martedì, dicembre 12, 2017

LOVELESS

Loveless
di Andrey Zvyagintsev
con Maryana Spivak, Aleksey Rozin, Matvey Novikov
Russia, 2017
genere, drammatico
durata, 128’

Zhenia e Boris sono sul punto di divorziare. Non è una separazione pacifica, carica com'è di rancori, risentimenti e recriminazioni. Entrambi hanno già un nuovo partner con cui rifarsi una vita. C'è, però, un ostacolo difficile da superare: il futuro di Alyosha, il loro figlio dodicenne, che nessuno dei due ha mai veramente amato. Il bambino un giorno scompare.
Andrey Zvyagintsev si è fatto notare fin dalla sua prima apparizione sugli schermi internazionali con “Il ritorno”. Quel film gli valse il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia, anche se aveva qualche debito di troppo con Maestri come Tarkovsky e Sokurov.

La giuria aveva, però, colto il grande potenziale del regista che è emerso nei film successivi, senza che egli abbia mai nascosto le sue fonti di ispirazione. In questo caso afferma di aver pensato a “Scene da un matrimonio”, di bergmaniana memoria, trasferendolo nella Russia odierna.
Rispetto al suo modello, ha mostrato grandi doti di sintesi e, soprattutto, il desiderio di proseguire una lettura della condizione attuale del proprio Paese filtrata attraverso le vicende di persone comuni. 
Il suo è uno sguardo privo di pietà nei confronti di una nuova generazione parentale che ha perso qualsiasi senso di appartenenza. Alyosha non appartiene a nessuno. Non al padre che, non contento di avere un figlio di cui non si è mai occupato, ha già messo incinta la propria giovane nuova compagna con la quale ha intrecciato un legame che lo sta avviluppando mentre lui crede possa aprirgli nuovi orizzonti di vitalità. Nemmeno alla madre, Zhenya, la quale si è sposata per sfuggire al controllo oppressivo di una madre amata/odiata e ha vissuto la gravidanza come un peso che tutt’ora si trova davanti nell'aspetto di un bambino che non ama e da cui non si sente amata. Anche lei è convinta che la propria nuova storia cambierà totalmente la sua vita in quanto, per la prima volta, ama ed è riamata.

Il problema è che nessuno dei due sembra aver compreso il senso del sentimento di cui parlano e, soprattutto, manca loro l'idea della responsabilità che si sono presi. Ci pensa Alyosha a ricordargliela, scomparendo e quindi costringendoli a ripensare alle loro scelte. Nemmeno questo è  sufficiente per due adulti per i quali la vera preoccupazione è stata, fino ad allora, come potersi liberare di lui addossandolo all'altro. Qui però non siamo nel clima di commedia esasperata alla maniera di “Mamma o papà?”, e non solo perché il tono della narrazione è totalmente differente. Siamo distanti perché viene messa in discussione l'intera società, senza per questo giustificare i singoli grazie ai sue distorsioni. 


Era facile mostrare Zhenya in metropolitana impegnata, come diversi altri passeggeri, con il proprio telefono cellulare. Lo era meno mostrare come nell'attuale laica Russia sia tornata a giocare un ruolo non secondario l'appartenenza alla chiesa ortodossa. La vera e unica remora di Boris dinanzi al divorzio è costituita dal fatto che nell'azienda in cui lavora si deve essere regolarmente sposati, salvo perdere il posto. L'apparato della sicurezza interna non è migliore. In una società così disfunzionale resta un'unica speranza: il volontariato. La presenza di uomini e donne che, senza alcun compenso e con elevata preparazione, si impegnano nella ricerca di Alyosha, è l'unica fonte di calore in un panorama algido.
Riccardo Supino

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