lunedì, dicembre 31, 2012

Moonrise Kingdom

"Moonrise kingdom. Una fuga d'amore"
(Moonrise kingdom)
regi di: W. Anderson
con: J. Gilman, K. Hayward, B. Willis, E. Norton, B. Murray, F. McDormand
- USA 2012 -95'

recensione di TheFisherKing

"Moonrise kingdom" e' avvolto dalle note di Benjamin Britten; contrappuntato ndalla presenza di un narratore; chiuso da una tempesta che ridisegnerà la mappa
dei rapporti di forza e degli affetti all'interno di una piccola comunità di un isolotto del New England nell'anno  di grazia 1965.

Entro i contorni di una commedia dal sapore shakespeariano, Suzie Bishop (Kara Hayward) e Sam Shakusky (Jared Gilman) sono due dodicenni in rotta col mondo: lei, pensierosa e testarda, depressa precoce, cerca di sfuggire all'ottuso quanto grottesco rigorismo formalistico familiare dei genitori entrambi avvocati (il padre, un lunatico Bill Murray, attaccato ai cavilli e una madre stralunata, Frances McDormand, che convoca i figli agli orari canonici, colazione-pranzo-cena- discussioni, a colpi di megafono); lui, orfano, pragmatico e di piglio intrepido, bislacco boy-scout occhialuto emarginato dal resto della truppa capitanata da un semi catatonico Edward Norton, rimugina una via d'uscita non oltre il perimetro nascosto di  un'insenatura nelle vicinananze di un vecchio sentiero indiano Chichchaw, eletta a "new promise land". Suzie e Sam, incontratisi l'anno precedente i fatti ad una recita scolastica ("Il diluvio di Noè" di Britten) dalla quale lui cerca di svignarsela e lei ha la parte del corvo, dopo una fitta e segreta corrispondenza, decidono di darsela insieme.

Anderson si tiene stretti i suoi personaggi naive e stravaganti quanto dall'animo complicato e tratteggia, tra un tableau vivant e l'altro, un percorso di formazione interiore e di scoperta del mondo che, nella lunghissima tradizione letteraria sulla giovinezza avventurosa e problematica che va da Tom Sawyer e Huckleberry Finn agli già stringenti rovelli dell'Holden salingeriano - passando per tutta una serie di omaggi più o meno espliciti al canone pittorico americano del XX secolo - si sviluppa e si precisa tra le maglie di una trama esile nella struttura e dagli esiti prevedibili, fino a risultare il cuore pulsante del film. Un cuore autenticamente tenero, gentile, imbarazzato, quindi spontaneo, grazie soprattutto all'apporto dei giovanissimi Hayward e Gilman, spesso ma con agilità sopra e sotto le righe, come già avvertiti da una sorta di naturale accortezza e misura, in grado di restituirci palpabili e significativi i silenzi, le esitazioni, le audacie legate all'incanto di momenti strani e irripetibili.

Il resto, il clima tra cartoon e favola adulta, la ricchezza dei colori sgargianti, il cast compresso in una calibratissima rigidità, ribadiscono la particolare "maniera" di Anderson, il suo impercettibile distacco, l'antico sospetto di garbata freddezza.

TheFisherKing

1 commento:

nickoftime ha detto...

Il pericolo di Anderson sta proprio nella confezione dei suoi film, la cui perfezione essendo sempre al limite della maniera abbisogna di personaggi che sappiano tenergli testa..in questo caso il collettivo umano messo in scena del regista americano è più un album cinefotografico che un diapason dell'esistenza..tutto in Moonrise Kingdom tutto appare messa in scena, posa di voluta evidenza ma di raro slancio emotivo..la freddezza vi incombe in maniera evidente