all'interno di un eterno presente che diventa presto l'anello di congiunzione di eventi già accaduti o sul punto di accadere, la regista tailandese si serve di luoghi, temi e categorie che rappresentano il cote storico, artistico e culturale entro cui si muove la cinematografia del sud-est asiatico. In questo modo non sorprendono i riferimenti agli orrori del regime dittatoriale ricordati attraverso la ricostruzione dell'eccidio (realmente compiuto) che costò la vita a una moltitudine di innocenti, e ancora l'utilizzo di una narrazione a maglie larghe in cui la trama è soggetta a continue ridefinizioni di senso che quasi sempre hanno a che fare con lo scorrere del tempo e con le riflessioni sulle contraddizioni dello strumento cinematografico (tra i vari personaggi spiccano quelli di una regista e di un attore impegnati nella produzione dei rispettivi film). 

Nè ci si trova spiazzati dalla presenza di nessi logici che nella labile parvenza di consequenzialità permettono a chi dirige di inserire a piacimento inserti apparentemente gratuiti come quello in cui un momento della lavorazione delle foglie di tabacco da parte di un gruppo di operai interrompe (anche in termini di prosaicità del soggetto) l'eccezionalità degli eventi fin li raccontati, come pure l'inclusione di alcuni frammenti di "Viaggio nella luna" di Georges Méliès giustificati - se proprio si vuole trovare una spiegazione - dalla presenza nel film francese di un particolare di scena a cui la storia di "By the Time It Gets Dark" fa un breve cenno. Se poi teniamo conto che il gioco di specchi che fa dei personaggi altrettanti varianti della stessa matrice spirituale trova una possibile coerenza nel non detto rappresentato dalla teoria della reincarnazione e della trasmigrazione delle anime, allora si capisce che l'unico modo per godere appieno di "By the Time It Gets Dark" è quello di lasciarsi trasportare dal flusso delle immagini e dal passo contemplativo che ne scandisce il ritmo, accettando l'insufficienza della ragione come strumento per decifrare i segreti del film.
(ondacinema.it/speciale 69 festival di Locarno)

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