La prima notte del giudizio
di Gerard McMurray
con Marisa Tomei, Lauren Velez, Melonie Diaz
USA, 2018
genere, azione
durata, 97’
Gli Stati Uniti d'America sono schiacciati da crisi economica, sovrappopolazione, criminalità e miseria dilagante. Un partito di estrema destra salito al potere, i Nuovi Padri Fondatori, pensa che l'unica possibilità di risanare il Paese stia nell’istituzione, con cadenza annuale, di una notte chiamata Lo Sfogo, in cui tutto sia lecito. Il primo esperimento ha luogo a Staten Island, New York, seminando il terrore tra gli abitanti.
Con questa pellicola si passa dal thriller del primo film, in cui lo Sfogo era poco più di un pretesto narrativo, a una vera e propria saga che intende raccontarci un futuro che non vorremmo mai vedere e che gli eventi odierni annunciano come possibile, in un mondo che sembra aver perso il senno.
La serie di film di James DeMonaco, che qui si limita a produrre, affidando la regia a Gerard McMurray, è un cavallo di battaglia delle promozioni Blumhouse, che si nutre di questi accostamenti inquietanti con il presente per tradurre le nostre paure in paradossi da B movie. Un'esasperazione e semplificazione di comportamenti spesso subdoli e doppi, ricondotti a una più chiara identificazione di dove stia il Male. È quel che si chiede e si è sempre chiesto al cinema di genere, d'altronde, e che la serie de “La notte del giudizio” ha generosamente restituito, con un legame così stretto con il presente politico da trasformare il suo ultimo atto in una sorta di anteprima della temuta elezione di Donald Trump. “La prima notte del giudizio” parte da qui, con tanto di battuta elementare e intraducibile che fa riferimento al presidente in carica: se tecnicamente il film di McMurray costituisce un prequel, nei fatti è il risultato dell’evoluzione inaspettata della saga.
Il fascino della scoperta del mistero legato alla notte dello Sfogo, dell'inquietudine irreale che precede il suo arrivo e che caratterizza ogni suo momento, rischia ormai di scolorire nella prevedibilità. La componente thriller passa talmente in secondo piano rispetto alla rivolta sociale da portare alla rinuncia di colpi di scena e soluzioni di sceneggiatura che sembrerebbero quasi inevitabili. Tuttavia, il coraggio di mettere in scena un film in cui i personaggi di razza caucasica rappresentino sempre il male e in cui i protagonisti siano tutti afroamericani indigenti colpisce in ogni caso. E continua a rappresentare una sferzata in un mondo ripiegato su abitudini così radicate da nascondere la loro natura discriminatoria. Neppure l'ultimo Spike Lee è arrivato a tanto. Se “Scappa - Get Out”, altra produzione Blumhouse, ci aveva aperto gli occhi sulla percezione della questione razziale, “La prima notte del giudizio” aumenta il carico.
Riccardo Supino
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