The Last Duel
di Ridley Scott
con Matt Damon, Adam Driver,
Jodie Comer
USA, UK, 2021
genere: drammatico, storico
durata: 152’
Insieme a “House of Gucci”
presto nelle sale, il maestro Ridley Scott ha pensato, alla sua veneranda età,
di realizzare, quasi in parallelo anche un altro film. E il risultato è (stato)
più che soddisfacente. “The Last Duel” racconta un fatto realmente accaduto verso
la fine del 1300, più precisamente nel 1386. Ma potrebbe benissimo essere
ambientato nel 2021 data la chiave moderna e la situazione non troppo lontana
da quella odierna.
La storia è una, ma a
intrecciarsi sono tre visioni della stessa che viene, così, sviscerata, durante
tutta la narrazione che si suddivide in tre “capitoli”, coincidenti, appunto,
con i tre punti di vista.
Ecco che conosciamo Jean
de Carrouges, combattente di grande valore, ma al tempo stesso troppo incline
alla rabbia che prende spesso il sopravvento. Oltre a lui c’è Jacques Le Gris, protetto
del conte Pierre d’Alençon, parente diretto del re. Le Gris, abile combattente
e persona colta, interessata all’arte e alle belle donne, è amico di Carrouge
da sempre. Infine c’è la bella Marguerite, data in moglie a Carrouges che, così
facendo ottiene il titolo di cavaliere. Quando anche Le Gris ha modo di vedere
e conoscere Marguerite, il rapporto di amicizia tra i due si inasprisce e arriva
al culmine quando la donna lo accusa di averle usato violenza. Per mettere le
cose in chiaro e salvare l’onore della moglie Carrouges sfida a duello l’ex
amico.
Una storia che, aiutata
dai cartelli all’inizio di ogni capitolo, è raccontata per tre volte, ma nonostante
ciò non annoia. Anche perché ogni volta ci sono delle novità. Ogni volta la
storia prende una direzione diversa e si comprendono decisioni e affermazioni
in base a delle sfumature che sono essenziali.
Una narrazione chiara che,
attraverso una sceneggiatura divisa in tre parti, aiuta a comprendere ogni singolo
istante e a entrare nella mente dei personaggi.
A differenza di altre
narrazioni del genere, in questo caso, Scott fornisce la sua chiave di lettura.
Ci dice chiaramente come stanno le cose. È vero che si intuisce la piega che
prenderà il tutto dopo pochi istanti, ma il regista vuole comunque sottolineare
la sua presa di posizione. E lo fa in due modi: sia attraverso l’ordine con il
quale vengono raccontati i fatti e, di conseguenza, l’aggiunta dei dettagli che
arrivano ad essere al completo solo al termine, sia ricorrendo alla didascalia.
Un film che mette in
primo piano la figura femminile, interpretata da un’eccellente Jodie Comer,
forse fin troppo all’avanguardia per l’epoca, ma sicuramente efficace per
risvegliare anche animi contemporanei.
La violenza perpetrata e
attorno alla quale ruota l’intero film non è solo la violenza subita in quegli
istanti dalla donna, ma è una violenza che va oltre e che riguarda tutti i
personaggi coinvolti nella storia, diretta sapientemente da Scott che cura tutto
nei minimi dettagli. C’è violenza nelle parole utilizzate dai protagonisti in
primis, ma anche dai personaggi secondari. C’è violenza negli atteggiamenti e
nelle scelte. Una violenza dalla quale stare alla larga, adesso e sempre.
Oltre alla già citata
Comer, convincono anche Matt Damon e Adam Driver, rispettivamente Jean de
Carrouges e Jacques Le Gris, ma a emergere come personaggio “sopra le righe” è
un irriconoscibile Ben Affleck nei panni del conte Pierre d’Alençon.
Veronica Ranocchi