sabato, ottobre 13, 2018

18 TOHORROR FILM FEST: INTERVISTA A RUDY RIVERON SANCHEZ REGISTA DI IS THAT YOU?



Accompagnato dalla fama di essere il primo horror psicologico girato a Cuba, arriva nel concorso dei lungometraggi e sugli schermi del TOHorror Film Fest Is that You? diretto da Rudy Riverón Sánchez. Di seguito l'intervista al regista


Il tuo è un horror che privilegia la psicologia all’azione. Anche per quanto riguarda la violenza più che mostrarla ne fai vedere le conseguenze sulla psiche dei personaggi. Si può dire che Is That You? sia in parte una storia che si svolge nella mente di Lili, la bambina protagonista del film?


Nello scrivere i tre atti del film avevo due vie possibili: quella del paranormale, da esplorare attraverso una storia di fantasmi e l’altro, relativo al vissuto esistenziale del personaggio principale, considerato nella sua crescita all’interno di una famiglia disfunzionale e nel viaggio che potrebbe essere il frutto della sua immaginazione. Ho optato per questa seconda opzione perché mi è sembrata più forte, mentre il concetto di soprannaturale legato alla ghost story è stato sin troppo abusato, almeno nei film horror.

Nel film racconti di un amore malato che riguarda non solo quello tra moglie e marito ma anche tra padre e figlia. Fermo restando le relazioni dei personaggi e certe esasperazioni tipiche del genere, è pretestuoso trovare nella storia rimandi alle vicende della cronaca contemporanea relative alla violenze domestiche o, per alzare il tiro, a una trasfigurazione di un certo clima politico e sociale esistente a Cuba?

Non riesco davvero a controllare le diverse interpretazioni che il pubblico potrebbe avere guardando Is that You?. Credo che il film parli da solo. La violenza legata all’identità di genere non appartiene solo a Cuba è un problema più ampio di cui dovremmo essere tutti consapevoli e preoccupati. In Is that You? Eduardo, il padre di Lili, vuole avere il controllo sulla sua famiglia perché ha paura di perderla, così è disposto a tutto pur di mantenere il potere su di essa. Lili cresce seguendo l’esempio del padre perciò pensa come lui. Per Eduardo perdere il suo potere è inconcepibile. Non può accettare l’idea di non avere più la moglie accanto a lui e di non influenzare l’esistenza della figlia. Le ama così tanto da occuparsi troppo di loro. Questo dato è essenziale per la storia, anche se poi i personaggi vivono a Cuba e quindi devono affrontare le proprie lotte vivendo in un contesto sociale e politico che naturalmente ne influenza i comportamenti. Guardare il film ci permette di entrare dentro le loro vicissitudini e di sapere se riusciranno a sfuggire alla loro condizione. L’unica certezza è quella che dovranno lottare per mantenere viva la speranza.

La messinscena del film ha un ruolo importante nel comunicare lo stato d’animo dei personaggi. Per esempio, è chiara la scelta di farne trasparire il malessere attraverso il degrado delle loro figure. Mi riferisco alla sciatteria del loro modo di vestire ma anche alle fattezze dei genitori: troppo magra lei, sovrappeso lui. Anche quando inquadri Lili in primo piano non fai nulla per nascondere i brufoli tipici della sua età.

Questa famiglia vive nella campagna cubana in uno stato di completo isolamento. Sono concentrati sulla sopravvivenza. Non pensano ad altro perché non è rilevante per le loro vite. Per me era importante dare loro un aspetto naturale, renderli i più reali possibile. Il sudore sulla loro pelle e le imperfezioni sul volto di Lili ne sono la conseguenza. D’altronde, l’aspetto fisico è l’ultima cosa di cui la ragazzina si occuperebbe per il fatto che nell’ambiente in cui è cresciuta le persone non sono consapevoli di come possono apparire agli altri. Tutto ciò che Lili vuole è vedere sua madre andare d’accordo con il padre e obbedire a lui in modo da renderlo felice. È questo che conta, perché se Eduardo è felice lo saranno anche gli altri e le cose potranno migliorare. Ad Alina poi non potrebbe importare di meno del suo modo di vestire, così come a Lili ed Eduardo, semplicemente perché per loro questo non è una priorità. Lili si concentra solo su come può fronteggiare la vita di tutti i giorni mentre per Alina si tratta di escogitare la maniera di sopravvivere. Essere attraente o in salute non le servirebbe comunque, visto che il suo obiettivo non è sedurre Eduardo ma realizzare un futuro popolato dalle fantasie che ha in mente. A Eduardo non piacerebbe vedere Alina o Lili vestirsi in modo diverso, perché questo gli comunicherebbe una perdita di controllo su di loro. Per Alina è importante mantenere lo sguardo miserabile e debole di fronte a Eduardo ma lei non è affatto debole; al contrario è molto forte e ha bisogno di esserlo per sua figlia Lili e per se stessa.

Anche le immagini lavorano nella direzione appena descritta. Il montaggio spezza la continuità narrativa e le inquadrature chiuse sui personaggi diventano il segno della condizione di isolamento e oppressione vissuta dai personaggi. È un’interpretazione giusta di ciò che volevi fare o c’è dell’altro?

Il film è composto da momenti diversi che mi permettono di seguire l’evoluzione dei personaggi attraverso il loro stato d’animo. All’inizio ho usato maggiormente gli esterni e inquadrature più ampie. Poi con lo sviluppo della storia aumentano i primi piani e le scene girate all’interno della casa. Questo per creare un più forte senso di claustrofobia e per mostrare il percorso emotivo dal punto di vista di Lili. Se il montaggio e le immagini fanno sentire al pubblico la claustrofobia e senso di oppressione vuol dire che la mia tecnica ha funzionato.


Le inquadrature di Is That You? sono spogliate del superfluo al punto che qualsiasi aggiunta, anche la più insignificante appare come una sorta di irruzione che spezza gli equilibri della composizione visiva, creando il senso di minaccia che si respira dentro il film. Mi puoi dire come hai lavorato su questa specifica parte del tuo dispositivo ?

Come regista ho deciso di usare uno stile specifico per Is that you?. Sapevo che se avessi perso anche solo per un attimo la concentrazione avrei potuto perdere la coerenza del dispositivo che avevo pensato. Per farlo devi lavorare “coreograficamente” su ogni dettaglio, dalla composizione generale del fotogramma alla consapevolezza di ogni movimento della mdp, facendo capire al cast che cosa richiede lo stile del film e lavorando a stretto contatto con gli attori sul modo di recitare, al fine di renderlo coerente con il resto degli elementi presenti sul set. Mantenere il controllo dei singoli elementi è essenziale: significa avere il direttore della fotografia dalla tua parte e capire per ogni scena cosa è necessario in termini di illuminazione e di composizione del singolo fotogramma; e, ancora, essere consapevole di quale musica hai bisogno e quale sound design funzionerà per lo stile del film. Tutto questo può essere raggiunto solo quando l’intero team (cast e capi dipartimento) comprende la visione del regista. Hai bisogno di precisione mista a una sorta di ossessione per i dettagli, ma questo può essere ottenuto solo con un team che supporta pienamente il regista.

Il taglio antinaturalistico e la dimensione psicologica ti avrebbe permesso di girare in un unico ambiente, all’interno della casa dove vivono Lili e i suoi genitori. Al contrario, secondo me tu utilizzi il rapporto tra interno ed esterno per materializzare il limite oltre il quale si va incontro alla morte. Così, infatti, succede a un certo punto del film.

Cuba mi ha offerto uno scenario unico per il suo isolamento geografico e anche politico. Questo è stato il punto di partenza per ambientarvi la storia. Certo, se avessi girato nei posti più turistici non sarebbe stata la stessa cosa. Avevo bisogno di isolare i protagonisti per giustificare la loro situazione e questo poteva accadere solo collocandoli in qualche luogo distante e desolato come ce ne sono molti nella campagna cubana. La fattoria in cui vive la famiglia doveva materializzare il senso di alienazione vissuto dai personaggi, perfetta estensione del potere di Eduardo sul resto del sodalizio. La scelta del luogo e dell’ambiente era importante per rendere credibili le azioni dei personaggi.

Nel tuo film fisico e metafisico si mescolano così come la magia si sovrappone alle disfunzioni patologiche. In particolare, mi interessano due passaggi fondamentali della storia, quelli in cui l’ombra della protagonista riflessa sul muro segnala lo sdoppiamento di personalità di Lili. La seconda volta che questo succede è nella sequenza finale. La postura del personaggio, il suo sguardo e il disturbo mentale manifestato dalla ragazza ricordano la scena finale di Psycho. Mi piaceva conoscere come hai lavorato alla costruzione della sequenza. 

Lili è una persona tranquilla ed è dotata di grande immaginazione. Lo si vede sin dall’inizio, nella scena in cui cerca di rendere visibili i desideri più profondi riguardo alla propria famiglia. Questa caratteristica esplode all’ennesima potenza nel momento in cui non riuscendo a ottenere i suoi obiettivi spinge la sua immaginazione a un altro livello, usandola come forma di evasione che le permette di giustificare i suoi bisogni più profondi.

L’ultima domanda riguarda gli attori. La loro è una recitazione “reticente” nel senso che fino all’ultimo non si capisce quali siano le reali intenzioni dei personaggi e le loro motivazioni. Come li hai diretti?

Penso che questo processo inizi dalla sceneggiatura. Ho cercato con attenzione di evitare la prevedibilità. Quando scrivo vedo la realtà attraverso gli occhi dei personaggi trattando ogni evento come fosse reale. Lo stesso accade per i personaggi e le loro situazioni. Agli attori ho fornito i retroscena dei rispettivi ruoli: questo li ha aiutati a comprendere le scelte che fanno, le relazioni tra di loro e ciò che stavano pensando e sentendo.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su taxidrivers.it)


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