venerdì, marzo 27, 2015

L'ULTIMO LUPO

L'ultimo lupo
di JJ Annaud
con Shaofeng Feng, Shawn Dou
Francia, Cina 2014
genere, avventura
durata, 121'


Oramai sembra averci preso gusto Jean Jacques Annaud, regista francese abbonato alla realizzazione di film che fanno dell’escursione geografica il loro principale motivo d'ispirazione. Alla pari de “Il principe del deserto” realizzato in Arabia con fondi locali, anche “L’ultimo lupo” è un film su commissione, nato dalla disponibilità d'investitori stranieri e in particolare cinesi, decisi a portare sullo schermo il best seller della loro letteratura. Apprendiamo infatti che “L’ultimo lupo” è stato il libro cinese più venduto dopo quello “rosso” di Mao Tze-tung. A dispetto del suo penultimo film però la nuova fatica dell’autore francese appare più personale e in linea con i suoi migliori titoli. Innanzitutto perché il paesaggio mongolo e i costumi del film ricordano da vicino un film come “Sette anni in Tibet”, un po’ perché la centralità della fauna animale nell’economia della storia e il rapporto tra uomo e natura rimanda a quella wilderness  che Annaud aveva descritto così bene “La terra del fuoco”, “L’orso” e “Due fratelli”. 
 

Ambientato nella Mongolia interna del 1967 “L’ultimo lupo” descrive due anni di vita di un giovane studente di Pechino che all’inizio della rivoluzione culturale viene inviato dal governo centrale in uno sperduto villaggio per insegnare agli abitanti a leggere e a scrivere. Affascinato da quel mondo il ragazzo decide di allevare un lupo selvatico miracolosamente scampato a una programma di bonifica territoriale che prevede tra l’altro lo sterminio di quella specie. Se la storia si sviluppa come una sorta di iniziazione alle regole delle leggi naturali e al rispetto delle tradizioni, “L’ultimo lupo” diventa progressivamente un inno al rispetto dell’ambiente e delle sue creature ma anche un monito alle conseguenze che comporta . Rappresentata nel film di Annaud dalla sanguinosa vendetta portata a compimento dai lupi nella scena della tempesta di neve. Assecondando la sua vocazione divulgativa il regista utilizza un’epica a tratti enfatica e didascalica. Ma l’altrove rappresentato dalla steppa mongolica e il fascino della sua magnifica fauna costituiscono elementi di incontestabile valore.

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